Il Senato approva la manovra finanziaria e destina al comparto
cento milioni in più rispetto al disegno di legge.
Daniele Tissone (Silp-Cgil): «Solo un granello di sabbia
rispetto alle esigenze». Nicola Tanzi (Sap): «Non ci sono
i soldi per i mezzi, l’addestramento e l’intelligence»
Meno personale, meno stipendi e meno strumenti. In sintesi, meno fondi. Così si possono riassumere gli effetti che la legge di stabilità 2014, approvata dal Parlamento lo scorso 23 dicembre con 167 voti favorevoli e 110 contrari, avrà sull’intero comparto sicurezza.
Questo perché l’emendamento presentato dal Governo, inserito in extremis nella Finanziaria, vede assegnare solo cento milioni di euro in più rispetto a quanto previsto dalla bozza iniziale della manovra. Un importo decisamente esiguo destinato alle forze di polizia a ordinamento civile e militare. Dunque, i fondi in arrivo per il prossimo biennio risultano insufficienti per tamponare l’emorragia economica che da anni sta dissanguando quella parte dell’amministrazione dello Stato a cui è stato affidato il difficile compito di tutelare la sicurezza del Paese. E così si profila un anno difficile per le migliaia di uomini e donne delle forze dell’ordine. A conferma di questo basta dare uno sguardo al testo della legge per farsi subito un’idea della situazione: in pratica, dal 2010 a oggi, le risorse stanziate hanno subìto una riduzione poco al di sopra dei 3,5 miliardi, a fronte di un notevole aumento del carico di lavoro. Per fare un esempio concreto sono più di due mila e cinquecento i poliziotti attualmente impegnati nel controllo della rete internet e nella lotta al contrasto dei reati informatici e della pedofilia on line.
Numeri allarmanti che in questi mesi hanno fatto scendere in piazza tutte le sigle sindacali di categoria nel tentativo di convincere il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, a mettere mano alla norma. Proteste a cui è seguita una prima risposta da parte Governo con l’implementazione del fondo per l'efficienza dei servizi istituzionali. Una misura – quella decisa da palazzo Chigi – che però lascia l’amaro in bocca ai rappresentanti della categoria. Per il segretario generale del Silp-Cgil, Daniele Tissone: «L'emendamento presentato nella legge di stabilità, che destina cento milioni al fondo per l'efficienza dei servizi istituzionali per le forze di polizia è paragonabile a un granello di sabbia rispetto alle esigenze dell'intero comparto. Prendiamo atto di questo stanziamento – afferma il segretario del Silp – nella consapevolezza che sono ben altre le esigenze degli operatori della sicurezza a cominciare dalla necessità di sbloccare il contratto e gli automatismi stipendiali, dare alle donne e agli uomini in divisa una riforma organica delle carriere e avviando, nel contempo, la previdenza complementare». Insomma, anche l’esecutivo guidato da Enrico Letta sembra aver intrapreso la stessa strada già battuta dai precedenti governi, optando per una più comoda politica dei tagli a discapito di un più lungimirante investimento a tutela del bene comune. Una ricetta che rischia di mettere le forze dell’ordine nella condizione di non operare in maniera efficace e, di conseguenza, di non poter più garantire un livello di sicurezza adeguata per la collettività.
Fin dall’inizio i sindacati si sono schierati contro questa manovra ritenendola lesiva della professionalità degli operatori di polizia. Un malcontento a cui ha dato voce il Capo della Polizia, Alessandro Pansa, in occasione della XV assemblea nazionale dell’ Anfp (Associazione Nazionale Funzionari di Polizia) ammettendo il difficile momento dell’amministrazione da lui diretta: «Tutti mi chiedono di aumentare il livello di sicurezza sul territorio, ma con 15mila poliziotti, 15mila carabinieri e migliaia di finanzieri in meno non possiamo offrire lo stesso grado di sicurezza di qualche anno fa. Voglio essere chiaro con tutti: oggi – conclude Pansa – non siamo in grado di accrescere la sicurezza in nessuna parte del territorio». Un discorso, quello del Capo della Polizia, accolto con entusiasmo dal mondo sindacale. Parole condivise anche dal Segretario del Sap, Nicola Tanzi, che rilancia denunciando una disparità di trattamento con i “cugini” della Difesa: «Il Prefetto Pansa è stato esemplare quando ha detto che i professionisti della sicurezza portano la divisa della Polizia di Stato ricordando, allo stesso tempo, che l’unico legittimato a usare la forza è chi svolge servizi di sicurezza. Spostando questo asse verso i militari creiamo scompensi rispetto ai principi costituzionali. Se le cose stanno così – afferma Tanzi – non si capisce per quale motivo si assegnano risorse per il funzionamento del cosiddetto “strumento militare” e non si trova un euro per noi.
Per quel che riguarda la sicurezza e le forze di polizia oggi mancano le risorse per tutto. I fondi previsti dalla legge di stabilità, compresi i cento milioni di euro in più - ricorda Tanzi - verranno utilizzati per pagare l'operatività e le attività di servizio. Invece, per quanto riguarda l’intelligence, l’addestramento, l’aggiornamento, i mezzi, le strutture, non c’è copertura. In molti casi ci sono gli agenti, ma non ci sono i mezzi. Quindi abbiamo uffici di polizia presso i tribunali che non sono in grado di svolgere il lavoro richiesto dai magistrati. Stesso discorso vale per le pattuglie – conclude il segretario del Sap – che per uscire devono aspettare il rientro della volante di turno».
Parole pesanti come macigni quelle pronunciate dal prefetto Pansa e dal segretario Tanzi. Dichiarazioni rese ancora più penetranti dal report presentato dal Segretario dell’Anfp, Enzo Letizia, sull’andamento della criminalità nei primi otto mesi del 2013. L’alto funzionario mette in relazione l’aumento dei reati come omicidi volontari, violenze sessuali, furti e rapine, con il taglio delle risorse al comparto sicurezza. Numeri non confermati da quelli del ministero dell’Interno – ancora top secret – ma che a leggerli fanno comunque una certa impressione. Secondo le cifre fornite da Letizia ad aumentare in Italia sono soprattutto i reati predatori. Scendendo nel dettaglio a guidare la classifica delle grandi città, il record negativo lo segna Firenze con un aumento dei delitti, da gennaio a ottobre di quest’anno, del 9,2 per cento rispetto allo stesso periodo del 2012. A ruota seguono Palermo, con una crescita del 5,8 per cento, Trieste con il 4,7 per cento, Venezia con il 3,5 per cento, Roma con il 3,2 per cento e Bari con il 2,2 per cento. E poi ancora: a Cagliari da gennaio ad agosto sono aumentati del 28 per cento i furti in abitazione, a Napoli le violenze sessuali e rapine crescono rispettivamente dell'11,4 e del 18,6 per cento, mentre Milano registra un aumento del 96 per cento di rapine in banca.
Ma per avere una percezione più concreta del fenomeno basta passare dai calcoli percentuali alle storie quotidiane. Come quella denunciata da Fausto Fanelli, sindacalista del Coisp, che da anni si batte per il rinnovo dell’ormai obsoleto parco auto della sezione volanti della questura di Padova. Il fatto, raccontato dal Mattino di Padova e risalente a marzo scorso, ha dell’incredibile: per alcune settimane la maggior parte degli agenti assegnati al controllo del territorio è stata impiegata in altri servizi perché su dieci “pantere” ufficialmente a disposizione cinque erano in riparazione e due risultavano in avaria. Un disservizio che ha ridotto del 70 per cento la sicurezza in quell’area. Una storia analoga è stata vissuta dai poliziotti in forza alla questura di Milano. Questa volta a denunciare le carenze ci ha pensato il Siulp. Per mesi i poliziotti in servizio hanno fatto i conti con apparati radio malfunzionanti e il dimezzamento delle volanti, tutto a pochi giorni di distanza dalle dichiarazioni del prefetto Pansa sulle «difficoltà insorte a seguito della riduzione degli organici e dei tagli lineari attuati negli ultimi anni».
Un’altra brutta storia arriva dal commissariato di Chioggia, dove la mancanza di mezzi ha messo gli agenti in serie difficoltà. Qui, la carenza di volanti ha costretto gli agenti a dover usare l’auto privata durante il servizio, mettendo a rischio la propria incolumità. A denunciare il fatto sulle pagine della Nuova Venezia è stato Mauro Armelao, segretario regionale del sindacato Ugl Polizia di Stato: «I poliziotti continuano a garantire la sicurezza con coscienza e senso di responsabilità – afferma il sindacalista – rischiando in prima persona la propria incolumità e quella dei cittadini. Però alla loro incolumità non ci pensa nessuno».
E proprio in queste storie risiede la forza delle accuse dei sindacati. Fatti concreti che però hanno influito poco sull’approvazione di questa legge di stabilità. Per questo motivo le sigle sindacali Siulp, Ugl-Polizia e Consap-Adp gridano al tradimento ed esprimono tutta la loro rabbia e amarezza: «A fronte degli straordinari non pagati da oltre un anno, delle missioni e dell’indennità di ordine pubblico, dell’ennesimo blocco contrattuale e del tetto salariale e delle rassicurazioni che nella manovra economica sarebbero stati inseriti i fondi per pagare il lavoro pregresso, il Governo continua a tagliare i fondi per la sicurezza. Fatto ancora più grave se aggiungiamo a tutto questo la carenza di giubbotti antiproiettile, della benzina per le autovetture e della mancata implementazione di mezzi e strumenti idonei per continuare la lotta alla criminalità. Questa situazione non più tollerabile». A unirsi al coro delle voci contrarie ci sono anche la Uil- Polizia e la Cisl, che si dichiarano preoccupate dalla linea di tagli adottata dal Governo: «In questi mesi abbiamo rivendicato la possibilità di rinnovare il contratto, la revoca del tetto retributivo e dei blocchi relativi agli effetti economici degli avanzamenti di carriera, infine la realizzazione della previdenza complementare del Comparto. Purtroppo non è arrivato nulla di tutto questo». Il Siap, invece, denuncia una scarsa considerazione da parte di Palazzo Chigi nei confronti delle varie sigle sindacali e dei lavoratori rappresentati: «Questo Governo non ha ottemperato alla norma che prevede la convocazione presso la presidenza del Consiglio dei Ministri dei sindacati del comparto sicurezza in rappresentanza del personale, per la consultazione con le parti sociali prima della predisposizione dei provvedimenti di natura finanziaria. Ancora una volta – continua – siamo di fronte a un atteggiamento, nei confronti dei produttori di sicurezza del nostro Paese, che non rende giustizia al lavoro ed al sacrificio degli uomini e delle donne in uniforme. Dunque – conclude il Siap – siamo costretti a denunciare nuovamente come l’esecutivo, in occasione dei lavori per la legge di stabilità, abbia di fatto compresso il dialogo con i sindacati della polizia».
Per il segretario generale del Silp-Cgil, Daniele Tissone, è arrivato il momento di cambiare strategia: «È giunto il momento di dire ai cittadini che il modello di sicurezza di questo paese, incentrato su due o più polizie a competenza generale, non è più possibile. Bisogna iniziare a unificare le sale operative di Polizia e Carabinieri per evitare doppioni sul territorio».
In Italia ci sono cinque forze di polizia di carattere nazionale a presidio il territorio, con altrettante sale operative. Accorpare quest’ultime, oltre a essere un passo in avanti verso l’istituzione di un solo corpo di polizia, vorrebbe dire ridurre in maniera significativa gli sprechi facendo allo stesso tempo risparmiare agli italiani parecchi quattrini. In Europa c’è chi ha già sperimentato, con successo, questo tipo di modello di sicurezza. In Paesi come la Spagna, dove è stato creato un organo di pubblica sicurezza indipendente a capo di Polizia e Guardia Civil, o come la Francia, dove Polizia e Gendarmeria hanno una sola guida e sono entrambe alle dipendenze del ministero dell’Interno, i risultati sono incoraggianti. In tempo di crisi lo sblocco della riforma sulla sicurezza, rimasta insabbiata per troppo tempo nelle stanze del Parlamento, potrebbe ridare un po’ di ossigeno a tutto il comparto sicurezza. Guardando i fatti, però, ad oggi le parole del Capo della Polizia, le battaglie dei sindacati, le manifestazioni dei lavoratori e il grido d’allarme proveniente dalle questure di tutta Italia non sono serviti a fermare la scure della spending review finita, prevedibilmente, tra il capo e il collo delle forze dell’ordine. Tagli arrivati nonostante una chiara e palese necessità di investire sulla sicurezza per non penalizzare ancora di più un comparto già vessato da anni con continui ridimensionamenti. Ormai è pacifico che le misure adottate dal Governo non sono sufficienti a rimettere il comparto sicurezza in condizione di operare con la massima capacità d’intervento e con più uomini destinati al controllo del territorio. Questo duro colpo costringerà tutti gli operatori di polizia a razionalizzare e ottimizzare le risorse, per continuare a garantire quella sicurezza che il Parlamento, con l’approvazione di questa legge di stabilità, ha deciso di non tutelare.
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