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Marzo-Aprile/2014 - Articoli e Inchieste
Legalità
Transumanza a pedali: da Roma a Latina con Libera contro le mafie
di nostro inviato Francesco D. Ciani

Il racconto di un padre, ciclista urbano,
che ha deciso di condividere questa esperienza
col figlio, Diego, tre anni e mezzo


Quando ho saputo che la XIX edizione della giornata di Libera in ricordo delle vittime di mafia organizzata da Don Ciotti quest'anno si sarebbe svolta a Latina, ho subito pensato che arrivarci da Roma sarebbe stata una passeggiata.
Quando poi ho letto su Facebook che il capoluogo pontino lo si sarebbe raggiunto in bicicletta da Roma, una transumanza a pedali in compagnia di un centinaio di ciclo fissati come me, ho annullato ogni altro impegno per il primo week end di primavera.
Come ciliegina sulla torta sono venuto a sapere che Andrea Satta ed i Tetes De Bois, storico gruppo indie capitolino nei cui dischi e spettacoli la bicicletta è da sempre protagonista assoluta, avrebbero allestito in Piazza del Popolo a Latina, luogo fulcro dell'evento di sabato 22 marzo, il loro 'palco a pedali': 128 cavalletti realizzati ad hoc dall'Ing. Gino Sebastianelli sui quali noi transumanti a pedali avremmo montato le nostre biciclette e con l'energia prodotta grazie a delle speciali dinamo collegate a dei generatori avremmo prodotto i 15 kw necessari per far funzionare impianti audio e luci.
Era da un po' di tempo che volevo toccare con mano il progetto rivoluzionario dei Tetes De Bois e provare l'ebrezza di pedalare per alimentare uno show.
Libera, palco a pedali, 100 km in bicicletta: un programma così ricco non potevo di certo lasciarmelo sfuggire. Ho tirato giù la bici e fatto i bagagli per me e per mio figlio Diego: tre anni e mezzo e mio inseparabile compagno di viaggi e avventure. Non era la prima volta che partivo con lui, ma un tragitto così lungo in bicicletta non l'avevo ancora mai fatto.
In me l'entusiasmo di un viaggio/esperienza per due si alternava al timore che Diego non reggesse 10 ore seduto sul seggiolino di una bicicletta. Ma alla fine la mia fiducia cieca in lui - nonché la pazza voglia di portarlo con me - ha prevalso sulle insicurezze di padre.
L'altro mio ometto David con i suoi tre mesi è ancora troppo piccolo per seguirmi e se ne è rimasto a casa con la mamma.
Ho messo le gomme nuove anti foratura alla mia bicicletta 'da pista' dodici cicli perché mi avevano detto che il percorso per uscire da Roma lontano dal traffico motorizzato sarebbe stato tortuoso.
Il venerdì mattina alle 8 in punto usciamo di casa. Ad accompagnarci un sole caldo a tratti coperto da qualche sporadica nuvola.
Dopo una mezz'ora di pedalate nel traffico cittadino incontriamo gli altri transumanti sull'Appia antica, via che ci porta rapidamente fuori dalla capitale. Incominciamo a salire i Colli Albani percorrendo la strada dei villini, attraversando i vigneti dai quali proviene il vino tipico dei Castelli Romani. Con la nostra bici a pignone 'fisso' e senza rapporti il gioco si fa subito molto duro. Anche di questo mi avevano avvertito. Per fortuna nel gruppo dei transumanti ci sono degli studenti di Ingegneria senza frontiere scesi da Torino e Modena con un furgone carico di bici.
Li incontriamo in una terrazza che affaccia sullo splendido lago di Albano dove ci fermiamo per raccogliere altri transumanti. Ci offrono un passaggio per scavallare il dislivello di 700 metri (di cui 300 però ne abbiamo già fatti) per almeno 5 km di salita lungo la via dei laghi, passaggio che io e Diego accettiamo molto volentieri. Inoltre dal furgone si possono fare delle belle fotografie ai pedalatori più incalliti: quelli che non hanno mollato subito come invece abbiamo fatto noi.
Di tanto in tanto ci fermiamo ad aspettare gli altri del gruppo nelle tante piazzole che affacciano sul lago. Qualcuno si ferma per rifiatare, altri decidono di non tagliare il fiato e di continuare a pedalare.
Arriviamo a Velletri giusto per l'ora di pranzo, molto affamati. In stazione il gruppo di trasumanti raccoglierà altri partecipanti e mentre li aspettiamo noi ne approfittiamo per farci offrire un piatto di pasta dai nostri ospiti motorizzati. Si sono attrezzati con una cucina da campo e Diego un piatto di penne passata di pomodoro e olive nere lo apprezza proprio.
Dopo un'oretta di sosta risaliamo di nuovo in sella alla nostra bicicletta. La strada adesso sarà tutta in discesa fino Cisterna di Latina e poi in piano fino a Latina. Siamo a più di metà percorso, per tutti il peggio é passato. Diego approfitta del vento fresco e si lascia cullare dal mio pedalare: dopo 5 minuti si addormenta.
Le soste si fanno sempre più frequenti, la stanchezza, i km accumulati e la digestione si fanno sentire. Ma l'entusiasmo dei transumanti è alto.
Mentre cala il sole e l'aria si fa più fresca percorriamo l'ultimo tratto del viaggio: quello che da Cisterna di Latina ci porta prima a Latina scalo ed infine dritti nella piazza centrale del capoluogo Pontino, luogo che l'indomani sarebbe stato il centro dell'evento voluto da Libera. Sul palcoscenico alimentato dall'energia prodotta dalle nostre biciclette sarebbero stati letti gli oltre 900 nomi delle vittime di Mafia, dai personaggi celebri come Falcone, Borsellino, Don Peppe Diana, di cui proprio il 19 di marzo è ricorso il ventennale dalla morte, Peppino Impastato, Placido Rizzotto, ma anche i nomi di tanti 'sconosciuti' ai media: uomini della scorta, bambini e ragazzi, vittime innocenti che si sono trovate nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Dopo una notte passata in branda con sacco a pelo nell'oratorio di Piazza San Marco, al mattino presto ci rimettiamo in marcia, direzione Borgo Sabotino. 38 km tra andare e tornare. Lì raccoglieremo gli ultimi transumanti, quelli arrivati la mattina con il treno + bici da ogni parte d'Italia per entrare tutti insieme pedalando in Piazza del Popolo.
Subito dopo di noi nella stessa piazza saranno in 100mila ad entrare, un corteo fatto di uomini, donne, bambini e ragazzi giunti per ascoltare in rigoroso silenzio la lettura dei nomi dei troppi morti ammazzati per mano criminale e le parole di Don Luigi Ciotti, anima di Libera. Nel corteo faranno la loro apparizione il presidente del senato Pietro Grasso, il ministro della giustizia Andrea Orlando, il procuratore Giancarlo Caselli, la presidente della commissione antimafia Rosy Bindi, il vescovo di Latina Monsignor Mariano Crociata, il sindaco di Latina Giovanni Di Giorgi e il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti.
Mentre i tecnici del 'palco a pedali' aiutano i transumanti a piazzare le biciclette sui cavalletti e collegano le ruote alle dinamo, io e mio figlio vediamo piazza del popolo e le strade limitrofe riempirsi di gente. Grazie al nostro pass 'stampa' abbiamo il privilegio di muoverci liberamente nel sotto palco. Mentre facciamo fotografie e registriamo video incrociamo gli sguardi dei familiari delle vittime di mafia: genitori, fratelli, sorelle, nonni, zii, nipoti e amici dei tanti morti ammazzati per mano criminale. Alzo gli occhi per uno sguardo d'insieme alla 'platea' e provo a riflettere su quanto dolore, voglia di giustizia, talvolta urgenza di conoscere verità mai svelate possa essere concentrato tutto insieme in quello spazio e in quel momento. Stringo forte la mano di mio figlio. Camminare e fare riprese tra loro mi toglie il respiro. Diego sorride come sempre, ha fatto anche amicizia con una ragazzina ma non sa che quel bel ragazzo che lei porta stampato sul cellulare, la stessa faccia che suo padre porta sulla sua maglia, non è un tronista di Maria de Filippi, ma il fratello adolescente della ragazzina morto ammazzato dalla mafia. Non conosco la sua storia, come non conosco le storie di tutta 'quella' gente. Si perché vederle in tv le facce di chi ha perso un familiare per mano di qualcun altro che, seguendo delle assurde regole dettate dall'ignoranza, dalla bestialità umana, dal desiderio di potere e di denaro, gli ha sparato alle spalle, lo ha trafitto con un coltello, lo ha bruciato vivo, sciolto nell'acido o fatto esplodere con una bomba è un conto, ma trovarsi di fronte centinaia di persone che si portano dentro una tale ferita è tutt'altra emozione. Diego continua a divertirsi anche se intuisce che l'aria si è fatta meno leggera, che non ci troviamo esattamente al centro di una festa. Quando sarà più grande magari proverò a spiegarglielo.
Nel frattempo sul palco vengono letti i nomi delle vittime di mafia. Nella Piazza è calato un silenzio irreale che non si rompe per tutto il tempo, interminabile, la lettura va avanti per oltre un'ora, nella quale a tutte le tante facce che abbiamo appena visto portate su magliette e cartelloni viene dato un nome ed un cognome. L'unico brusio che sentiamo è lo scorrere incessante delle catene delle biciclette che continuano a pedalare. Se smettessero di farlo vedremmo interrompere questo emozionante rito collettivo: non una commiserazione dei morti, bensì un grande inno alla vita, uno stimolo a reagire e a ribellarsi perché, anche se la 'stagione delle stragi' è relativamente lontana nel tempo, le mafie sono oggi ancora più vive che mai.
Mio figlio mi chiede 'papà perché questo signore é arrabbiato?'. Si riferisce a Don Luigi Ciotti, il prete di strada anima di Libera le cui parole infuocano la piazza dopo la lettura dei nomi. Don Ciotti parla della prescrizione e di come troppe volte essa venga a 'risolvere' reati di tipo mafioso; parla delle leggi anti corruzione a suo dire poco coraggiose e con le quali è spesso troppo difficile contrastare la criminalità organizzata; parla del coraggio di vivere ribellandosi alle logiche dell'omertà e della paura; incita il governo a smettere di parlare e ad iniziare a mettere in atto politiche reali per il contrasto alla mafia. Don Ciotti non é uno che la manda a dire. In conclusione del suo discorso chiede che il 21 marzo venga decretato per legge 'Giornata nazionale per le vittime di tutte le mafie'.
Il sole batte sulle nostre teste, la stanchezza si fa sentire, fra poco rientreremo a casa caricando la nostra bicicletta sul treno.
Ci lasciamo Latina alle spalle portando con noi una esperienza molto forte, quella di mio figlio probabilmente sarà stata diversa da come l'ho vissuta io. Ma sono convinto che quando sarà più grande e si renderà conto a cosa ha preso parte ne sarà orgoglioso tanto quanto sono stato io ad essermelo portato dietro.

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