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Marzo-Aprile/2014 - Articoli e Inchieste
Il contributo
Un mestiere come un altro?
di Giancarla Codrignani

Parlando con gentiluomini evoluti una donna si sente dire "non farmi la femminista! La prostituzione è il mestiere più antico del mondo!.. Un mestiere come un altro".
La risposta può apparire sorridente: "se è un mestiere come un altro, sarà una buona opportunità per tua figlia...". Tutti vacillano. Eppure il fenomeno prostituzione appare stranamente "normale".
Tanto normale che ormai le ragazzine ci fanno un pensiero e la società - Forze dell'ordine, giudici, giornalisti, insegnanti, genitori - resta stupita davanti ai "consumatori di minorenni" che trattano come merce un corpo di donna, anzi di bambina in "libera" offerta sul mercato. Anche questo un mercato come un altro?
Il caso recente del quartiere "bene" romano ha fatto impressione, tanto più che ha fatto conoscere due generi di madri, una che non si contenta delle giustificazioni di una figlia che porta borse lussuose e incarica un detective di seguirla (e farà la denuncia); l'altra che interpreta a suo modo i troppi soldi della figlia: "credevo facesse spaccio di droga". L'episodio ha avuto qualche seguito per la notorietà di un cliente particolare, ma tutti i clienti, tenendo al loro "buon nome" di professionisti e di "persone perbene" hanno cercato di conciliare.
Certamente la loro richiesta di minorenni costituisce reato; ma sembra che venga ritenuto indecoroso essere scoperti con prostitute.
Allora, sembra che non sia una cosa normale....
La velocità delle trasformazioni radicali che stiamo vivendo non ce ne fa vedere le nuove conseguenze sociali e antropologiche. Basta andare nelle scuole per scoprire che i bambini già a 9 - 10 anni cercano sui siti porno di internet risposte inadatte e perfino pericolose alle loro sempre più precoci curiosità. Nessun genitore - e nemmeno la scuola (gli insegnanti, d'altra parte, sono quasi sempre dei genitori) - si fa carico di un'educazione equilibrata fin da quando sono molto piccoli, perché gli adulti sono capaci di raccontare una barzelletta equivoca in famiglia, non di parlare serenamente e seriamente di sesso. D'altra parte, neppure si insegna a fare scelte tra le infinite possibilità che offre internet: anche i più piccoli smanettano da soli come se fosse un gioco qualunque e quando crescono, oltre a scriversi messaggi in continuazione, o praticano il copia/incolla per le ricerche scolastiche o fanno giochi elettronici solitari o vanno sui siti hard. Solo che la sollecitazione imitativa e gli ormoni precoci inducono a pratiche molto meno innocenti del passato: le bambine si lasciano fotografare (a scuola), indifferenti (e anche innocenti?), le parti intime per una carica di telefonino o - escluse le anoressiche - una merendina offerte da un maschietto ancora infantile.
Cambiano inevitabilmente i modi di interpretare i valori; non i valori. Diventano solo più complessi. Per certe realtà problematiche non possiamo più confidare solo nelle forze dell'ordine. La prostituzione non è più disturbo della quiete pubblica o scandalo dei benpensanti che vorrebbero riaprire le case "chiuse" per non vedere, non sapere, non capire. Una rivista come Polizia e Democrazia fa bene ad affrontare questioni che hanno bisogno di sinergie culturali perché dei problemi per i quali non abbiamo ancora risposte, dobbiamo cercare di porre almeno correttamente le domande. E continuare a interrogarci tutti.
La prostituzione è solo questione di sfruttamento e di violazione di leggi? Potrebbe uno Stato legalizzarla per farci soldi esattamente come fa la donna che, con la stessa indifferenza, "arrotonda" vendendo se stessa? Il ministero dell'Interno, d'accordo con il Miur, dovrebbe fare aggiornamento per agenti e per insegnanti, ivi compresi gli insegnanti di religione da cui la gente si aspetta ancora che "insegnino la morale" a scolari che fanno cose non belle? Oppure i ministri delle politiche sociali dovrebbero dare ascolto al vecchio ex-poeta Ceronetti che chiede il servizio domiciliare di massaggiatrici per anziani che non possono più andare nei "casini"?
Da molto tempo non si pratica più uno spazio pubblico che non sia quello televisivo o di facebook autoreferenziali e falsamente comunicativi.
Anche la Chiesa - che colloca la prostituzione come peccato insieme con la masturbazione, la pornografia, l'omosessualità, l'adulterio e... lo stupro (Nuovo Catechismo, 2351 sgg.) - dovrebbe ripensare la responsabilità umana della sessualità, che pur riconosce influente "su tutti gli aspetti della vita umana", e non limitarsi a concedere attenuanti a chi si prostituisce ("il darsi alla prostituzione è sempre gravemente peccaminoso, tuttavia l'imputabilità della colpa può essere attenuata dalla miseria, dal ricatto e dalla pressione sociale") senza chiedersi l'origine di un fenomeno prevalentemente maschile. E' da evangelizzare il maschio che, in tempi in cui nessuno pratica la castità e i rapporti tra consenzienti sono ampiamente praticati, sente il bisogno di "comperare" sesso?
Si dovrebbe conservare il falso pregiudizio che gli uomini abbiamo pulsioni più esigenti delle donne "per natura"? C'è forse, dietro il bisogno di "comperare" un corpo, come dicono molti psicanalisti, un'intenzione di potere?
La giurisprudenza sta lentamente adeguandosi a nuove richieste politiche. E' di queste settimane l'approvazione nel Consiglio regionale lombardo della richiesta di referendum parzialmente abrogativo della legge Merlin?
La cultura trasforma certamente la valutazione dei reati ed è comprensibile l'indulgenza della Consulta che ha recentemente respinto il ricorso del procuratore della repubblica di Rimini contro le assoluzioni decise dal giudice di 150 prostitute che "passeggiavano" nonostante il foglio di via.
Ma le intenzioni di Lina Merlin e della sua ben nota legge 75 (20 febbraio 1958) intendevano liberare le prostitute condannando la prostituzione come causa di schiavitù. Anche nei Paesi in cui è legalizzata e perfino liberamente pubblicizzata, come in Olanda, restano elementi casistici intriganti, come la tassazione dei bordelli, la sindacalizzazione professionale, l'età minima, la prevenzione per malattie e, soprattutto, la prevenzione delle violenze. Resta reato l'adescamento e, ovunque, il favoreggiamento. Non senza gravi implicazioni con la specializzazione in materia di "tratta" delle organizzazioni criminali.
Non è conveniente chiedere misure di giustizia e di ordine pubblico "certe": è semplicemente ipocrita.
Perché resta sempre l'interrogativo iniziale: se è "un mestiere come un altro", è una possibile opportunità per mia figlia (o mio figlio)?


FOTO: Siena

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