“Se Pasolini ci aveva riconosciuti in una classe sociale ed il movimento
per la democratizzazione della Polizia di Stato ci aveva fatto sperare
in una dignità̀ sociale e dei diritti anche economici, i fatti di Genova
e la Tav rischiano di farci sentire l'anello debole del sistema”.
Intervista a Antonio Ciaramella, segretario generale Siulp Piemonte
Da un capo all'altro dell'Italia, le esigenze dei poliziotti si somigliano tutte. Un salario adeguato al costo della vita, il riconoscimento della progressione di carriera, mezzi idonei per svolgere il proprio lavoro nonché un adeguato turn over. Richieste comprensibili in ogni ambito lavorativo, tanto più da parte di chi è chiamato quotidianamente a rispondere alla domanda di sicurezza da parte dei cittadini.
A cosa aspirano i poliziotti del Piemonte?
A tornare cittadini normali in una società democratica. Se Pasolini nella sua lucida onestà intellettuale ci aveva riconosciuti in una classe sociale ed il movimento per la democratizzazione della Polizia di Stato ci aveva fatto sperare nel riconoscimento di una dignità sociale e dei diritti anche economici, i fatti di Genova e la Tav rischiano di farci sentire l'anello debole di un sistema politico-istituzionale sordo alle istanze del cittadino. Un esempio è la calata dei caschi del Reparto Mobile. Il Siulp Piemonte si è scagliato contro chi voleva strumentalizzare tale gesto, chi voleva etichettare il poliziotto ed anche contro l'amministrazione che voleva minimizzare il gesto. In realtà il poliziotto, come sempre, è al servizio del cittadino e non di chi vuole approfittare della manifestazione pacifica per praticare la violenza gratuita. Innanzi al diritto di manifestare liberamente i propri diritti, il poliziotto "si alza tanto di cappello"!
Quali sono i diritti che chiedono i poliziotti?
Il diritto che chiedono tutti i cittadini lavoratori, un salario che ci consenta di affrontare il costo della vita, mantenere una famiglia ma anche ottenere una pensione dignitosa terminata l'attività lavorativa. Chiediamo anche il riconoscimento dei meriti, della propria competenza e professionalità in maniera obiettiva e giusta ma da tempo ci viene negata ogni progressione di carriera e subiamo il blocco dei semplici assegni di anzianità o scatto di carriera. Chiediamo anche il diritto sacrosanto di essere giudicati con un regime di disciplina giusto ed equo nonché di servizio, ormai vetusto che non riconosce neanche il più elementare diritto di difesa previsto all'art.111 della Costituzione.
Quali miglioramenti chiede il poliziotto del Piemonte?
Una maggiore efficienza per la sicurezza del cittadino ma anche per il poliziotto. Ciononostante garantiamo comunque sicurezza al cittadino con grandi sforzi quotidiani e spesso senza mezzi, veicoli e strumenti idonei. A volte ci autotassiamo, protraiamo il nostro turno di servizio pur sapendo che non ci sarà riconosciuto lo straordinario pur di dare una mano al collega in difficoltà o al cittadino che esige aiuto e sostegno inascoltato da altri servizi pubblici. Assicuriamo servizi affidati ad altri enti pubblici, superiamo le tante contraddizioni di una legislatura schizofrenica, specie sulla sicurezza e sull'immigrazione, che emette mille decreti e leggi pur di accontentare l'opinione pubblica spesso alimentata dal "giustizialismo" mediatico e dall'emergenza. Mille decreti senza un disegno organico e senza consultare chi opera sul territorio chi fa sicurezza. Operiamo sul sociale senza gli strumenti adatti, senza una direzione univoca ma con l'improvvisazione dell'operatore di Polizia che conosce il territorio e la sociologia urbana. Spesso la nostra alta professionalità corregge gli errori di una burocrazia soffocante e una legislazione inefficace.
Cosa chiede il Siulp del Piemonte?
Più coraggio ai nostri dirigenti nazionali. La crisi economica non consente contratti d'oro e la spending review comporta la chiusura di molti Assetti di Polizia e la mancanza di turn over. Con maggiore coraggio si può pretendere però la correzione di sperequazioni attraverso una riforma normativa del rapporto di lavoro, il riconoscimento dei diritti come una disciplina più moderna ed equa, criteri di progressione di carriera e riconoscimento della specificità del lavoro ragionevoli ma conclusivi. Ancora oggi il nostro non è riconosciuto come lavoro pericoloso. Più diritti sindacali e di rappresentanza reale, è una vergogna il colpo di mano sull'art.83.
Occorre anche mettere mano alla riforma istituzionale del Ministero dell'Interno-Dipartimento della Ps. Occorre un taglio degli sprechi "verticale" che metta in discussione le troppi direzioni nel dipartimento rispetto alla normativa del 1981, i troppi uffici speciali e distaccati sul territorio ma con criteri certi e ragionati, l'accorpamento dei centri contabili interforze anche per la gestione dei mezzi, l'unitarietà nella direzione dell'ordine pubblico evitando duplicazioni costose e scoordinate, rendere la centralità del Questore non solo per l'ordine pubblico, ma anche per le specialità e per le altre Forze dell’ordine Rivedere le piante organiche ferme al 1989 e riorganizzare le stesse Questure. Insomma, mettere mano ad aspetti delicati che toccano sensibilità e prerogative molto forti ma che richiedono, appunto, molto coraggio per una maggiore efficienza del sistema sicurezza senza chiusure arbitrarie di qualche posto periferico giusto per dare il contentino al Ministro di turno e salvaguardare gli stipendi d'oro dei vertici.
FOTO: Antonio Ciaramella
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