Nonostante ciò, la fase di logoramento
di queste produzioni è iniziata.
Colloquio col conduttore del
programma Rai “Tv Talk”
Da Montalbano al Maresciallo Rocca, da Distretto di Polizia fino a Carabinieri, il pubblico televisivo ha sempre dimostrato un forte attaccamento alla divisa tanto da rendere le Forze dell’ordine le principali protagoniste delle fiction. Massimo Bernardini, che da dodici anni con Tv Talk (in onda il sabato pomeriggio su Rai Tre) fotografa la tv in tutte le sue forme e dimensioni, ci spiega il perché di questa passione.
Da oltre un decennio Polizia e Carabinieri spopolano nelle fiction. Quali sono i segreti di questo successo così longevo e quanto è ancora destinato a durare?
Siamo ormai entrati nella fase di logoramento della ‘corsa all’arma’ che dura da oltre dieci anni: c’è stata una prima fase nella quale si è fatto un po’ il giro di tutte le possibili specialità dai Carabinieri alla Marina Militare passando per la Polizia di Stato. Adesso mi pare che siamo entrati in una fase molto più tranquilla.
Ci sono dei must che continuano ad avere molto seguito. Basti pensare all’enorme successo di Montalbano o di Don Matteo [dove i Carabinieri sono co-protagonisti, Ndr] e al tramonto di Carabinieri, del Maresciallo Rocca o di Distretto di Polizia che, dopo 11 stagioni e vari abbandoni da parte dei protagonisti, è stato interrotto. C’è stata quindi una grande fiammata in cui tutti, Mediaset, Rai e molte case di produzione si sono buttate su questo terreno, mentre ora rimangono solo i prodotti più forti.
Cos’è che coinvolge di più lo spettatore? L’idea di come dovrebbe essere il poliziotto: solerte, umano e vicino al cittadino?
C’è sempre il tema dell’eroe in qualche modo che ritorna. La televisione è a caccia di eroi da sempre come lo era il cinema in passato. Per eroe si intende un certo tipo di personaggio che, specialmente in un momento di crisi come quello che stiamo attraversando, ha un tasso di credibilità tale per cui è al di sopra di ogni sospetto. Non ci sono fiction con carabinieri o poliziotti corrotti, quello che piace è l’idea del personaggio positivo.
In un momento così complicato per la nostra società, c’è ancor di più il bisogno di sapere che esistono persone perbene. Oggi è questo che il pubblico vuole: qualcuno che resti pulito ed integerrimo nonostante tutto.
Quali sono i tratti comuni delle produzioni italiane e straniere di questo genere?
Una certa dialettica tra tradizione e modernità che in qualche modo è inserita nella scrittura dei personaggi. Ad esempio, Montalbano è chiaramente un personaggio che, dal taglio dei suoi vestiti alla disinvoltura della sua vita privata, iscrive al suo interno tutti quelli che sono i nuovi ambiti di crisi e di diversità della modernità.
Parliamo di personaggi popolari molto intelligibili da parte del grande pubblico televisivo. Da una parte quindi la modernità del commissario Montalbano, dall’altra la figura rassicurante del poliziotto o del carabiniere tradizionale, che è presente in alcuni personaggi della serie e che è visibile con maggiore evidenza in altre fiction come Don Matteo o Che Dio ci aiuti con Elena Sofia Ricci. Storie riferite alla vita nel paese inteso come il piccolo mondo antico dove resistono inossidabili i punti di riferimento di sempre: il parroco, il farmacista e, appunto, le Forze dell’ordine.
Quindi non è un caso se molte di queste storie sono ambientate in piccole città di provincia?
Noi non ce ne accorgiamo più ma anche se l’idea di metropoli domina nell’opinione pubblica, l’Italia è fatta in gran parte di provincia. C’è l’idea della piccola comunità dove sono il parroco e l’autorità costituita le figure preposte a sciogliere le matasse locali. Questa tipologia di narrazione piace molto adesso, anche se onestamente faccio fatica a vederla come unico e solo orizzonte della fiction.
Di contro, il modello “americanizzato” alla Distretto di Polizia proposto da Mediaset è un po’ tramontato. E’ stato molto innovativo perché per la prima volta ha dato l’idea di un poliziotto vivo, moderno, veloce. In realtà però, nel tempo si è rivelato anche abbastanza irrealistico come costruzione della storia e con una certa ripetitività nelle tematiche affrontate che ruotavano sempre intorno a droga, violenza e criminalità organizzata.
C’è la volontà da parte dei media di alimentare il consenso del pubblico proponendo continuamente personaggi e storie di questo tipo?
Questa è una visione dei mass media un po’ all’americana, in realtà in Italia non funziona proprio così. La televisione si basa su regole commerciali e noi parliamo di televisione popolare, quella che punta ai grandi numeri in termini di ascolto, e per farlo ha bisogno di ingraziarsi il pubblico.
E’ evidente che lo scopo di questo tipo di format è quello di massimizzare gli ascolti. Montalbano è tornato a fare il 34% di share e ciò vuol dire che c’è un consumo di questi prodotti che è di massa. Le caratteristiche di questa fiction poi sono sempre le stesse: riconoscibilità, fidelizzazione e storie sempre meno problematiche. Il Montalbano di oggi non è lo stesso dei primi episodi. Le vicende raccontate da Camilleri non sono più così complesse come all’inizio, ora tutto è un po’ più sciolto e normale e anche questo aiuta a dare un senso di familiarità al personaggio.
Quindi non parliamo di modelli imposti dalla tv, ma piuttosto di una precisa richiesta del pubblico?
E’ come un cane che si morde la coda. Se i programmi che fidelizzano hanno tutti le stesse caratteristiche, si cercheranno di riproporre all’infinito questo tipo di prodotti. Ormai è passato più di un decennio da quando è scattata questa corsa al personaggio/eroe del Corpo di Polizia.
Chi è lo spettatore tipo della fiction ‘in divisa’?
Parliamo di programmi che vanno in onda principalmente su canali generalisti ed è la Rai che domina questo tipo di contesti dal punto di vista produttivo. In particolare la rete ammiraglia, nella quale la fiction la fa da padrona, deve soddisfare un pubblico principalmente anziano. Ci sono però prodotti che hanno anche una piccola quota di pubblico giovane e laureato importante, come nel caso del commissario interpretato da Luca Zingaretti.
Bisogna dire che Rai Uno non gode di un pubblico molto elevato culturalmente. Se come età media degli spettatori Rai Tre (61 anni) e Rai Uno (65 anni) si somigliano, la terza rete ha un pubblico più colto mentre il primo canale è seguito per lo più da persone con un grado di istruzione medio-basso. Non a caso, Don Matteo è nato su Rai Uno mentre Montalbano su quella Rai Due che doveva essere il canale ‘dei giovani’. Poi, visto il grande successo, la serie è diventata un ‘mainstream’ e ora spopola sulla rete principale.
Negli ultimi anni film come Acab, Diaz o Romanzo di una strage hanno raccontando fatti di cronaca e aspetti molto controversi delle Forze dell'ordine. E’ possibile che un domani sia la tv a raccontare queste vicende, magari attraverso la fiction?
Parliamo di film importanti ma che al cinema non hanno fatto degli incassi enormi. Sono dei piccoli successi che catturano un certo tipo di pubblico più giovane, ma che durano poco. La verità è questa: la televisione popolare ha bisogno di altri parametri, non può costruire prodotti su modelli così elitari, perché perderebbe il suo pubblico.
C’è sempre l’obbligo dei grandi ascolti quando si realizza un prodotto per la tv. Se si vogliono mettere insieme pubblico e risultato si è incatenati a quel target da soddisfare che ha sempre le stesse caratteristiche e di norma chiede sempre le stesse cose.
FOTO: Massimo Bernardini
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