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Settembre - Ottobre/2013 - Articoli e Inchieste
Nativi
Le origini di una storia: i Code Talkers
di Claudio Ianniello

Le origini di una storia: i Code Talkers

Prima dei Navajo, già gli indiani Choctaw vennero impiegati nella Prima guerra mondiale come parlatori in codice. Adolf Hitler, avendo saputo dell’utilizzo nel primo conflitto mondiale dei Code Talkers, spedì in America un team di esperti per studiare la lingua dei nativi, prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale. Ma fu impossibile comprendere le centinaia di diversi dialetti e lingue degli indiani. Inoltre, anche a causa del piano nazista, l'Esercito americano non inviò molti Code Talkers sul fronte europeo della guerra. Diversa la situazione sul fronte del Pacifico, dove l’Intelligence giapponese riusciva in breve a decriptare quasi tutti i codici segreti, e dove le comuni macchine per inviare e ricevere messaggi cifrati apparivano troppo lente, impiegando ore per criptare e decriptare frasi. Era necessaria un’altra soluzione. Questa arrivò da Philip Johnston.
Philip Johnston era un ragazzo cresciuto nella riserva Navajo, perché figlio di un missionario. Quindi imparò, cosa rara oggi e rarissima all’epoca per un non Navajo, a parlare la lingua dei Dinè. Essendo un veterano della Prima guerra mondiale, ebbe l’idea di proporre ai Marines degli Stati Uniti di usare la lingua Navajo, come codice. L’idea venne accettata perché la lingua Navajo possiede una grammatica molto complessa, diversa anche dagli altri idiomi della famiglia Na-Dené, senza contare che è sempre stata solo una lingua orale. Vennero reclutati inizialmente solo 29 Navajo, tra i pochissimi, in grado di parlare anche un perfetto inglese.
Il primo gruppo di Navajo ideò il codice originale, poi ampliato e modificato durante la guerra. I Code Talkers dovevano memorizzare tutte le parole, non scrivere mai il codice, il loro programma era segretissimo e ad ogni Navajo venne affiancato un marine che aveva il compito di proteggere non solo lui, ma il codice, con l'ordine di uccidere il nativo prima che eventualmente cadesse prigioniero. Per capirne l’importanza si pensi alle parole del maggiore Howard Connor. L’ufficiale durante la battaglia di Iwo Jima aveva sei Code Talkers Navajo al suo comando, questi inviarono e ricevettero 800 messaggi, tutti senza errori. Connor affermò: "Se non fosse stato per i Navajo, i Marines non avrebbero mai conquistato Iwo Jima”.
I Code Talker non ricevettero riconoscimenti fino alla declassificazione del segreto militare, nel 1968. Dai 29 Navajo che all'inizio prestavano servizio nel corpo dei Marines si arrivò, alla fine del conflitto, a 420 uomini in tutto, che contribuirono decisamente a cambiare le sorti del conflitto nel Pacifico. Nel 1982, il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan riconobbe ufficialmente il valore e l’importanza dei Code Talkers, e il 21 dicembre del 2000, il Congresso degli Stati Uniti ed il presidente Bill Clinton premiarono con la Congressional Gold Medal i primi 29 Code Talker Navajo. Nel luglio del 2001, il presidente George W. Bush consegnò la Medaglia a cinque Code Talkers sopravvissuti fino a quell’estate.
Anche se il ruolo dei Navajo nella Seconda guerra mondiale rimase un segreto solo fino al 1968, in realtà essi non parlarono della loro attività in guerra molto più a lungo, avendo ritrosia a farlo anche in famiglia.

FOTO: King Paul Mike

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