A quattordici anni dalla creazione
all'interno della Cgil, un bilancio con uno
dei i fondatori: Sergio Sinchetto
Sergio Sinchetto è funzionario di lungo corso della Cgil che ha rivestito diversi incarichi nell’ambito della Confederazione: nel Dipartimento organizzazione nazionale, nella Presidenza dell’Inca area estero; nella Funzione pubblica nazionale; in Filcea, nonché responsabile dell’area Legalità e Sicurezza della Cgil ed è stato uno tra i fondatori del sindacato di Polizia affiliato a corso d’Italia Di questo abbiamo inteso parlare con lui; di questo ed altro.
Sinchetto, tra i suoi tanti incarichi ce n’è stato uno in particolare, quello di creare ed inventare ex novo all’interno della Cgil, un sindacato ad hoc riguardante il settore della Pubblica sicurezza. Prima del 1999 la Confederazione non aveva una categoria che faceva riferimento al settore sicurezza cioè non aveva rappresentanza all’interno della Polizia di Stato. Di fatto lei si é dovuto inventare questa categoria ed é stato un po’ la levatrice del Silp Cgil
Sì, prima del 1999 in Cgil esisteva solo un ufficio che si occupava delle questioni riferite alla legalità economica: era un ufficio allora diretto da Donatella Turtura in cui lavorava Enrico Corti, ma la parte relativa alla sicurezza era sostanzialmente limitata alle questioni che investivano l’organizzazione.
Esistevano ovviamente rapporti storici con il Siulp, che era il sindacato unitario di Polizia di origine, di struttura quasi confederale nato all’indomani della riforma del 1981, però non c’era un’attività specifica sul Comparto; si seguivano le cose molto da lontano. Nel 1999 si decise di costituire il Silp perché si sentì la necessità di avere una presenza più diretta all’interno di un settore che ritenevamo molto importante.
Come mai questa scelta solo nel 1999? Il Siulp è stato l’apoteosi di quello che fu lo sforzo di Cgil, Cisl e Uil all’epoca con Lama, Vanni e Storti. Perché non è accaduto all’indomani della Riforma?
Nel 1981 è stato grande l’entusiasmo per il risultato che si era ottenuto, e non mi riferisco solo alla smilitarizzazione del Corpo, ma alla possibilità di costituire dei sindacati seppur anomali. Non dimentichiamo che il 1981 è una data in cui la lotta al terrorismo era ancora assolutamente prioritaria e in cui le tensioni nel Paese erano fortissime: allora, non era pensabile che la Cgil, da sola, potesse creare un sindacato di Polizia.
La scelta di Cofferati di creare, nel 1999, una categoria all’interno della Cgil non fu accolta dalla Confederazione in maniera unanime, c’era chi si oppose ad uno smembramento del Siulp, e più esattamente l’area che faceva riferimento a Bertinotti.
Sì è vero, fu una scelta sofferta e fu una scelta non solo legata a ragionamenti di ordine sindacale, anche qui fu l’evoluzione della situazione della sicurezza che ci fece ragionare in determinati termini. Nel 1987, quando fu ucciso Ruffilli, si considerò che il terrorismo fosse scomparso, in realtà non era così: sia la fine degli anni ’80 sia tutta la parte iniziale degli anni ’90 furono un periodo di incubazione delle cosiddette nuove Brigate rosse, e noi questo fenomeno lo avvertivamo all’interno dei posti di lavoro, nelle piazze, dove la contrapposizione con il sindacato confederale assunse in alcuni casi dei toni molto aspri e accesi, simili a quelli degli anni ’70.
Questa situazione ci preoccupava. Ci preoccupava l’assenza di sensibilità al tema, sia all’interno del Dipartimento di Ps, perché quasi tutti gli agenti che avevano lavorato sulla questione del terrorismo erano stati dirottati ad altri uffici e non vi era più una analisi e una azione che seguisse il fenomeno, sia perché pensavamo di essere, come effettivamente eravamo, alla vigilia di una stagione complicata. Nel 1999 fu ucciso D’Antona e poi nel 2002 Biagi, quindi , purtroppo, fu evidente che avevamo ragione .
Era in corso una recrudescenza del fenomeno terroristico che, vista la scarsa sensibilità politica ed istituzionale, ci convinse che il progetto di un sindacato di ispirazione Cgil fosse ancor più necessario per combattere questa indifferenza gravissima.
Avete trovato difficoltà nel creare un sindacato di Polizia afferente alla Cgil?
Fortunatamente, il Dipartimento dell’Interno aveva tutto l’interesse ad un buon rapporto cola Cgil poiché non aveva più alcun interlocutore a livello sociale per confrontarsi sui fenomeni eversivi. Quindi, non abbiamo incontrato le difficoltà che, magari, ci saremmo aspettati.
Nonostante i vari incarichi, ha comunque sempre seguito le vicende legate al Silp?
Certamente, anche perché gli incarichi che ho avuto mi hanno sempre visto impegnato sui problemi dell’organizzazione della Confederazione e della sicurezza. Avevo perciò modo di frequentare l’ambiente, e anche da vicino seguire le dinamiche del sindacato appena costituito.
Siamo nel 2013 e sappiamo che alla legge di Riforma 121/81 furono posti determinati paletti per quanto riguarda le piene libertà politiche e sindacali dei poliziotti. La barriera della politica è stata abbattuta perché il decreto che vietava l’iscrizione ai partiti politici non è stato più reiterato e quindi i poliziotti possono iscriversi tranquillamente a qualunque partito, ma è ancora vietato loro iscriversi ad organizzazioni sindacali che non siano interne. Di fatto, non possono aderire a nessuna organizzazione sindacale esterna alla propria Amministrazione. Secondo lei quanto c’entra la politica e il Palazzo su questa imbrigliatura e quanta volontà c’è da parte della Cgil, col centro sinistra, di abbattere i muri degli art. 81 e 82 della legge 121/81 che vietano ai poliziotti l’iscrizione a sindacati esterni?
La risposta qui è lunga e io la suddividerei in due parti.
La prima, sostanzialmente, é questa: io penso che ci sia tutt’ora una forte resistenza nel rimuovere gli ostacoli degli art. 81 e 82 della 121/81, per affermare una piena sindacalizzazione degli operatori di Polizia. Penso che questa resistenza sia tale perché vede confluire più interessi. Interessi corporativi della categoria, interessi ovviamente dell’apparato statale a mantenere una barriera che impedisca una piena emancipazione sindacale dei lavoratori di Polizia. Rendendoli ancora e comunque un Corpo separato dalla società. Utilizzando strumentalmente i ragionamenti sulla sicurezza connessi ad un concetto di riservatezza poco trasparente.
Da questo punto di vista, le resistenze sono fortissime, e lo sono perché ovviamente il mantenimento di questo status di separatezza garantisce per determinati poteri, una agibilità che diversamente verrebbe ad essere messa in discussione. Quindi, le resistenze che si troveranno nel portare avanti un ragionamento di piena sindacalizzazione degli operatori sono fortissime.
La seconda parte della risposta, quella più sindacale, è questa: penso che la Cgil abbia riflettuto poco e non abbia capito alcune cose essenziali: questa separatezza sindacale sancita dalla legge 121/81 è una misura che produce una distorsione della logica sindacale ed associativa, che porta a danni irreparabili per la vita di questi organismi e per i sindacalisti figli di tale logica.
Diciamo dei mostri?
Questi sindacati rischiano di avere al loro interno alcuni difetti congeniti, perché è complicato estirpare un fenomeno come il corporativismo, dentro a una categoria che si organizza e che è assolutamente autoreferenziale per legge.
L’episodio di Ferrara che ha coinvolto il Coisp è emblematico. Solo una logica malata ed autoreferenziale può portare, in nome della solidarietà fra colleghi, ad una manifestazione barbara ed incivile, contraria allo spirito della Costituzione, al rispetto della magistratura e alla pietà umana, come quella di cui si sono resi protagonisti i sindacalisti del Coisp.
Nella sua risposta conferma che può esserci la paura della perdita di quelle piccole nicchie di potere corporativo da parte dei sindacati di Polizia. Ritiene che la Cgil possa e debba recuperare il tempo perso, anche perché c’è già una esperienza di sindacalizzazione completa in altre Forze di polizia come il Corpo Forestale e la Polizia Penitenziaria? Tra l’altro, proprio la Cgil è molto presente all’interno di queste due ultime categorie. Allora perché sulla Polizia di Stato c’è stata poca riflessione da parte della Confederazione?
Credo ci sia anche un problema specifico e ritengo che la Cgil questo problema lo debba affrontare non solo per questo settore ma in generale. Sono convinto che una parte del malessere della Cgil, se vogliamo anche della crisi della rappresentanza generale e della incisività della sua azione, dipenda dal fatto che le linee di politica confederale sono separate dall’attività corrente delle categorie.
C’è una frattura fra la contrattazione confederale generale e la contrattazione di categoria. Quindi, c’è un problema generale da risolvere, che non riguarda solo il sindacato di Polizia. Penso che questa sia la questione politica principale che si deve porre al centro delle riflessioni del prossimo congresso che si terrà nel 2014.
Oggi del problema si parla, ma se ne parla in modo sbagliato, si pone l’accento sulla questione della confederalità, ma poi non si riesce a dare sostanza rivendicativa alla nostra azione; si fanno degli appelli, ma non si affronta questo nodo.
Se la Cgil vuol sopravvivere non solo nel sindacato di Polizia ma in generale deve rilanciare la sua azione.
In questi anni sono successe un po’ di cose nella creatura che lei ha fatto nascere. Ci sono stati degli errori di valutazione da parte del Silp, da parte della Cgil o da parte di entrambi.
In parte dicevo già prima che per quanto riguarda la Cgil c’è stata appunto una mancata riflessione sugli effetti di questa separatezza istituzionale del sindacato di Polizia, quindi in questo caso anche del Silp.
Però ci sono stati degli errori anche nel Silp, nel senso che non sempre c’è stata da parte degli operatori e dei dirigenti di questo sindacato di categoria l’insistenza giusta perché la Cgil scendesse effettivamente in campo e facesse quel passo quella riflessione di cui si parlava prima.
Anzi, penso che ad un certo punto, sia intervenuto su questo terreno una sorta di scambio, una sorta di delega che la confederazione ha dato a questa categoria per ragionare in proprio sulle questioni generali della sicurezza, un lasciar fare dal punto di vista della contrattazione categoriale.
Io so che l’operatore di Polizia gode, nonostante tutti i tagli e i problemi che sono intervenuti, di trattamenti non solo economici ma anche di carattere normativo che non appartengono più alle altre categorie del pubblico impiego. Questi trattamenti, queste condizioni sono frutto di un ragionamento sulla specificità, ma una specificità che è stata intesa in modo del tutto corporativo, il che non va bene. Ovviamente quando parliamo degli operatori di Polizia, parliamo di operatori pubblici che non fanno il lavoro di chi sta dietro una scrivania, che fa il commesso in qualche Ministero, o l’impiegato dietro uno sportello. Essi hanno alle spalle una richiesta di professionalità e di prestazioni sovente molto più complicate, e di questo bisogna tenerne conto, ma lo si può fare anche da un punto di vista confederale.
Penso che la confederazione su questo terreno debba misurarsi non semplicemente per annullare dei privilegi, se privilegi ci sono, ma per portare avanti le rivendicazioni giuste degli operatori di Polizia e per affrancare la categoria dallo scambio corporativo che connota spessol’azione sindacale all’interno di questo Comparto.
Ad oggi, ritiene riuscita l’esperienza del Silp? Se potesse rifondarlo, cosa cambierebbe?
Lo rifarei senz’altro, e lo rifarei proprio così. Non vorrei assolutamente che la categoria fosse lasciata sola; si dovrebbe costruire un rapporto molto più organico con la Confederazione puntando sul merito delle questioni, scendendo nel dettaglio delle politiche contrattuali, non solo le linee generali relative alla sicurezza o alla riforma del Comparto.
Nonostante ciò, il progetto secondo me, ha un fondamento e una validità e deve essere portato avanti. Penso che abbiamo perso del tempo, che abbiamo mancato delle occasioni, però le potenzialità per andare in questa direzione ci sono tutte, io sono assolutamente convinto che ci siano, non solo la possibilità di lavorare, ma di ottenere quello che in fin dei conti ci eravamo prefissi nel momento in cui costituimmo il Silp.
Se ci si crede, possiamo ancora lavorare tutti insieme per raggiungere i risultati e gli obiettivi in cui credevamo quando appunto lo costituimmo.
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