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Novembre-Dicembre/2013 - Articoli e Inchieste
Società
Paese che vai, stereotipo che trovi
di Paola Rodorigo

Se in Italia abbondano circa abitudini
e caratteristiche degli stranieri, all’estero
non sono da meno nei nostri confronti.
Ecco qualche esempio

Repetita iuvant, sì. Ma solo talvolta. Se a ripetersi infatti è il pregiudizio, meglio tenersi alla larga. E’ il caso dei luoghi comuni sugli italiani: frutto, spesso, di immaginari distorti. E’ pur vero, certo, che ricalcano caratteri, abitudini o modi del Bel Paese ma anche che si tingono d’esagerazioni, se non addirittura d’esotismi. ‘O paese du sole o paese du mare’ dove taluni pensano si trascorra la giornata tra pizze, calcio e mandolini. Niente scherzi. E’ proprio così. Un po’ come quando si immagina il Brasile tutto carnevale, favelas e bambini che giocano a pallone. Internet, tv, globalizzazione e parabole hanno potuto ancora poco contro lo stereotipo. Gli italiani, agli occhi del mondo, restano piccoli, furbi, mafiosi, facilmente irritabili, mammoni, sempre in ritardo agli appuntamenti, pigri, rumorosi, col telefono perennemente in mano, in difficoltà se devono parlare lingue straniere, formidabili nel gesticolare ma anche fantasiosi, creativi, amanti delle donne, delle automobili e del buon cibo, capaci di godersi la vita, romantici ed emotivi. Un quadretto completo, se non fosse che il luogo comune, per sua stessa natura, fa di ogni erba un fascio. E a leggerne di stereotipi, sulla stampa estera come su internet, c’è da ridere ma anche da riflettere. Questo, l’invito lanciato in rete da un blogger italiano che vive all’estero: “L’esemplare italico in Inghilterra è connotato come chiassoso, espansivo, passionale e dotato di un terribile accento che non vuole saperne di addolcirsi”. Tempo addietro, sono circolati sulla TV tedesca degli spot di un’importante catena di elettrodomestici con protagonista un italiano. Si parlava di un uomo, Toni, scuro di capelli, coi baffi, vestito casual, maglietta della nazionale e giubbetto azzurro. Al collo l’immancabile catena d’oro e sul viso, inforcati, degli improbabili Ray-ban. Ma fin qui, nulla di male. I 4 spot che lo ospitavano raccontavano di un italiano maschilista, truffaldino, donnaiolo e corrotto. Uno spot che creò stupore in Italia e un certo sdegno, tanto più che risultava poco chiara la necessità di affidare la pubblicità a uno stereotipo tanto abusato. Più divertenti, senza dubbio, i luoghi comuni che s’insinuano nelle barzellette. Boutades che all’estero fanno morire dalle risate e qui fanno giusto sorridere. “Come si fa a zittire un italiano?” – capita di sentir chiedere in Svizzera – “Gli si legano le braccia dietro la schiena!”. E giù risate. Come anche “Perché gli italiani sono tutti bassi? Perché da bambini la mamma gli ha detto: quando sarai grande andrai a lavorare!”. E se in patria ci sentiamo uno dei popoli più furbi al mondo, l’ironia d’oltralpe non ci dà merito: “Da cosa si riconosce un italiano a un combattimento di galli? E’ il solo che scommette sull’anatra”. E così via. Giusto l’arte della seduzione a salvarci in una massima spiritosa come questa: “Il paradiso europeo: i poliziotti sono inglesi, i meccanici tedeschi, i cuochi francesi, gli amanti italiani e tutto è organizzato dagli svizzeri. L’Inferno europeo: i poliziotti tedeschi, i meccanici francesi, i cuochi inglesi, gli amanti svizzeri”. Ma a dirla tutta, sembra che all’estero ci riconoscano anche a distanza. “Per capire se uno è italiano – confessa una turista inglese – basta prestare attenzione a come si muovono, incuranti, sul marciapiede, di chi gli passi accanto. Si fermano per scattare una foto senza guardare se dietro ci sono persone in coda. Al supermercato provano a superare la fila e parlano sempre a voce altissima”. Come se non bastasse “girano con cinture il cui marchio è più grande della stessa cinta o magliette striminzite e occhiali grandissimi”. Nemmeno dalla Spagna pareri più concilianti. “Per gli spagnoli gli italiani mangiano sempre pasta e pizza – dice una studentessa a Roma per l’Erasmus – e molti appartengono alla mafia siciliana”. Sul fronte gastronomico, poi, dell’italianità si è fatta un’arte. Un’arte dell’inganno. La cucina nostrana, nota ovunque come semplice, sana e prelibata, finisce per essere gestita da personale straniero che d’ingredienti e ricette tipiche san ben poco. Come in un ristorante italiano – si fa per dire – di Canterbury dove la lasagna era servita con paprika e curry o ad Atlanta dove la pasta coi gamberetti, condita con del ketchup. Quel che in assoluto ci rende particolari agli occhi degli altri è, senza dubbio, l’amore smodato per la mamma. Ritenuta più importante anche della moglie è destinataria d’ironia appena varcato il confine. Per lei – agli occhi degli stranieri – saremmo disposti a fare tutto. Ma anche le mamme sono speciali: attaccatissime ai loro figli, lo sarebbero come in nessun’altra parte al mondo. Insomma, gli italiani non passano inosservati e l’immaginario straniero restituisce un’immagine di noi affatto edificante. Le donne italiane, però, sarebbero il fiore all’occhiello del Paese. Belle ed emancipate, vengono però accusate di essere esibizioniste. Non solo quelle del piccolo schermo ma anche le cosiddette massaie. Tutte accomunate da una passione spregiudicata per abiti stringati e sexy. E sul fronte della sicurezza stradale, siamo tra i più temuti. “Attenzione - si legge su una guida turistica online per inglesi – Attraversare la strada a Roma può essere un pericolo. Gli automobilisti sfrecciano incuranti e i pedoni attraversano senza prestare attenzione al semaforo. Consiglio: seguite un pedone locale. Seppur al cardiopalma, arriverete sani all’altro capo della strada”. Ma in fin dei conti: Paese che vai, stereotipo che trovi. Ah, occhio a non fare i portoghesi sul bus!

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