Di origine umbra, è membro della Segreteria provinciale di Bologna, regionale dell’Emilia-Romagna e del direttivo nazionale del Sindacato Italiano Unitario Lavoratori Polizia.
Cosa rappresenta Franco Fedeli per i poliziotti?
Insieme a tutti i protagonisti del Movimento democratico, la figura e l’impegno di Franco Fedeli rappresenteranno sempre le radici della nostra storia, quella memoria senza la quale qualsiasi storia, individuale o collettiva, diventa solo un’immagine ferma e inerte, senza respiro, senza cambiamento, senza analisi critica e per questo esposta a qualsiasi rischio di “degenerazione” e di scollamento dai valori fondanti.
Di quella storia a mio parere c’è ancora bisogno per una complessità di motivi difficile da sintetizzare in poche righe ma che suddividerei in due grandi “temi”: quello che attiene all’organizzazione della Polizia di Stato, a partire dalle modalità di arruolamento, riservato oggi in via esclusiva ai militari e ciò in aperta contraddizione, quantomeno culturale, con lo spirito della riforma; l’altro attiene alla qualità della vita del lavoratore di Polizia; tema certamente da inquadrare in una considerazione generale sul mondo del lavoro nel quale oggi il poliziotto appare addirittura privilegiato in quel mare di precariato in cui stanno annegando le speranze di tanti giovani.
Dopo la storica riforma del 1981, quali sono le riforme ancora da approvare per una piena attuazione della legge 121?
La prima riforma da attuare proprio per conservare lo spirito della legge 121/1981 dovrebbe a mio parere riguardare le modalità di arruolamento, tema ormai entrato nell’agenda politica del Siulp a livello nazionale. Paradossale che dall’approvazione della riforma ad oggi, siano stati banditi due soli concorsi c.d. “esterni”, cui cioè potevano partecipare tutti gli uomini e le donne che avessero i requisiti richiesti. L’alimentazione dell’organico della Polizia di Stato, con l’eccezione di questi due concorsi (1985 e 1996) è avvenuta attraverso l’arruolamento dei soldati di leva ma dopo la riforma del modello di difesa l’ingresso nelle Forze di Polizia è stato addirittura riservato praticamente in via esclusiva ai militari. Peraltro le modalità di arruolamento associate all’attuale mancanza di risorse ha generato una sorta di nuovo precariato anche all’interno dell’Esercito ed un innalzamento dell’ età media dei nuovi poliziotti .
Come contrastare le tendenze di controriforma che traspaiono da molti provvedimenti adottati nell’ultimo ventennio?
Bella domanda. Innanzitutto uscendo dalla logica rinunciataria in cui ci costringe la crisi economica che non deve diventare un alibi per abbandonare le battaglie di principio. La crisi economica è una cosa il diritto alla sicurezza dei cittadini è un’altra. E torno a Franco Fedeli e al Movimento. Sarebbe utile a tutti recuperare il valore dell’ unità dei lavoratori dentro l’alveo del pluralismo. Superare la frammentazione sindacale sarebbe già un bel passo avanti. Al contrario, negli ultimi anni, abbiamo assistito ad una superfetazione di sindacati alcuni dei quali, consentendo l’iscrizione solo a chi appartiene ad una determinata qualifica, rappresentano a mio parere l’esatto contrario del sindacato, che significa invece “sedere insieme”, stare uniti.
Noi vogliamo ricordare Franco Fedeli non come un eroe, figura destinata per eccellenza a rimanere in un dorato isolamento, ma come un uomo che ha avuto il coraggio di difendere i valori costituzionali, quello che dovremmo fare tutti e tutti insieme.
FOTO: Uno dei documenti dell’epoca della Riforma esposti nel chiostro, fuori dalla sala
|