La mafia, i boss e le vittime. In un libro inchiesta i commenti dei protagonisti
dei misteri attorno agli attentati degli anni ’90 tra false dichiarazioni
e indagini inquinate. La ‘trattativa’ non è stata un caso isolato e sarebbe
ancora “pericolosamente in corso”
Provenzano e Riina sanno chi ordinò le stragi. “Perché Riina è stato preso per la manina in questa strategia”. Parole di Salvatore Cancemi, ex capomafia di Porta Nuova. Quale fu la contropartita? “Riina presentò a persone importanti una serie di richieste. Aveva un fogliettino, quello che è stato chiamato papello… Ci disse che dovevamo sfiduciare i politici che comandavano in quel momento, nel 1992, e sostenere questi personaggi che una volta al potere ci avrebbero aiutato”. Una trattativa quindi? “Un patto”.
E’ solo un assaggio delle dichiarazioni choc rilasciate a Raffaella Fanelli nel libro ‘intervista a Cosa nostra - dopo vent’anni svelato l’identikit del Corvo’ – (edizioni Anordest), dai protagonisti, nel bene e nel male, della storia della mafia degli ultimi vent’anni. La giornalista ha incontrato Salvo Riina, figlio del capo dei capi Totò u’ curtu, Angelo Provenzano, figlio di Ninnu u tratturi (Bernardo il trattore, per la ferocia con cui uccideva i nemici), Gaspare Mutolo, l’ex autista e braccio destro di Totò Riina nonché spietato killer, Massimo Ciancimino, figlio del sindaco democristiano di Palermo Vito, condannato per associazione mafiosa.
Non solo, anche Licio Gelli, il venerabile della loggia massonica P2, Tina Montinaro, vedova di Antonio caposcorta di Giovanni Falcone, Salvatore Annacondia, pluriomicida, solo per fare qualche nome. E negli ultimi anni quando si parla di mafia il pensiero va subito ai presunti contatti con apparati dello Stato. Secondo Cancemi i contatti ci sono stati, dunque la ‘trattativa’ c’è stata.
Ma è possibile che ci fosse un patto segreto tra lo Stato e la Mafia? Raffaella Fanelli non ha dubbi.
“Certo che c’è stata. Adesso si tratta di capire i contenuti di questa trattativa. In questo senso rivelazioni sono state fatte da Gaspare Spatuzza il braccio destro dei fratelli Graviano, da Massimo Ciancimino figlio minore di don Vito Ciancimino,l’ex sindaco mafioso di Palermo e da molti personaggi istituzionali che hanno ritrovato la memoria come Luciano Violante, Claudio Martelli e Liliana Ferraro. I loro ricordi hanno fornito particolari utili a confermare il dialogo che ci fu a partire dal giugno del 1992 fra il Ros dei carabinieri e Vito Ciancimino. La conferma arriva anche dai collaboratori di giustizia come Gaspare Mutolo che si spinge oltre e parla di un accordo, una ‘pastetta’ come la definisce lui, che è ancora pericolosamente in corso. Nell’intervista che ho realizzato per il libro, Mutolo afferma che lo Stato ha sempre raggiunto accordi con la Mafia”.
Qualcuno dice che non si tratterebbe di una singola trattativa.
Giovanni Brusca, soprannominato lo ‘Scanna cristiani’, colui che spinse il tasto del radiocomando che fece esplodere il tritolo della strage di Capaci, afferma che ci sono state più trattative con diverse finalità e differenti protagonisti. Fa’ nomi di politici che però nel processo in corso sulla ‘trattativa’ non sono imputati. Un processo che porterà alle condanne di Riina e degli altri appartenenti a Cosa nostra ma non di esponenti politici.
Che la mafia non fosse solo Riina e Provenzano era facile immaginarlo, la conferma però che ci siano politici mafiosi è sempre dura da digerire. Ne parla anche Gaspare Mutolo.
Sì. Fa dei nomi che non ho inserito nel libro però lui li ha fatti ai magistrati e posso dire che sono nomi ‘pesanti’.
Verranno mai a conoscenza dell’opinione pubblica?
Alcuni sono già pubblici ma alla sbarra al tribunale di Palermo non li ho mai visti. Qualcuno è accusato al massimo di falsa testimonianza ma niente di più.
In ‘intervista a Cosa nostra’, Raffaella Fanelli scrive: Spatuzza indica in Berlusconi e Dell’Utri i referenti politici del boss Giuseppe Graviano. Sono stati fatti i dovuti accertamenti su questa sconvolgente dichiarazione?
Anche Massimo Ciancimino, Salvatore Grigoli , l’assassino di padre Puglisi e altri collaboratori di giustizia fanno i nomi di Berlusconi e Dell’Utri e li fanno ai magistrati. A loro bisognerebbe chiedere se hanno dato seguito a queste dichiarazioni. Spatuzza è stato creduto su tutto meno che su questo.
A proposito di dichiarazioni, il sottotitolo del libro è: dopo vent’anni svelato l’dentikit del Corvo. Ma esiste veramente un Corvo e soprattutto cosa avrebbe rivelato?
Eccome se esiste ma non è mai stato interrogato nonostante le 8 pagine anonime spedite ai magistrati, ai politici e a Paolo Borsellino dopo la strage di Capaci. Si tratta di un politico e di recente è stato indagato per altri motivi.
Cosa rivela il Corvo?
Rivela di un incontro avvenuto tra gennaio e febbraio del 1992 con un ministro in carica (importante esponente dell’ex Democrazia Cristiana) e il boss di Cosa nostra Totò Riina. Il periodo è successivo alla sentenza del maxi processo di Palermo quando furono condannati i boss. Secondo le rivelazione del Corvo l’incontro sarebbe avvenuto nella sagrestia di una chiesa di San Giuseppe Iato. In quel momento, ancora, l’omicidio di Salvo Lima (esponente siciliano della Dc in ‘odor di mafia’) non era ancora stato deciso, tantomeno pensato e ancora non era iniziata la trattativa che racconta Massimo Ciancimino che suo padre avrebbe condotto con Provenzano e che portò all’arresto di Riina nel gennaio del 1993. Oggi, cioè dopo 20 anni, si è scoperto che Paolo Borsellino, dopo la morte di Falcone, era titolare dall’8 luglio di un’inchiesta ufficiale della procura di Palermo, insieme al procuratore aggiunto Vittorio Aliquò, proprio sul dattiloscritto anonimo del Corvo. E allora perché dopo 20 anni esce fuori questa notizia?
Dunque Borsellino era al corrente della presunta trattativa. Come reagì?
Borsellino prese sul serio quello scritto anonimo e sappiamo che per ben 2 volte, prima e dopo la morte di Borsellino, un generale del Ros oggi in pensione diede però parere contrario agli accertamenti. Sappiamo anche che questo generale, secondo la testimonianza di Agnese Borsellino, la vedova del magistrato ucciso in via D’Amelio e morta nel maggio scorso, che il 17 luglio del '92, poco prima di essere ucciso, Borsellino disse di aver scoperto che quel generale era ‘punciuto’, ovvero mafioso.
Chi è il Corvo?
Nessuno in 20 anni ha voluto dare un nome e un volto a questo Corvo ma gli indizi ci sono. Ci sono le dichiarazioni di Brusca e una deposizione durante il processo a Cuffaro di Salvatore Aragona, medico di Altofonte, intercettato in casa del boss Guttadauro.
Ho avvicinato Aragona il quale mi ha detto che il nome del Corvo glielo riferì un ministro e di questo ministro e del Corvo si parlò in casa di Guttadauro, eppure nelle registrazioni del Ros i nomi non ci sono. Ad oggi nessuno ha chiesto ad Aragona spiegazioni.
Perché?
Evidentemente nessuno ha interesse a dare un’identità al Corvo. Un giornalista di Repubblica, Salvo Palazzolo, ha scritto il nome del Corvo in un articolo di alcuni anni fa ed è stato querelato.
Un Corvo che parla di relazioni tra la mafia e apparati dello Stato mentre nel 1992 Cosa nostra compie vari attentati, la strage del 23 maggio a Capaci dove muoiono Falcone, la moglie e gli agenti della scorta, meno di due mesi dopo la strage di via D’Amelio dove perdono la vita Borsellino e la scorta. Possiamo considerarlo il momento in cui la mafia alza il tiro contro lo Stato?
Sì e ne parla anche Brusca nel processo in corso a Milano sulla trattativa. Brusca dice che Riina decide di accelerare i tempi facendo saltare in aria Falcone per fermare la corsa al Quirinale di Andreotti.
E’ il momento in cui Riina trova altri referenti ed è dunque importante capire chi erano i referenti.
Misteri su misteri e informazioni riservate che arrivano ai vertici di Cosa nostra. Uno scenario sconvolgente che coinvolge Falcone.
Il magistrato incontra Gaspare Mutolo nel carcere di Spoleto e invia una relazione alla Direzione affari penali del Ministero di Grazia e Giustizia però non scrive che Mutolo vuole collaborare e non fa i nomi riferiti da Mutolo, cioè quelli di Contrada e Signorino. La notizia dell’incontro però trapela. Qualcuno avvisa Riina che Falcone sta continuando a indagare diventando così il nemico numero uno della mafia e che a breve il magistrato volerà in America, un viaggio poi svelato dal consulente Gioacchino Genchi, ma che dopo la strage di Capaci tutti si affrettano a smentire.
Quali certezze investigative ci sono oggi su Capaci e via D’Amelio?
Ad oggi delle stragi si sa veramente poco. C’è un altro processo in corso sulla strage di via d’Amelio (il Borsellino quater) e novità su Capaci sono emerse anche dopo le dichiarazioni di Gaspare Spatuzza. I pentiti però di verità ne hanno raccontate poche.
Quello dei pentiti è un punto delicato. Falcone sapeva che senza la loro collaborazione le indagini di mafia erano destinate spesso a fallire mentre Tina Montinaro, vedova del caposcorta di Falcone, si chiede a cosa servano e se danno effettivamente una mano alle indagini?
Alcuni sì, altri no. Comprendo la rabbia di Tina Montinaro che ho intervistato per il libro. La sua rabbia è tanta perché a distanza di vent’anni si sa poco sulla strage di Capaci. Per le indagini su via D’Amelio non sono serviti a nulla. Lei allora si chiede perché Giovanni Brusca è libero e perché parla della volontà di Riina di fermare la corsa di Andreotti al Quirinale, perché lo fa solo adesso?
Ma sono liberi altri come Gioacchino La Barbera e Santino Di Matteo (coinvolti nella strage di Capaci) che dovrebbero invece essere in carcere per quello che hanno fatto. Invece sono tornati anche in Sicilia. Tina Montinaro si chiede allora, perché sono fuori se poi con Spatuzza si è compreso che le verità erano altre?
A che punto sono oggi i processi Falcone e Borsellino. E l’agenda rossa?
Dopo le dichiarazioni di Spatuzza è cambiato tutto perché Spatuzza ha smascherato il falso pentito Scarantino che fu obbligato a mentire non solo per via D’Amelio ma anche per Capaci. Lo scorso anno ci sono stati otto nuovi arresti tra boss e gregari della cosca di Brancaccio. E’ stata chiarita la responsabilità del capomafia Salvo Madonia, già detenuto al carcere duro e imputato nel Borsellino quater.
Le dichiarazioni di Spatuzza hanno chiarito anche la provenienza del tritolo usato a Capaci, lo stesso esplosivo usato nelle stragi del ‘93 e nel fallito attentato all’Olimpico. In manette è finito un pescatore di Santa Flavia, un certo Cosimo D’amato che avrebbe fornito l’esplosivo degli attentati di Roma, Firenze e Milano. E avrebbe fornito alle cosche anche il tritolo per Capaci.
Questo è l’unico nuovo arresto. Gli altri nomi che ha fatto Spatuzza sono di uomini già in carcere per reati di mafia e per vari omicidi. Le sue dichiarazioni hanno poi aperto un nuovo processo su via D’Amelio oltre che le porte del carcere per le persone accusate da Scarantino, persone risultate però innocenti. Stiamo parlando di un grave errore giudiziario commesso nella più delicata indagine per strage degli ultimi 20 anni.
Sempre a seguito delle dichiarazioni di Spatuzza sono stati indagati per la strage di Capaci il boss Salvo Madonia considerato uno dei mandanti, Vittorio Tutino che avrebbe rubato, assieme a Spatuzza, la 126 imbottita di esplosivo in via D’amelio e Salvatore Vitali già condannato per il sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo, poi sciolto nell’acido, accusato di aver fornito l’esplosivo e i congegni dell’autobomba. Secondo Spatuzza, Vitale, che abitava nel palazzo della mamma di Borsellino in via D’Amelio avrebbe fatto da talpa per gli stragisti. Poi c’è un altro pentito accusato di falsa testimonianza. Il processo è in corso a Caltanissetta, è il Borsellino quater, e si spera di arrivare alla verità.
Chi potrebbe aggiungere qualcosa alle indagini?
In carcere è rimasto Gaetano Scotto ed è da lui che potrebbero arrivare novità…
Nel libro ci sono le interviste ai figli di Riina e Provenzano, Indagini a parte, quali sono state le tue sensazioni sotto l’aspetto umano?
Salvo Riina assomiglia fisicamente a suo padre, sicuro di sé, spiritoso, simpatico. Ha una condanna per associazione mafiosa. Quando gli ho chiesto il motivo per cui non ha detto al padre di collaborare con la giustizia, si è trincerato dietro al ruolo di ‘figlio che ama il padre’ e che non vuole rinnegarlo. Salvo è un ragazzo di 35 anni che vuole rifarsi una vita. Tornando alle indagini però credo che a sapere più cose sia Angelo Provenzano, ma si tratta solo di una mia sensazione.
Che cose dicono della mafia?
Nessuno dei due durante le interviste ha mai pronunciato la parola mafia.
Che differenza c’è tra la mafia di oggi e quella di Riina e Provenzano?
Non c’è più la mafia che spara, quella delle coppole e delle lupare, nonostante questo, però, adesso fa più paura. Una mafia che ha sempre usato Riina e Provenzano come ‘sponde’. La Mafia non è in Sicilia è altrove e forse proprio a quella mafia che Riina dal carcere sta parlando e sta dicendo che ha ancora il potere di uccidere, anche il magistrato Di Matteo… ma è solo un mio pensiero di giornalista.
Come si arriva agli arresti di Riina e Provenzano? Chi ha tradito?
Per Riina dovrebbe aver parlato Bernardo Provenzano…
E come reagisce Salvo, il figlio di Riina?
Lui ha sempre negato, non crede nel tradimento di Provenzano. La definisce un’infamia. Per Provenzano invece si tratta di capire chi ha preferito non arrestarlo per 43 anni. E forse non lo ha tradito nessuno. Ci sarebbe stato un accordo, si parla di una resa, ma non sta a me rivelarne i motivi.
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