Nel suo ultimo libro Concita de Gregorio
indaga il rapporto fra le donne
e il dolore, “un nemico tanto familiare
da esser quasi amico”. Raccontando, attraverso
brevi narrazioni e agghiaccianti fatti
di cronaca, le storie di quante subiscono
in silenzio la violenza e i soprusi
degli uomini. Fuori, ma soprattutto dentro casa
In italiano il verbo "malamare" non esiste. Eppure esprime perfettamente quel genere di sentimento che cresce in molte donne come un rampicante e che finisce col sovrastarle a tal punto da soffocarle. E' un amore carico di violenza e di sopportazione, alimentato da quella convinzione femminile, a metà strada tra vocazione al martirio e delirio di onnipotenza, di poter redimere uomini che invece non cambieranno. E' l'amore della "rateta presumida", la "topolina vanitosa" protagonista della storia che apre l'ultimo libro di Concita De Gregorio (Malamore. Esercizi di resistenza al dolore, Mondadori, pp. 169, 16 euro), emblema di quel tipo di donna che tende a scegliere il maschio "gatto", convinta che lo salverà trasformandolo nell'unico membro della sua specie che non si nutre di topi. Chiaramente, dopo le nozze, la topolina viene divorata in un sol boccone, perché i gatti sono gatti e non c'è amore che possa cambiare la loro natura.
La storia della "rateta", ripresa anche nel capitolo finale, racchiude la sequenza di brevi narrazioni che compongono il libro, una galleria di figure femminili appartenenti a luoghi, tempi ed estrazioni sociali diversi, tutte accomunate da un'innata confidenza con il dolore, quello del corpo e dell'anima. Un compagno di vita al quale non si ribellano mai, cercando sempre di trasformarlo, di ignorarlo, di domarlo, nella speranza che diventi qualcos'altro, qualcosa di buono. E così, dalla storia di Maria Malibran, il famoso mezzosoprano che nasconde le lacrime durante le terribili lezioni di canto inflitte dal padre, si passa alla donna di successo che accetta di essere umiliata e insultata dal suo uomo, convinta che quello sia il prezzo da pagare per la sua brillante carriera; dalla compagna dell'artista di fama mondiale, la donna di Picasso, che vive all'ombra del suo genio, tollerandone angosce e miserie, alla prostituta bambina che chiude gli occhi e si nasconde nel ricordo del prato di fronte casa sua. Ci sono le storie di donne che quotidianamente tentano di addomesticare la violenza degli uomini che hanno scelto di amare: alcune di loro passano una vita intera sul crinale di un baratro, alcune trovano in tutto quel male le risorse per fare cose che altrimenti non avrebbero potuto fare, molte soccombono.
Quello della De Gregorio, però, non è un libro sulla violenza domestica. L'urgenza da cui nasce non è solo quella di raccontare queste storie, di renderle note, di squadernarle in tutta la loro atroce carica di brutalità. E' un libro che s'interroga sul perché le donne e le ragazze di oggi, cresciute durante o dopo le battaglie per l'emancipazione, spesso con una cultura e uno stipendio che le rende autonome, non più costrette a vivere all'ombra di padri e mariti, siano oggi disposte a sopportare. Sul perché non si ribellano e sul perché continuano a scegliere di stare con uomini "gatto". L'interpretazione di Simone de Beauvoir, che imputava la capacità di subire delle donne al loro svantaggio sul piano sociale, economico e culturale, non basta più a spiegare un simile fenomeno. Il motivo, allora, non va più cercato solo fuori, ma dentro le donne. In quella che l'autrice definisce l'«agenda occulta», una sorta di programma segreto che sfugge alle regole della logica e che affonda le sue radici lontano nel tempo.
"Malamore" è un libro che parla di donne, ma destinato anche e soprattutto agli uomini, ai ragazzi che crescono, ai genitori che li educano. E a tutte le giovani che saranno tentate di subire soprusi per dimostrare a se stesse che sono forti, diverse, speciali. Perché nonostante molte di loro sopporteranno i dolori del parto senza fare un fiato o proveranno la temperatura del ferro da stiro toccandolo, la più grande prova di forza sarà non dover dimostrare più niente.
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