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Ottobre/2010 - Pubblicazioni
La Storia della guerra del Vietnam
di Aldo Ligabò

La spiegazione della sconfitta francese prima e statunitense dopo nel Vietnam sta tutta in questa frase che il leggendario Ho Chi Minh, padre dell’indipendenza vietnamita, amava ripetere: “Potete uccidere dieci dei miei uomini per ognuno dei vostri che riesco ad uccidere io, ma anche cosi voi perderete e io vincerò.” Il libro “Storia della guerra del Vietnam”, scritto dal premio Pulitzer americano Stanley Karnow, edito in Italia da Rizzoli, è senza dubbio un classico per comprendere e approfondire le guerre che si sono succedute nel Sud-est asiatico dal secondo dopoguerra fino all’evacuazione dell’ambasciata a stelle e strisce a Saigon nel lontano 1975. Il consiglio per poter apprezzare a pieno questo saggio è vedere prima il celebre film-capolavoro “Apocalypse Now”, diretto da Francis Ford Coppola. Karnow, inviato del “Time “ e di “Life”in Vietnam dal 1959 fino alla caduta di Saigon, ricostruisce con rara maestria le varie guerre che si sono svolte in Vietnam: dal colonialismo francese all’occupazione nipponica, dalla sconfitta francese in Indocina all’intervento americano, conclusosi con il tragico ritiro che tutti conosciamo. Il popolo vietnamita, al di là degli aiuti sino-sovietici, ha conquistato la sua indipendenza grazie alla sua incrollabile determinazione, alla sua disponibilità di sopportare sacrifici inimmaginabili, pagando sofferenze e perdite di vite umane altissime. La Francia fu sconfitta, nonostante ingenti aiuti sia economici che militari da parte degli Usa, per due ragioni:la mancanza dell’aviazione e la forte motivazione da parte vietnamita. La Francia fu definitivamente estromessa dal Sud-est asiatico con la sconfitta di Dienbienphu del 7 Maggio 1954. Gli accordi di Ginevra suddivisero il Vietnam in due parti:Vietnam del Nord e Vietnam del sud, in corrispondenza del diciassettesimo parallelo. Il contesto internazionale, in cui gli Usa si trovarono ad operare in Vietnam, fu lo scenario della guerra fredda. L’America sosteneva il Vietnam meridionale per contrastare il comunismo. Il suo obiettivo era disinnescare l’effetto domino: Washington riteneva, infatti, che l’eventuale perdita del Vietnam avrebbe comportato l’affermarsi del comunismo in tutto il Sud-est asiatico. L’ intervento diretto degli Stati Uniti fu deciso da Kennedy, che pronunciò la celebre frase” Abbiamo un problema:rendere credibile la nostra potenza . Il Vietnam è il posto giusto per dimostrarla.” Quando Kennedy fu assassinato a Dallas nel novembre 1963, il testimone passò nelle mani di Johnson, che continuò la politica del suo predecessore. Ma fu con il presidente repubblicano Nixon che si verificò l’escalation. Il presidente dello scandalo del Watergate profuse il massimo impegno americano sia attraverso un ricorso senza precedenti a bombardamenti aerei, effettuati da migliaia di incursioni dei bombardieri B-52 sul Vietnam del nord e sul sentiero di Ho Chi Minh, sia attraverso l’impiego di oltre mezzo milione di soldati. I bombardamenti americani furono inefficaci perché l’economia nordvietnamita, essendo prevalentemente agricola, era poco industrializzata. Fu ,quindi, sufficiente una minima industrializzazione per resistere ai bombardamenti americani. Nonostante le immense risorse impiegate, Nixon fu costretto a negoziare la pace. L’America era dilaniata da movimenti di protesta sempre più crescenti. L’opinione pubblica era stanca di una guerra che avvertiva lontana. Era stanca delle continue perdite dei propri ragazzi. La sorte della guerra fu decisa oltre che dallo stoicismo di Hanoi anche dalla gigantesca corruzione del regime del Vietnam del sud. I sudvietnamiti non erano motivati alla lotta, preferivano delegare tutto agli americani. Nixon per giungere agli accordi del cessate il fuoco, firmati a Parigi nel 1973, dovette minacciare il ricorso alla “teoria del pazzo: l’impiego di armi nucleari”. Bisogna aggiungere che la pace fu raggiunta anche grazie al lavoro diplomatico dell’Unione Sovietica e della Cina. La guerra poteva avere un epilogo diverso? Probabilmente a due condizioni: La disponibilità americana a sopportare perdite umane nella stessa misura del Vietnam del Nord e forse l’impiego di armi nucleari.

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