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Novembre-Dicembre/2013 - Articoli e Inchieste
Immigrazione
35mila sbarchi nel 2013, mai cifre così alte dal 2008
di Francesco Toniarini

Il 2013 non è ancora finito, ma i numeri parlano chiaro. Quest'anno
si è registrato il boom degli sbarchi: fino a metà ottobre, secondo
il Viminale, hanno attraversato il Mediterraneo e sono giunti
sulle nostre coste, 35 mila migranti, di cui 25 mila tratti in salvo
grazie a operazioni di soccorso delle autorità italiane

Le tratte clandestine per via marittima non sono una novità. Dal 1998 al 2013, 623.118 migranti sono arrivati in Europa via mare in maniera irregolare, per un totale di circa 40mila persone l'anno. In tal senso, il 2013 con i suoi 39.420 arrivi non rappresenta che un "anno medio". È tuttavia importante sottolineare come questi numeri siano del tutto trascurabili se comparati col milione e mezzo di immigrati che viene ammesso ogni anno nei Paesi dell'Unione europea.
Secondo l'Alto Commissario per i rifugiati, nel corso degli anni il rischio di morte durante la traversata è aumentato: "Inferiore al 10 per mille fino al 2001, a partire dal 2007 ha superato il 30 per mille (30 morti ogni 1.000 persone che partono), rendendo la rotta marittima verso l'Europa la più pericolosa al mondo. Fra gli altri fattori, tale incremento è stato attribuito a una maggiore sorveglianza nel mare da parte degli Stati membri, sorveglianza che ha provocato una diversificazione delle rotte seguite dai migranti, obbligati a scegliere rotte sempre più lunghe e pericolose".
I migranti irregolari arrivati via mare non provengono dagli stessi Paesi dei migranti regolari: nel periodo 2008-2013 le nazionalità maggiormente coinvolte negli sbarchi sono state quella tunisina (un flusso avvenuto prevalentemente nei primi mesi della rivoluzione del 2011), seguita da quella eritrea, nigeriana, somala, siriana, afghana, ghanese e maliana. A parte alcune rare eccezioni, queste nazionalità non rappresentano né le principali dei richiedenti asilo (Afghanistan, Russia, Iraq, Somalia, Serbia, Pakistan, Iran, Kosovo), né quelle dei migranti regolari nei paesi dell'Unione europea (Turchia, Marocco, Albania, Algeria, Ucraina, Cina, Russia, Ecuador).
Le traversate nel Mediterraneo hanno radici molto lontane: "Nella stragrande maggioranza dei casi i migranti intercettati o morti nel Mediterraneo provengono dall'Africa subsahariana o dall'Asia. Nello specifico, provengono da Paesi sottomessi a regimi repressivi in cui prendere contatto con le ambasciate occidentali (quando presenti) per richiedere asilo politico o visti migratori è estremamente pericoloso. Il Mediterraneo e i suoi morti rilevano perciò fenomeni che hanno radici altrove.
La maggioranza delle vittime della recente tragedia di Lampedusa aveva diritto di richiedere asilo nell'Unione europea, da cui deriva l'irrilevanza nel cercare di attribuire loro un qualsivoglia status di immigrato. Il problema è che queste persone non avevano alcuna possibilità di raggiungere in maniera regolare le coste europee per chiedere protezione internazionale, fatto che spiega il loro ricorso a vie irregolari", spiega l'UNHCR.
Come evitare le stragi? "Esistono molteplici soluzioni per rispondere all'inaccessibilità di strade legali di domanda d'asilo in Europa. La prima soluzione - consigliano i ricercatori - consiste nel definire piani di reinsediamento nei Paesi di primo asilo o di transito che i rifugiati potrebbero raggiungere. L'Unione europea si è impegnata timidamente in questa direzione, ma non vi è dubbio che c'è ancora molto da fare a patto che esista la volontà politica.
Altre soluzioni sono da ricercare nel rilanciare la formula ormai abbandonata delle "procedure di entrata protetta" o dei "visti per l'asilo politico" così come nella possibilità di stabilire dei "programmi di protezione regionale" volti ad aumentare le capacità di asilo dei Paesi terzi.
Mentre quel barcone carico di miseria, speranza e paura affondava lo scorso ottobre a Lampedusa, la Comunità internazionale si riuniva a New York per capire come affrontare l’eterno problema della migrazione. Il 5 ottobre Guy Ryder, il direttore dell’International Labour Organization (Ilo) dell’Onu, ha detto che "la tragedia di Lampedusa è un forte monito alla comunità internazionale che deve agire con urgenza insieme per rendere la migrazione sicura e pienamente rispettosa dei diritti umani. La ricerca di migliori e più sicure condizioni di vita e di posti di lavoro decenti sta assumendo proporzioni sempre più disperate. C’è bisogno di nuovi modi per creare canali di migrazione regolari, in collaborazione con i veri protagonisti del mondo del lavoro. Questo richiederà un cambiamento profondo delle politiche in molti Paesi", aveva detto allora.
Ryder aveva, inoltre, sottolineato "la necessità di un maggior equilibrio tra le politiche di frontiera e quelle migratorie del lavoro, e un enorme sforzo da parte dei governi, delle parti sociali e della società civile per cambiare la percezione pubblica negativa".
Preoccupazione espressa anche dall'UN Office of the High Commissioner for Human Rights (Ohchr), in relazione all’aumento del traffico illegale di migranti e rifugiati nel Mediterraneo, che ha sottolineato l’importanza dell’impegno della comunità internazionale su questo tema.
Il summit di New York, così pesantemente segnato dalla tragedia di Lampedusa, si era aperto con un appello del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, a "prendere delle misure per proteggere i diritti di milioni di migranti in tutto il mondo e a riconoscere i loro contributi ai loro Paesi di origine come a quelli di accoglienza".
Proprio l’Onu ha calcolato che nel mondo esistono ad ora 232 milioni di migranti. Il 2 ottobre la Banca mondiale ha pubblicato le ultime cifre relative all’invio di fondi nei Paesi di origine dei migranti che nei soli Paesi in via di sviluppo nel 2013 dovrebbero raggiungere i 414 miliardi di dollari, il 6,3 % in più del 2012. Una cifra che nel 2016 dovrebbe arrivare a 540 miliardi di dollari, il più potente incentivo alla sviluppo e alla riduzione della povertà e quindi alla crescita della democrazia e dei diritti umani nei Paesi di origine dei migranti.
A Lampedusa, dal primo gennaio ad oggi, sono sbarcati 14.102 immigrati, in Sicilia ne sono giunti 20.862, e in Calabria 3.839. Complessivamente, come detto, sfiorano quota 40mila (39.798) quelli giunti in Italia. Un numero che supera ampiamente i 13.267 dello scorso anno, ma si mantiene inferiore al 2011, l’anno delle primavere arabe, quando ad arrivare sulle coste italiane furono in 62.692. Gli sbarchi complessivi, secondo quanto si apprende da dati del Viminale, sono stati 450 quest’anno. I siriani in fuga dalla guerra sono in testa tra le nazionalità dei migrati arrivati nel 2013 (10.851), seguiti dagli eritrei (9.213), somali (3.254), egiziani (2.618) e nigeriani (2.458).
"I 366 morti di ottobre - ha evidenziato l’ultimo Rapporto di monitoraggio delle Nazioni Unite per la Somalia e l’Eritrea - hanno messo sotto gli occhi dell’opinione pubblica una realtà spesso volutamente ignorata da chi è preposto allo studio e alla ricerca delle soluzioni del fenomeno immigrazione: il dramma eritreo che vede la popolazione del paese trasformata in merce umana anche dal proprio governo".
Ad oltre un mese da quel tragico evento, poi, nuove scioccanti verità sono emerse dalle testimonianze di alcuni sopravvissuti che hanno trovato la forza e il coraggio di denunciare gli organizzatori di quella che in molti definiscono una tratta di clandestini. Gli appartenenti all’organizzazione criminale transnazionale sequestravano intere carovane di migranti, li prelevavano mentre erano intenti ad attraversare il deserto tra il Sudan e la Libia, e li trasportavano in un centro di raccolta situato a Sebha, in Libia. Di questi, il 73%, aveva diritto a protezione.
A delineare la situazione nel Mediterraneo è il vice capo Dipartimento Libertà civili e Immigrazione del Ministero dell’Interno, il prefetto Riccardo Compagnucci, durante un convegno sul tema organizzato dal Consiglio italiano per i rifugiati: 21.027 sono state le fughe dalla Libia, 8.159 dall’Egitto, 1.825 dalla Turchia, 1.650 dalla Grecia e 1.480 dalla Siria. Agli scali marittimi adriatici di Ancona, Bari, Brindisi e Venezia sono arrivati 1.809 stranieri irregolari e più del 90% sono stati rinviati in Grecia.
Anche nel 2013, osserva il Cir, ”i rinvii verso la Grecia continuano a essere estremamente significativi”. Secondo il direttore, Christopher Hein, ”bisogna aprire canali di ingresso legale e protetto in Ue, trovare un meccanismo affinché i profughi e i richiedenti asilo possano fare domanda presso rappresentanze diplomatiche o uffici creati appositamente prima di arrivare in Italia e in Europa”. Una soluzione che quest’anno avrebbe riguardato circa 25 mila migranti.
"Bisogna consentire viaggi legali a chi ha diritto a protezione”, ha insistito il presidente della Commissione Diritti umani, il senatore Luigi Manconi. "Occorre anticipare territorialmente e giuridicamente il momento della tutela facendo in modo che vi sia un’accoglienza umanitaria nei paesi di partenza. Solo così una parte dei richiedenti asilo potrà evitare quel viaggio rischioso di morte nel Mediterraneo. Serve il coinvolgimento integrato di istituzioni, associazioni e ong umanitarie per l’istituzione di presidi integrati sul territorio, con il ruolo decisivo dell’Europa. Questa è una priorità”.
Stesso appello anche da Amnesty International, che di recente ha chiamato in causa il Governo Letta:"Si dia prevalenza al soccorso dei migranti - ha chiesto con forza l'organizzazione per i diritti umani -prima che al controllo delle frontiere”.
E la risposta del presidente del Consiglio non si è fatta attendere: "La tragedia di Lampedusa ha commosso il mondo - ha detto a Novembre da Malta - e si sarebbe potuta ripetere se non fosse stato per l'impegno dei militari impegnati nell'operazione sull'immigrazione Mare Nostrum. Il Mediterraneo non può e non deve più essere un mare di morte, bensì foriero di vita, di sviluppo e di scambi. Occorre una nuova politica europea verso l'Africa e il Medioriente, perché quella utilizzata negli ultimi vent'anni ha fallito".

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