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Ottobre/2010 - Pubblicazioni
Carlo Azeglio Ciampi: da Livorno al Quirinale
di Michele Turazza

“Ma allora, la nostra vita è governata dalle nostre scelte o dal Caso? In parole povere: tu sei diventato Ciampi per scelta o per caso?”, chiede Arrigo Levi al Presidente. “... non c’è dubbio che la vita scorre e ti offre tante occasioni. L’importante è riuscire a coglierle nel modo giusto e al momento giusto. Non mi sono mai lamentato di quello che mi ha offerto la vita. Posso dire che per inclinazione naturale mi sono sempre sentito pronto a cogliere l’occasione che in un certo momento mi si offriva... Ho fatto anche lavori molto modesti, convinto che, anche se modesto, un lavoro ben fatto ti permette di distinguerti e poi di ottenere incarichi più impegnativi”. E gli “incarichi più impegnativi”, il Presidente, li ha ottenuti. Nato nel 1920 a Livorno, studiò dai Gesuiti e poi alla Normale di Pisa, ottenendo la laurea in Lettere, seguita, nel 1946, dalla seconda, in Giurisprudenza, a Firenze. Nel frattempo, la guerra aveva devastato l’Italia e il Presidente era stato mandato in Albania. Dopo l’8 settembre si rifugiò a Scanno, in Abruzzo, dove “ci ospitarono, ci dettero da mangiare, il poco che c’era da mangiare. Ricordo che un giorno, camminando per strada, si aprì una finestra e una vecchietta mi dette un pezzo di pane e un pezzo di salame... ci fu da parte della cittadinanza una lealtà piena nel non denunciarci ai tedeschi, e nel condividere con noi il ‘pane che non c’era’. Per questo è rimasto in me un profondo sentimento di riconoscenza e di affetto per questa popolazione che mi ha adottato”. Intense, ma senza retorica, le pagine dedicate alla guerra, all’occupazione tedesca e all’incontro con Guido Calogero, cui il giovane Ciampi pose quesiti sulla questione dell’intricato rapporto conoscenza-azione-responsabilità individuale.
Quasi per caso (ancora il Caso...), entrò nel 1946 in Banca d’Italia, dove prestò servizio in filiali di provincia fino al 1960, quando venne chiamato a Roma, in via Nazionale. Nel 1979 divenne Governatore, il quale “deve cercare di essere presente nelle decisioni importanti, ma con discrezione e riserbo... il Governatore non deve cercare di andare d’accordo con i politici, va per la sua strada. Io non mi sono mai preoccupato, per provvedimenti importanti che erano nella mia disponibilità, di ottenere prima il consenso governativo. Quello che si deve fare va fatto tranquillamente, serenamente”.
Il 26 aprile 1993 è un giorno che Ciampi non si scorderà tanto facilmente: Il Presidente della Repubblica Scalfaro lo incaricò di formare il governo. “Perché a me? Perché dare l’incarico a un non politico?”. “Non ho altra scelta”. E torna la dedizione completa al dovere, il senso dello Stato, l’attaccamento alle Istituzioni e lo spirito di servizio: “Io parto da questa idea: non prendere impegni che sono al di là delle tue forze. Ma se li devi prendere, bando a ogni incertezza o timidezza, rimboccati le maniche e mettiti a lavorare. Questa è la mia filosofia”. Un modus operandi che Ciampi seguì come Presidente del Consiglio, prima; successivamente come Ministro dell’economia ed infine come Presidente della Repubblica italiana. Eletto in prima votazione nel maggio del 1999, al Quirinale “ho ritenuto di dover tener conto soprattutto di quel sentimento profondo di Patria che avvertivo in me e che era stato la mia coscienza interiore, in tutta la mia vita. C’è una costante rimasta silenziosa in me, ma che mi ha guidato negli anni della gioventù e del possibile smarrimento: il sentimento della Patria in un contesto di libertà e giustizia come elementi fondamentali del nostro operare di cittadini”. E ora? Il messaggio è tutto rivolto ai giovani: “Guardo avanti, al futuro del nostro paese con un sentimento di fiducia; con un senso di speranza”.

(Carlo Azeglio Ciampi, Da Livorno al Quirinale. Storia di un italiano, Conversazione con Arrigo Levi, il Mulino, Bologna, 2010, 187 pp.).

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