In Italia, ad oggi, non esistono
statistiche ufficiali riguardanti i casi
di reati commessi dalle Forze
dell’ordine e dall’Amministrazione
pubblica, nazionale e locale
L’ultimo caso è stato reso noto il primo giugno 2013. Quattro poliziotti (2 ispettori, un sovrintendente e un assistente) sono stati arrestati; erano in servizio alla Squadra Mobile di Roma. Per ora il solo accertato è che fra il 2009 e 2010 hanno rubato soldi e si sono fatti dare il pizzo minacciando denunce e chiusura di attività commerciali. E sono accusati anche di uno stupro ai danni di una prostituta. I reati contestati dalla Procura sono violenza sessuale, corruzione, falso e furto. Le vittime: alcuni commercianti stranieri. La pratica abituale dei quattro consisteva nel terrorizzare i negozianti stranieri con vessazioni continue nonostante questi fossero in regola con tutti i permessi necessari. La minaccia abituale corredata da falsi verbali di denuncia era ovviamente finalizzata a imporre veri e propri furti e il pizzo di migliaia di euro, altrimenti - dicevano - «ti facciamo chiudere e espellere perché hai commesso reato e perdi anche il permesso di soggiorno». Una prassi ben nota a tanti ambulanti, artigiani e imprenditori stranieri ma anche italiani che però almeno non rischiano l’espulsione.
Come tutti sanno, tanti sono i casi di criminalità di agenti e dirigenti delle Polizie. Per chi è interessato, può cercare su Internet - attraverso google con parole chiave (es: poliziotti oppure carabinieri oppure vigili o ancora finanzieri o anche ispettori del lavoro e ispettori asl “arrestati”), dopo aver ripulito la lista dei risultati (il web mette insieme tutto, anche i casi quando loro stessi sono vittime o autori di arresti di criminali) ed eliminato i doppioni delle stesse notizie, si arriva comunque a una quantità rilevante di casi di abusi, corruzione, violenze, torture e criminalità organizzata. Si sa che le notizie di giornali che si trovano su Internet non sono mai esaustive, così come i casi svelati da denunce e arresti possono essere considerati solo la punta di un iceberg, proprio perché le Polizie, come tutte le Istituzioni pubbliche e private, fanno di tutto per nascondere fatti del genere “a tutela della loro immagine pubblica” e della loro “popolarità”, che risulta sempre “altissima” secondo i sondaggi compiacenti commissionati dalle stesse gerarchie.
E non è casuale che tutti i politicanti (dall’estrema destra, alla sinistra e a Grillo) difendono sempre a spada tratta l’onorabilità, l’abnegazione e i meriti straordinari delle Polizie, così come quando muore qualche capo di queste tutti vanno a osannarne la fulgida opera svolta. In questo, si sono distinti anche Saviano, don Ciotti e tante altre icone amate a destra e a sinistra, dimenticando non già gli “scheletri nell’armadio” che inevitabilmente accumulano tutti i personaggi per approdare al potere, ma persino i fatti di pubblico dominio, ma presto cancellati dalla memoria corta di comodo o per effetto perverso dei new media.
Secondo una stima di un anno fa, il tasso di criminalità fra le Polizie italiane è di circa dieci volte superiore a quello che si calcola fra la popolazione maschile di 18-65 anni (http://www.poliziaedemocrazia.it/live/index.php?domain=ricerca&action=articolo&idArticolo=2738), stima che arriva a 30 volte per i parlamentari della passata legislatura, un primato sconcertante, inquietante e terribilmente sconfortante fra i Paesi democratici.
Terribilmente umiliante per chiunque spera ancora in uno Stato di diritto democratico, nel rispetto della Costituzione e per quegli operatori delle Polizie che ancora si impegnano per non distruggere questa speranza.
Ma, le Istituzioni implicate continuano sempre a fare gli struzzi, a insabbiare o minimizzare (“solo mele marce”); da notare che non ci sono statistiche ufficiali riguardanti tutti i casi di reati commessi da operatori delle Forze di polizia e dell’Amministrazione pubblica nazionale e locale (altro che trasparenza). Non stupisce quindi che alcuna autorità si interessi a pensare e agire per contrastare il fenomeno e cercare di prevenirlo, sebbene sia evidente il danno ultra rilevante alla legittimità dello Stato, alle stesse entrate pubbliche e in generale alla res publica. Eppure da qualche anno tutti (s)parlano di trasparenza, di lotta alla corruzione e all’evasione fiscale, senza riconoscere che non ci sarà mai alcun impegno serio in questo campo se non si evita la diffusione della criminalità nelle Istituzioni preposte a tale scopo e invece deviate per non operare o per agire in senso opposto.
E’ risaputo che la devianza e la criminalità nelle Polizie come nei diversi settori della Pubblica amministrazione si sono sempre riprodotte e corrispondono più o meno al loro grado di diffusione nella società (tanto quanto il razzismo e la violenza contro bambini, donne, soggetti deboli). Ma la ricerca diacronica e sincronica fa capire che ci sono dei periodi o congiunture in cui i comportamenti criminali nei ranghi delle Istituzioni pubbliche si diffondono di più; questo perché s’è imposto un orientamento politico che punta a tutelare interessi di attori economici e politici che realizzano maggiori profitti e più potere grazie al mancato rispetto delle norme dello Stato di diritto democratico e ancor di più grazie all’agire criminale di una parte dell’apparato dello Stato.
Il neo-liberismo che s’è imposto soprattutto dagli anni Ottanta in poi ha puntato precisamente a questo tipo di sviluppo le cui conseguenze sono evidenti dappertutto, in tutti i Paesi, a livello locale e nazionale. I casi di corruzione, di abusi, di libero arbitrio dell’agire illecito, di violenze e persino di torture e omicidi sono da anni in crescita rilevante. Questo è possibile grazie alla formazione di cerchie sociali che aggregano attori sociali diversi e personale dello Stato assicurando la legittimazione morale e sociale dell’agire criminale e ovviamente profitti condivisi (in danaro, beni, carriere, piaceri).
E’ così che s’è diffusa la tolleranza di comportamenti illeciti e persino criminali sempre più a danno dei soggetti sociali più deboli, le vittime ignorate e spesso terribilmente massacrate da vessazioni e a volte anche violenze inaudite.
Quante volte le Polizie e la magistratura sono intervenute per tutelare queste vittime? (Rom e immigrati, in particolare irregolari e regolari che insieme a tanti italiani lavorano nelle economie sommerse a volte in condizioni di neo-schiavitù). Purtroppo poche e tanti sono i casi di operatori dello Stato perseguitati perché volevano intervenire.
Si sa che il sommerso in Italia supera il 35% del Pil e si può stimare che sono circa otto milioni le persone (italiani e immigrati) che ne sono vittime. Ma né il governo Monti, né quello attuale, e alcun partito al Parlamento riconosce che se si vuole lottare contro l’evasione fiscale e contributiva bisognerebbe avviare un programma di risanamento del sommerso che necessariamente dovrebbe garantirne le vittime. E per fare questo occorrerebbe risanare le Polizie e l’Amministrazione pubblica e allora si potrebbe contare sulla collaborazione delle vittime e delle persone che sperano ancora nella effettiva applicazione della Costituzione.
Purtroppo è difficile immaginare che il nuovo Capo della Polizia possa avviare un processo di risanamento effettivamente democratico visto che è comunque subordinato a un Ministro che ha brillato per ben altri intenti. Intanto perché ancora 12 anni dopo la sua stesura l’Italia non applica il Codice Europeo Etica delle Polizie e le relative raccomandazioni?
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Per saperne di più sul Codice Europeo Etica delle Polizie
http://www.fisu.it/risorse/ricerche-e-pubblicazioni/codice-europeo-di-etica-per-la-polizia;
http://www.leduecitta.it/index.php/archivio/599-archivio/2002/aprile-2002/468-il-codice-etico-delle-polizie-europee-468
http://sicurezzapubblica.wikidot.com/codice-etico-per-una-polizia-democratica
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*Sociologo - Membro del Collegio docenti del Dottorato di ricerca in Sociologia all’Università di Genova. Ha condotto ricerche su questioni militari e sulle migrazioni presso l'École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi. Autore di numerose pubblicazioni, ha insegnato sociologia al Politecnico di Milano.
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