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Luglio - Agosto/2013 - SOLO ON LINE SU POLIZIA E DEMOCRAZIA
Gli ebrei di Roma
di Paola Rodorigo



La comunità ebraica romana è la più antica dell’intero mondo occidentale. Essa è ininterrottamente e attivamente presente in Roma, da oltre duemila anni.
Nonostante, nel corso dei secoli abbia subito periodi di tolleranza o di persecuzione, i suoi appartenenti hanno mantenute intatte la loro fede, formando un considerevole contributo alla vita culturale, sociale ed economica della città.
La storia della comunità ebraica di Roma è unita alla storia della nazione giudaica.
Ebrei dal greco “hebrafoi”: gente al di là del fiume, cioè venuta da oltre l’Eufrate o da oltre il Giordano, in Palestina, erano i discendenti di Abramo e di Giacobbe, detto Israele, chiamati perciò anche Israeliti.
L’inizio della storia ebraica si confonde con la storia del mondo e si può considerare leggenda.
Mentre in Egitto si formava il primo impero ad un altro ne nasceva nella Caldea, nell’Assiria sotto il governo di Nemrod, un patriarca della linea diretta di Noè. Abramo andava a stabilirsi prima a Harfan, poi nella Siria meridionale, nei dintorni di Ebron.
Da lui e da Giacobbe, suo nipote trasse origine il popolo ebraico, diviso in dodici tribù, quanti cioè erano i figli di Giacobbe.
Chiamati in Egitto da Giuseppe, penultimo dei dodici figli di Giacobbe, le tribù d’Israele crebbero tanto in numero e prosperità da suscitare negli egiziani il timore di essere sopraffatti. Onde una serie di persecuzioni dalle quali venne a salvarli Mosè che, liberato il suo popolo dalla schiavitù dei faraoni, progettò di riportarli nell’antica patria di Canaan (Palestina). Con la migrazione attraverso il deserto del Sinai, durata quarant’anni, fu conquistata la terra promessa e suddivisa tra le dodici tribù.
Comincia così il secondo periodo della storia ebraica che durerà 300 anni con lotte tra singole tribù per il possesso delle terre e per l’indipendenza.
In conseguenza a queste ostilità sorse una monarchia con i re Saul, David, Salomone. Alla morte di questo regno si divise in quello delle dieci tribù detto d’Israele che viene distrutto nel 772 a. C. e quello di Giuda con capitale Gerusalemme, distrutto nel 588 a. C.
Nel 161 a. C. Roma era già frequentata da mercanti ebrei e crebbe notevolmente quando Pompeo, nella metà del I secolo a. C. estendendo il dominio romano in Siria e Palestina rese quest’ultima, con il nome di Giudea, uno stato vassallo di Roma.
Numerosi furono gli Ebrei che giunsero nell’Urbe che per la loro operosità ed industriosità entrarono nel nucleo primitivo dei mercati.
Il più antico e numeroso nucleo di Ebrei era quello stabilitosi a Trastevere, distribuito lungo l’ansa del fiume, nel tratto compreso fra Porta Portese e Porta Settimiana.
Un altro insediamento esisteva anche nella Suburra dove vi era anche una Sinagoga.
Anche vicino al porto di Ostia Antica viveva una popolosa comunità ebraica, richiamata dagli intensi traffici marittimi con i paesi del Mediterraneo.
Nell’antica Roma l’ebraismo beneficiava dello stesso trattamento di tolleranze delle altre religioni orientali. Nell’invocazione di Cicerone si sottolinea come i Romani non nutrissero nessuna ostilità verso il culto ebraico: “… ciascun popolo ha la sua religione, come noi abbiamo la nostra”.
La prosperità della comunità ebraica, che raggiungeva intorno al I secolo a. C. quarantamila unità è testimoniata anche dai resti della Sinagoga di Ostia Antica, ampliata e abbellita con mosaici e marmi preziosi del II e IV secolo. Con Costantino (313) data dell’editto di Milano, l’imperatore assumeva una posizione di tolleranza verso la chiesa cristiana, considerando gli Ebrei una setta nefasta, interpretando il Vangelo in chiave ostile agli Ebrei, non considerando l’appartenenza di Gesù e dei primi cristiani al popolo d’Israele.
Dal medioevo al rinascimento, si ebbe un rifiorire della cultura ebraica a scuola, dove venivano studiate e insegnate sia la Bibbia che il Talmud.
Dopo parentesi di benessere e persecuzioni con il Rinascimento gli Ebrei romani ebbero un periodo di tranquillità e floridezze come non si era mai visto negli antichi tempi: il papa Leone X, cultore delle arti e delle lettere volle alla corte pontificia medici e musicisti ebrei, istituì una cattedra di ebraico all’Università La Sapienza.
Alla fine del XVI secolo tornarono in vigore le proibizioni medievali con una ridotta vita quotidiana del ghetto.
Con la presa di Porta Pia a Roma nel 1870 viene abolita la segregazione e l’equiparazione dei diritti, con la fine temporale dei papi.
Nel 1934 con l’ascesa al potere in Germania del nazismo l’Europa entrò in una feroce politica nazista fondata su presunte differenze razziali che privava gli ebrei di ogni diritto costituzionale.
In Italia la serenità ritrovata e la tolleranza sulle orme dell’alleato nazista promulgò nel 1938 il “manifesto del razzismo italiano” con le conseguenti leggi razziali e sopprimendo per gli israeliti i diritti civili.
La follia nazista concepì la soluzione finale con l’annientamento degli Ebrei come stirpe.
Alla fine della guerra gli Ebrei romani poterono riprendere le loro attività pubbliche e private.
Con il documento “Nostra Aetate” si ricorda come la Chiesa di Cristo riconosca gli inizi delle sue fedi… si trovano già nei patriarchi, in Mosè nei profeti e ribadisce il valore e il significato del popolo ebraico nella storia.
“Il cristianesimo e l’ebraismo sono legati al livello stesso della loro identità” come ha ricordato l’attuale Papa Francesco.

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