Un documentato libro
del giornalista Salvatore
Paolo Putortì, analizza,
anche dal punto di vista
storico, il fenomeno
criminale calabro
e le sue implicazioni
a livello nazionale
e internazionale
Salvatore Paolo Putortì, giornalista, direttore ed editore del mensile “L’Inchiesta”, ha le carte in regola per discutere su un argomento caldo come la criminalità organizzata nella sua regione: la Calabria. Intendiamo riferirci alla ’ndrangheta (parola di etimologia complessa, come si legge in queste pagine) che Putortì analizza, non da oggi, con rara attenzione e conoscenza.
La sua opera “’Ndrangheta fiction, storia e memoria”, edito proprio da “L’Inchiesta” (pagg. 253, E 15) è una breve ma densa storia, dalle origini ai tempi nostri, della organizzazione criminale calabrese.
Di particolare interesse il capitolo intitolato “Intervista con la’ndrangheta”. E’ stata realizzata dall’autore alcuni anni fa e riproposta in questo libro per il suo valore storico e per i suoi contenuti. L’intervista dà una immagine, la più vicina possibile del triste fenomeno criminale, tipico della Calabria. L’intervistato è anonimo. Tutto ciò che traspare da questo brano (con tutte le difficoltà incontrate nel corso del colloquio per evitare ogni riferimento che potesse far “scoprire” l’identità dell’interlocutore) mette in luce gli aspetti psicologici, sociali e umani di questo aberrante fenomeno.
Putortì ha cercato di scoprire il fenomeno partendo dal basso, cioè da quelle piccole debolezze umane, frutto della ignoranza, del bisogno e della paura, elementi, questi, su cui fa leva un certo mondo mafioso per trarne profitto, facilitato, in ciò, dal possesso di una lucida intelligenza delinquenziale che si appoggia spesso sulle strutture carenti, politiche e intellettuali, e di chi per scellerato cinismo o opportunismo si serve della ’ndrangheta per rimanere ben radicato al potere, a qualunque costo.
Come si è detto, l’intervista doveva uscire tempo addietro, prima che l’interlocutore di Poturtì fosse arrestato per associazione a delinquere e appartenenza alla criminalità organizzata, messo in carcere, processato ma successivamente liberato per insufficienza di prove. All’uscita dal carcere, da “uomo d’onore”, ha voluto mantenere la parola data all’Autore, gli ha telefonato dicendosi disposto al colloquio. A due condizioni, però: mantenere l’anonimato e non dover rispondere a domande su particolari episodi concernenti la malavita calabrese. L’appuntamento era in un bar del centro di una città calabrese. Il gestore del locale, con molto zelo, invita i due interlocutori ad appartarsi in una saletta privata. Ma lasciamo le parole all’autore, riportando i passi più salienti di questa intervista.
<<... Accendo il registratore. Il mio interlocutore scuote la testa: ‘Niente da fare’, afferma in maniera perentoria. ‘Quel coso lì non c’entra’. Spengo il registratore e afferro carta e penna.
Cos’è la mafia?
La mafia? E chi lo sa? Forse vuole dire ’ndrangheta, non la mafia... La ’ndrangheta è come una banca: paga con denaro contante. Chi deve avere, avrà. Chi ha avuto, ha avuto. I debiti si pagano...
Cosa è il ‘codice della ’ndrangheta’?
Ma che codice e codice! [...]
Perché lei non è della ’ndrangheta?
Io no, io sono un uomo di rispetto.
Che differenza fa?
La differenza c’è.
Ma conosce tutto della ’ndrangheta?
Non tutto. Molto.
Va bene. Cominciamo da Reggio. Com’è la sua organizzazione?
Quello che posso dire è che è divisa in settori. Per esempio, a Santa Caterina c’è un mammasantissima.
Che cos’è un mammasantissima?
E’ il padre di tutti gli aderenti.
Chi sono gli aderenti?
Lavoratori. Insomma gente che ha una attività. Commercianti, negozianti, imprenditori e anche barbieri.
Hanno bisogno di un fido in banca? Ci pensa mammasantissima. La moglie deve partorire? Ci pensa mammasantissima. Col telefono. Una telefonata agli amici suoi...
Com’è strutturata la ’ndrangheta in città?
Il centro è di competenza di un altro mammasantissima.
Lei cosa intende per centro?
Dalla Fiat sino all’aeroporto.
Praticamente tutta la città.
Beh, tutta. Insomma quasi. Oltre ai mammasantissima ci sono i ‘sotto’.
Che cosa sono i ‘sotto’?
I luogotenenti a reddito fisso. Ce ne sono dieci o dodici. Hanno un lavoro stabile e rispettoso.
Che significa rispettoso?
Significa usciere, impiegato, commesso, uomo d’ordine, ecc.
Cosa fanno i ‘sotto’? Insomma come operano?
Tengono i contatti. Per esempio, un tizio che è stato protetto rifiuta di pagare il ‘giusto’. Loro vanno e lo trovano. Ci parlano, ci spiegano la situazione e lo convincono a pagare. Anche poco, ma deve pagare.
E se si rifiuta?
Sono stati pochi che si sono rifiutati. Sono stati pochi.
Perché ‘sono stati’? Ora non ci sono più?
Questo non lo so. Quello che so è che alcuni si sono trasferiti.
Dove?
E chi lo sa! Se ne vanno e basta. Ha capito?
Parliamo di lei per un attimo. Lei come vive?
Ho fatto tanti mestieri...
Ha guadagnato bene?
Non mi posso lamentare. Ho una casa, un pezzo di terra. E poi non ho molte esigenze. Sono rispettato e rispetto. per esempio: ho bisogno di un certificato? Una telefonata e me lo portano a casa. Ho bisogno di un piacere, che so, a Roma? Una telefonata a chi so io e si mettono a disposizione.
Per chi so io, intende qualche uomo politico?
Anche, e sennò i voti col cavolo li prendono. Per esempio, nell’ultima campagna elettorale io ero in carcere. Che ci pare che non mi sono impegnato? Lo stesso mi sono impegnato. Duemila voti ho promesso. Duemila voti sono stati. Uno in più e non in meno.
Naturalmente nomi non se ne fanno?
Naturalmente nomi non se ne fanno.
Negli ultimi anni a Reggio vi sono stati una catena di omicidi. Lei mi può spiegare, dal suo punto di vista, le ragioni precise? Insomma questa ’ndrangheta che uccide in modo così spietato a quale logica risponde? Quali sono i legami?
Deve sapere che la ’ndrangheta non è come una volta che uno comandava e mille obbedivano. Oggi ci sono i ‘gruppi’, le ‘famiglie’. Ogni famiglia, e per famiglia intendo padre, madre, fratelli, zii, nipoti, cugini e pronipoti, sono legati come ‘clan’. Hanno la loro attività, la loro vita. Se qualcuno della famiglia riceve uno sgarro, il capo famiglia cerca prima di giustificare, sì, di aggiustare la cosa con le buone. Se con le buone non ci riesce, allora...
Allora cosa succede?
E che vuole che succede! Succede quello che deve succedere.
Insomma, questa ’ndrangheta è come una piovra. Ha mille tentacoli. Voglio dire che non è possibile identificarla in dieci o quindici persone. Sono centinaia.
Più che centinaia, sono migliaia. E’ come uno vive. Si diventa anche ’ndranghetisti per fame, per occorrenza, per necessità.
Mi spieghi meglio questo concetto.
Deve sapere che quando uno ha famiglia, i figghioli chi connu mangiari, chi hanno a ghiri a scola, uno non poti stari disoccupatu. E allora va a trovare, o gli capita d’incontrare un ‘sottucapu’, un ‘sottotenente’ e lo prega di una sistemazione. Che ne so... manovale in un cantiere, autista, cambareri, insomma qualsiasi lavoro. Se chi chiede vali e avi a bucca chiusa, u postu si trova e deve essere riconoscente.
Manu a manu chi u cristianu si canusci, appoi si rununu autri incarichi. Più di dignità. Qualche volta anche pericolosi. Così si guadagna di più e si va avanti. Si avi a bucca chiusa, s’intendi. Quandu sgarrae dici una parola più di un’altra, allura sonnu guai. Questo è un esempio.
Ho capito. Lui, quest’uomo che ha bisogno cerca un lavoro e lo trova. ma deve essere legato e disponibile anche per lavori extra. Che, diciamo, esulano della propria attività.
E’ accussì.
Quando viene assunto gli viene spiegato che deve obbedire a certe regole?
Non gli viene spiegato niente. Lo deve capire da solo. L’uomo viene squadrato per un po’ di tempo. Quando è maturo c’è chi decide di affidargli un incarico. Lo chiama, ci parla, sempre col dovuto rispetto e ci fa delle proposte che non può rifiutare. [...]
Chi può dare lavoro ha in mano affari di grande importanza. C’è stato un caso che glielo voglio raccontare, naturalmente senza fare nomi. Un caro amico del nord si era messo in testa di fare di sua volontà. Si è preso un appalto grosso grosso, proprio sul corso Garibaldi di Reggio. Molti anni fa. Ebbene non si è fatto consigliare e non ne ha voluto sapere. Lo sa come è finito? Dopo un poco di tempo, le banche gli sono saltate addosso per quanti interessi gli avevano messo e siccome doveva pagare molti milioni, si è visto perso.
I mammasantissima sono stati alla finestra. Gli hanno mandato operai che invece di lavorare ci sfasciavano la sera quello che avevano costruito di mattina e ci lascio immaginare la situazione. Insomma questo caro amico, pace all’anima sua prese una pistola e si sparò un colpo in testa. Questo, senza fare nomi, è un ‘dunque’.
La costruzione com’è andata a finire?
Finita regolarmente con un altro appaltatore.
E le banche? Come si sono comportate le banche?
Niente, non si sono mosse. Anzi hanno concesso altri fidi, grazie all’intervento dei mammasantissima.
Con una telefonata?
Diciamo che un mammasantissima è andato a trovare i direttori. Ci ha parlato, ci ha spiegato la situazione e i direttori hanno capito. Non si è mossa una foglia.
Ho capito. Mentre quell’appaltatore preso dalla disperazione si è sparato.
E’ così purtroppo.[...]>>
Di notevole interesse, nel libro di Putortì, un ampio capitolo sulle origini e diffusione della ’ndrangheta. L’Autore intende sfatare la leggenda secondo cui il fenomeno sarebbe nato nelle fasce arretrate culturalmente e socialmente che disperano di poter raggiungere traguardi di benessere attraverso un normale processo di sviluppo economico e produttivo. Forse all’origine del fenomeno criminale è stato così; oggi, però, la ’ndrangheta si è trasformata in una vera e propria holding della malavita organizzata almeno dagli anni Settanta e soprattutto per quanto riguarda i sequestri di persona a scopo di estorsione. quindi c’è da rilevare come all’interno delle cosiddette famiglie aspromontane, vi sono indubbiamente delle ‘teste pensanti’ sul piano criminale provenienti dalla pianura, cioè da quelle zone urbane più pronte a cogliere le sollecitazione di una società organizzata anche dal punto di vista della efficienza criminale.
A riprova di quanto sostenuto, l’autore ricorda che fino agli anni Settanta i sequestri di persona riguardavano solo calabresi benestanti, residenti nella regione e i cui sequestratori si potevano indubbiamente identificare in pastori e contadini disoccupati delle montagne aspromontane. Oggi la ’ndrangheta, oltre alle consuete azioni criminali, ha occupato, nel mercato della droga, una consistente posizione. Il coinvolgimento della ’ndrangheta nel settore della droga - come rileva giustamente l’Autore - è messo in relazione a questi dati:
1) infiltrazioni di membri della ’ndrangheta calabrese nella malavita organizzata a Roma, Milano, Torino, Genova, aree metropolitane con le grandi reti di approvvigionamento e di distribuzione dell’eroina;
2) collegamenti con la mafia siciliana dedita alla produzione di eroina e al conseguente traffico internazionale della sostanza;
3) contatti accertati con le famiglie della ’ndrangheta residenti in Canada e collegate con i grandi traffici mondiali.
Il libro di Putortì si arricchisce di capitoli concernenti i rapporti con lo Stato della ’ndrangheta, l’infiltrazione della stessa negli Enti pubblici, i rapporti con gli Enti locali, la voce della Chiesa calabrese a proposito del fenomeno criminale.
Certo, sostiene Putortì, la ’ndrangheta non è solo un problema di Polizia; essa non può essere aggredita solo occasionalmente e transitoriamente (magari dopo gravi fatti che hanno scosso l’opinione pubblica) ma esige un impegno costante da parte di tutti coloro che sono preposti alla prevenzione e alla repressione di questo fenomento. Soprattutto da parte della popolazione calabrese che, sulla sconfitta della ’ndrangheta gioca la propria credibilità e il proprio futuro.
Questa chiamata in causa della gente di Calabria e delle persone oneste, potrebbe apparire retorico e fuorviante se non ci trovassimo, purtroppo, di fronte ad una situazione di omertà totale che agevola, e non poco, il cammino delle associazioni criminali.
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Etimologia del termine
Diversamente dalla maggior parte delle parole, non esiste per la ’ndrangheta un vocabolo derivato da un nome proprio ma, con ogni probabilità, si tratta di un relitto greco. Per quanto riguarda la parola ’ndrangheta bisogna quindi, necessariamente, rifarsi ad “andragathia”, presente nel greco classico e sopravvissuta al neoellenico con il significato di “prodezza, azione valorosa”. Il vocabolo è formato da ‘agathia” (valore, nobiltà d’animo e di natali) e da “andros” (uomo, maschio) e quindi il significato di “nobiltà e valori propri dell’uomo” sembra giustificato dal punto di vista etimologico, ma non certo da quello etico.
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Il codice
Quella che segue è la formula di rito adoperata per la prima volta durante il summit della ’ndrangheta a Montalso, in Aspromonte, nell’ottobre del 1969. Si presume che questo sia il “codice ufficiale della vecchia ’ndrangheta tramandato negli anni.
“Non c’è ’ndrangheta senza rispetto, non c’è valore senza onore, questa grande famiglia è una famiglia onorata, chi si sente degno sta. Chi non è degno se ne va. Noi siamo come una banca, paghiamo con danaro contante, chi deve avere avrà, chi ha avuto ha avuto. I debiti si pagano, chi tondo è nato non morirà quadrato, chi nasce è nato, chi non è nato non ha mai vissuto”.
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