Il 2 febbraio del 1958 con la legge n. 75 veniva disposta la chiusura delle case di prostituzione, proposta dalla senatrice Merlin. Se prima era tollerato l’esercizio sotto il controllo delle autorità di pubblica sicurezza e sanitarie, con la nuova legge venivano abolite le precedenti norme con le quali le prostitute venivano assoggettate ad una serie di misure della libertà e della dignità umana con visite sanitarie obbligatorie periodiche, ispezioni, obbligo di tenuta del libretto sanitario.
La legge tende a porre freno al fenomeno della prostituzione prevedendo gravi pene per tutte le forme di favoreggiamento e di sfruttamento a rapporti sessuali a scopo di lucro.
Nell’antichità vi era la prostituzione esercitata da professioniste.
In Grecia vi erano postriboli pubblici, cioè controllati dallo Stato e privati. I tenutari erano per lo più persone che acquistavano schiave da prostituire come pura forma di investimento, vi erano poi libere prostitute, alcune divenute famose per la loro bellezza e celebrate da poeti e artisti.
A Roma le prostitute non potevamo indossare alcuni indumenti riservati alle matrone e inoltre pagavano una tassa allo Stato. Nel Medioevo e nei secoli successivi le prostitute furono ridotte ai margini della società.
L’azione repressiva delle autorità andò sempre aumentando con il diffondersi di malattie veneree, specie la sifilide, che presto si rivelò una terribile malattia sociale.
La pratica della prostituzione viene generalmente riferita alle donne ma non è da escludere la prostituzione maschile.
La prostituzione si riscontra in ogni tempo e in ogni luogo risalendo all’umanità arcaica ed è stata chiamata “la più antica professione del mondo”.
Esiste la cosiddetta “tratta delle bianche, praticata da vere e proprie organizzazioni che ingaggiano ragazze per inviarle in Paesi lontani dal luogo d’origine. Da indagini compiute nei Paesi occidentali risulta che la maggior parte di prostitute è costituito da donne datesi alla vita per procurarsi i mezzi di sussistenza, seguono quelle cadute per caso, attratte da lusinghevoli conoscenze sulla vita delle prostitute, e quelle entrate nel mestiere perché socialmente disadattate, cioè incapaci. Quando una donna si da alla prostituzione, accetta quasi sempre in piena consapevolezza, una serie di rischi, quindi le infezioni veneree, complicazioni ginecologiche, droghe, alcolismo, brutalità e sfruttamento, l’inevitabile contatto con la malavita, la perdita dell’onorabilità sociale.
Accanto alla prostituzione aperta vi è una prostituzione clandestina che ha in genere aspetti meno degradanti.
Rientrano in questo particolare tipo di prostituzione le prestazioni occasionali da parte di donne che di solito svolgono un loro normale lavoro mantenendo una condotta regolare.
Gli appuntamenti sono procurati da apposite inserzioni che offrono a un limitato numero di clienti prestazioni di donne per le quali la stampa ha creato l’espressione “ragazze squillo”.
Tutto sotto l’incubo dell’Aids, sempre in agguato, che può distruggere la vita.
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