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Novembre-Dicembre/2013 - Interviste
Economia
Legge di stabilità: analisi e critiche del Segretario Silp Daniele Tissone
di Lorenzo Baldarelli

«Avere meno personale a disposizione significa incidere
notevolmente sulla sicurezza dei cittadini.
Come per la sanità e l’istruzione, è necessario investire
e non tagliare, anche per interrompere questa spirale
negativa che dall’inizio della crisi
non fa che colpire le fasce più deboli»

Venerdì 27 dicembre il pacchetto di provvedimenti economici per il 2014 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale; la legge di stabilità, la n. 147 del 2013 intitolata “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” entra in vigore il 1 gennaio 2014.
La legge di stabilità prevede un aumento fiscale di 2,1 miliardi nel 2014, 600 milioni nel 2015 e 1,9 miliardi nel 2016. E vale 14,7 miliardi (nel 2014). Nelle settimane precedenti il voto, tutti i sindacati hanno però fatto piovere sull’esecutivo una miriade di critiche, denunciando la mancata riorganizzazione dei fondi derivati dall’Imu e dalla nuova imposta, la Iuc. Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, da un vertice europeo, cerca di tranquillizzare tutti: «Nelle prossime settimane ci sarà un provvedimento sui capitali illegalmente esportati». Dopo la carota però arriva il bastone: «In questa fase», dice il premier, «ci vuole la prudenza del buon padre di famiglia, lo dico a chi in Italia preferirebbe in questa fase che ci fosse un Babbo Natale, invece servono scelte equilibrate», il famoso equilibrio democristiano.

Ma nel concreto quali sono gli aspetti della legge di stabilità nella vita reale, per quanto riguarda la “sicurezza” abbiamo rigirato la domanda al nuovo segretario nazionale del Silp-Cgil, Daniele Tissone.
Sono due gli aspetti che incidono direttamente sulla sicurezza dei cittadini; per cominciare in questa legge di stabilità c’è un taglio del 55% del turn-over, ovvero un taglio delle assunzioni di più della metà. Ciò significa abbassare ulteriormente la presenza delle forze dell'ordine sul territorio. Il secondo aspetto riguarda un ulteriore taglio del monte ore straordinari. Avere meno personale a disposizione significa incidere notevolmente sulla sicurezza dei cittadini. Se ad esempio il taglio del turn-over non ci fosse stato, a mala pena saremmo riusciti a pareggiare il numero conte degli operatori che ogni anno vanno in pensione, oggi in Italia siamo passati da 110 mila a sole 95 mila unità.

Riesce a fare una stima grossolana di dove effettivamente questi tagli verranno effettuati all’interno delle forze di polizia?
Con il turn-over, anche se al 55%, le neo assunzioni riguardano persone giovani, dai 25 ai 30 anni, una media molto più bassa di quella dei poliziotti in servizio. Questi giovani andranno a coprire le esigenze del controllo del territorio, volanti e pattuglie. È evidente quindi che il taglio del turn-over inciderà maggiormente proprio sulla sicurezza del cittadino. Comunque il discorso è più ampio; l’età degli operatori delle forze dell’ordine ormai ha raggiunto l’età media di circa 45 anni e che, a fronte, di un mancato intervento sui concorsi, tenderà sempre più ad aumentare. Il blocco delle assunzioni dalla vita civile che perdura ormai da 16 anni non permetterà, infatti, un riequilibrio nel tempo dell'età anagrafica del personale di polizia. Lo scarso numero di nuovi agenti provenienti dalle Forze Armate la cui età media è comunque di 23/26 anni anagrafici e superiore a quella di chi proviene da un concorso pubblico dalla vita civile non consentirà un graduale quanto necessario ricambio generazionale tenuto conto che su 95.000 operatori gli agenti con meno di 30 anni di età sono a malapena solo qualche migliaio.
Diminuisce, inoltre, il conto della pubblica amministrazione con un calo degli occupati anche nel comparto sicurezza, - 4000 unità nel triennio precedente con una riduzione, ad oggi, pari a circa -4% in linea con i dati dei dipendenti pubblici. Tutto questo, già di per sé, non giustificherebbe un ulteriore blocco considerati i risparmi venutisi a creare nel recente periodo.
C’è poi un aspetto che per noi del Silp è tutt’altro che marginale: la percentuale di donne in polizia è da 16 anni ridotta appena ad un misero 12%. Ciò dipende dalla mancata assunzione per concorso pubblico. Se continuiamo ad assumere ex militari le cose non potranno che peggiorare.

Se la Commissione Europea ha già fatto sapere all’Italia che la legge di stabilità, così com’è, non ridurrà il rapporto tra debito e Pil, come era immaginabile che la mobilitazione di tutte le forze sindacali potesse convincere il governo a non effettuare tagli orizzontali alla sicurezza?
Il governo avrebbe potuto operare una razionalizzazione di quelle che sono le forze in campo. Avrebbe potuto utilizzare meglio le risorse a disposizione. Un esempio eclatante riguarda proprio il rifinanziamento con 40 milioni di euro del progetto “strade sicure”, una inefficace operazione di facciata che, anziché potenziare i presidi ordinari esistenti, agendo così in maniera strutturale sul versante del controllo reale del territorio, impiega risorse in un'attività straordinaria che ha più a che vedere con la sicurezza percepita avendo carattere eminentemente simbolico.
Aggiungo che si potrebbero e dovrebbero ridurre gli sprechi anche attraverso l’unificazione delle Forze di Polizia. Questo è un discorso che le forze politiche di questo Paese devono finalmente recepire se vogliono, sul serio, diminuire la spesa e dare maggiore sicurezza ai cittadini.
Ormai qui si cerca di fare cassa solo sulle retribuzioni degli operatori di polizia che invece richiedono il riconoscimento delle loro specificità. Per il quarto anno, sotto la voce “razionalizzazione della spesa”, con l'attuale testo, anche per il 2014, siamo in presenza di un ulteriore blocco dei contratti. L’ultimo contratto risale, infatti, al 2009. Il blocco degli automatismi, inoltre, comporterà una gravissima sperequazione tra il personale, andando peraltro ad incidere sul tetto salariale e, come se non bastasse, si interviene sulla vacanza contrattuale anche nel periodo che va dal 2015 al 2017.
In pratica, il personale del comparto sicurezza che, a causa del blocco in questione si trova già ad avere diminuito il proprio potere d’acquisto di circa 120 euro al mese durante il triennio precedente, oltre agli effetti previdenziali futuri che non ne incrementeranno, a causa dei mancati aumenti contrattuali, la futura pensione, si troverà a far fronte a situazioni rispetto alle quali, due dipendenti con la stessa anzianità, potranno trovarsi differenze stipendiali per le quali, uno di essi, andrà a percepire fino ad oltre 100 euro in meno rispetto al suo collega, tutto ciò oltre ai mancati benefici di cui sopra.
Anche la deindicizzazione delle pensioni come le nuove regole di liquidazione della buonuscita dei dipendenti pubblici non fanno che scoraggiare, ulteriormente, chi, in questo anni, sopporta già il peso di un'attività soggetta a stress e sacrifici spesso acuito anche dalla ritardata corresponsione degli emolumenti spettanti in caso di missioni in territorio nazionale e all'estero. È il caso delle somme derivanti dall'operazione denominata “Emergenza Nord Africa” i cui compensi sono stati riconosciuti a distanza di un anno dagli eventi.

Queste vostre proposte non sono state ascoltate dal governo delle larghe intese?
Il governo Letta da quando si è insediato ha sempre espresso grande gratitudine alle Forze dell’Ordine; noi però abbiamo sempre ribadito che aspettiamo i fatti poiché gli annunci sono stati molti. E i fatti ci dicono che nella legge di stabilità manca l’avvio della previdenza complementare, con la creazione di uno specifico fondo di comparto. Se non si interverrà al più presto, colmando i già notevoli ritardi, creeremo, ai più giovani, un danno considerevole e non accettabile, per questo ad Agosto la nostra organizzazione sindacale ha chiesto al ministro D'Alia l'immediato avvio della previdenza complementare a cui faremo seguire altre iniziative in tal senso finalizzate al conseguimento di un simile importante obiettivo.
Credo che l'errore grave che si sia consumato con il varo di questo disegno di legge sia, per l'appunto, aver mancato una ulteriore occasione con la quale si poteva invertire la passata tendenza dei precedenti governi che, attraverso i tagli, vedevano i temi della sicurezza, pressoché solo in termini di costi e, non, in termini di opportunità in un Paese che ha sicuramente bisogno di investire in sicurezza e giustizia perché “non c'è sviluppo senza sicurezza”.
Di questo credo vi sia da parlare, sicurezza e legalità sono due prerequisiti fondamentali in grado di garantire la vivibilità delle nostre città e l'affermarsi di un ordinato modello di sviluppo territoriale. Sicuramente solo attraverso una seria politica che incrementi le risorse destinate alla sicurezza in un'ottica di razionalizzazione delle stesse finalizzata al conseguimento di obiettivi importanti si riuscirà, in futuro, a garantire risultati che oggi si conseguono a stento e spesso grazie al sacrificio e all'impegno di donne e uomini in divisa ai quali andrebbe riconosciuta la giusta specificità; visto il lavoro a cui sono deputati e i rischi a cui vanno, quotidianamente, incontro.
Il testo del disegno di legge dell'attuale legge di stabilità costituisce, certamente un'occasione mancata da parte del governo, utile a modificare, invertendola, la pericolosa continuità del passato e dei passati governi fatta, quasi esclusivamente, di tagli ad un settore, deputato alla sicurezza del paese, nevralgico e importante.
Alle nostre critiche ci è stato replicato che il turn-over è stato tagliato solo della metà e che gli straordinari sono stati toccati poco, insomma siamo stati fortunati. Una magra consolazione che non ci soddisfa per niente.
Ma non si può continuare a pensare che diminuendo i fondi alla Polizia, riducendo gli uomini, i loro stipendi e bloccandone gli automatismi, si possa garantire maggiore sicurezza o sviluppo. Noi siamo consapevoli che su questo versante, come per la sanità e l’istruzione, è necessario investire e non tagliare, anche per interrompere questa spirale negativa che dall’inizio della crisi non fa che colpire le fasce più deboli. I giovani, le donne e gli anziani non si potranno più permettere una sicurezza da Paese “civile”.

FOTO: Daniele Tissone

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