Un libro racconta la storia di Federico Del Prete,
commerciante ambulante del casertano,
e fondatore del Sindacato Nazionale Autonomo
Ambulanti, ucciso dalla camorra. Il coraggio
e la battaglia solitaria di un uomo
che mise paura ai clan
"Se penso alla paura non mi muovo più. Ma ho messo nel conto che prima o poi mi uccideranno". Sono le parole profetiche affidate da Federico Del Prete, poco prima di morire ammazzato dalla Camorra, alla penna di un giornalista de' Il Mattino di Napoli. Parole quasi identiche a quelle pronunciate da Falcone e Borsellino, che - anche loro, lasciati soli in vita - dell'antimafia diventeranno le icone post mortem. Chissà perché, però, il sacrificio consapevole di un sindacalista ucciso dai Casalesi, sembra aver meno valore, suscitare meno interesse, di quello dei due giudici siciliani. Racconta la storia dell'omicidio Del Prete (altrimenti passata in sordina, nell'indifferenza pressoché totale dei media nazionali e delle Istituzioni) il bel libro di Paolo Miggiano, "A testa alta. Federico Del Prete: una storia di resistenza alla Camorra", uscito per la casa editrice Di Girolamo di Trapani, a dieci anni dal delitto. Attraverso un'attenta e scrupolosa raccolta di fonti, testimonianze, appunti, documenti e carte processuali, l'autore ci narra la vita di Federico Del Prete, commerciante ambulante ucciso dal clan La Torre il 18 febbraio 2002 a Casal di Principe, dove aveva fortemente voluto stabilire la sede del Sindacato Nazionale Autonomo Ambulanti, da lui fondato per difendere la categoria dei venditori dei mercati, vessati e taglieggiati dalla Camorra. Dalle 225 pagine del libro emergono il coraggio e la determinazione di un uomo scomodo e ostinato, un uomo che, senza protettori di sorta, aveva deciso di combattere la criminalità organizzata, le sue ingiustizie, le sue bestialità, le sue commistioni politico amministrative, senza mai arretrare di un passo neanche di fronte ad esplicite minacce di morte. In circa due anni di febbrile attività sindacale, Del Prete denuncerà sistematicamente (l'autore ha contato circa 80 fax firmati e inviati dal sindacalista alle autorità giudiziarie, una media di un esposto a settimana) gli illeciti e le irregolarità che si celano anche dietro realtà economicamente marginali come quelle dei mercati ambulanti e delle fiere rionali. Del Prete dava fastidio: fu lui a scoprire che nei mercati settimanali della Campania, la Camorra, attraverso l'imposizione ai commercianti delle sue buste di plastica, aveva messo in piedi un giro d'affari di circa cinque milioni di euro l'anno. Ma soprattutto fu grazie a lui che il 17 dicembre 2000, Mattia Sorrentino, vigile urbano di Mondragone che per conto dei La Torre riscuoteva le tangenti dagli ambulanti, sarà arrestato con l'accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso. La prima udienza del processo a carico di Sorrentino, nella quale Del Prete avrebbe dovuto comparire come teste principale della pubblica accusa, sarà fissata due anni dopo, il 19 febbraio 2002. Ma il sindacalista anticamorra non potrà mai varcare la soglia di quell'aula di tribunale, ucciso la sera prima da cinque colpi di pistola nella sede del "suo" S.N.A.A. Il libro racconta anche la storia di quel processo che, nonostante le difficoltà e le ritrattazioni dei commercianti in seguito all'omicidio del teste chiave, arriverà a sentenza con una condanna a 13 anni di reclusione per il poliziotto infedele. Ed è anche la storia dei funerali di Del Prete, disertati da tutti, Istituzioni, colleghi, persino dagli ambulanti per difendere i diritti dei quali il sindacalista perse la vita. A Del Prete, al quale lo Stato non seppe garantire in vita adeguata protezione, resterà solo l'onore delle armi, testimoniato da una medaglia d'Oro al Valore Civile, la cui intestazione recita così: «Per aver combattuto come sindacalista battaglie di legalità ed aver collaborato con le Forze dell’ordine, è stato barbaramente ucciso da esponenti della camorra.»
Gli ultimi capitoli del libro sono infine dedicati alle indagini e al processo sull'assassinio, che si concluse nel 2009, quando il pentito Antonio Corvino, reo confesso del delitto che agì su mandato dei boss Vincenzo Schiavone e Vincenzo Misso, fu condannato a quattordici anni di reclusione.
Ad arricchire il racconto, la prefazione del giudice Raffaele Cantone, all'epoca tra i più brillanti magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli (pubblico ministero al processo Sorrentino), e una testimonianza di Gennaro Del Prete, figlio di Federico. Menzione speciale della Giuria alla IX edizione del Premio giornalistico intitolato alla memoria di Giancarlo Siani, il volume colpisce anche per l'onesta denuncia dell'autore che, da ex sindacalista della Polizia di Stato, non tace un'accurata seppur dolorosa disamina dei frequenti rapporti di compromissione e contiguità tra pezzi dello Stato, e criminalità organizzata.
Paolo Miggiano, laureato in scienze dell'investigazione, è giornalista pubblicista. Per trentaquattro anni elicotterista della Polizia di Stato. E' coordinatore delle attività della Fondazione Pol.i.s. per le vittime innocenti della criminalità e i beni confiscati alle mafie e membro della Direzione Nazionale di Cittadinanzattiva – Tribunale per i diritti del malato.
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