In Italia, come noto, abbiamo una situazione plurale di Forze di Polizia. Alcune ad ordinamento militare (Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza) altre a ordinamento civile (Polizia di Stato, Polizia Penitenziaria, Corpo Forestale dello Stato). Sono state scritte e dette tante cose (alcune interessanti, altre meno) su questa modalità istituzionale dell’apparato sicurezza della nostra democrazia.
E’ chiaro che ogni forza di Polizia costituisce una risorsa importante per il nostro Paese. Mi riferisco al patrimonio, costruito nel corso degli anni (o dei secoli), di professionalità, di sapienza e, non ultimo, di umanità. Io credo che vada sottolineato anche il fatto che in queste Istituzioni si realizza anche un incontro, e un successivo passaggio di testimone, di generazioni diverse che contribuiscono ad arricchire il Corpo di Polizia di appartenenza perché, in genere, si mescola un fondamentale bagaglio di esperienza delle generazioni più anziane con le nuove conoscenze e i nuovi saperi delle generazioni più giovani.
Questa forma di integrazione è foriera, quanto meno, di maggiore efficacia. Naturalmente, questo incontro generazionale non è che un aspetto, per quanto molto importante, della vita quotidiana di una Forza di Polizia anche se, purtroppo, l’ingresso di giovani diventa sempre meno frequente e, pertanto, l’età media dei tutori dell’ordine si alza sempre di più.
Credo, però, che le esigenze del Paese, oltre ad essere cambiate profondamente, siano in continua trasformazione e, quindi, alle Forze di Polizia è richiesto di adeguarsi alle nuove domande di legalità. Quest’ultima è da intendersi in tutti i suoi aspetti. La domanda di giustizia non deve rimanere inevasa e, soprattutto, non deve essere soddisfatta con ritardi eccessivi. Pertanto, occorre riformare l’organizzazione delle Forze di Polizia, pensando anche a una diversa e migliore redistribuzione dei vari compiti Istituzionali, in modo tale da essere sempre più vicino al cittadino. Come per il resto della Pubblica Amministrazione, occorre sburocratizzare e avere organizzazioni snelle ovvero meno verticistiche e molto più reattive in presenza di illegalità, altrimenti rischiamo la classica montagna che partorisce il topolino.
In tale discorso, rientra a pieno titolo la Guardia di Finanza che ha al suo interno delle potenzialità che potrebbero dare maggiori risultati se si ponesse mano ad una sostanziale riforma.
In altre parole, è più che matura la necessità che i livelli operativi di base siano organizzati in modo tale da poter più tempestivamente fronteggiare situazioni di illegalità sia di piccole che di grandi dimensioni, quindi, provvedendo alla “orizzontalità” del Corpo e facendo diminuire l’aspetto “verticale”.
Questa situazione è resa possibile anche in considerazione dell’accresciuta scolarizzazione e professionalizzazione degli appartenenti alla Guardia di Finanza. Basti pensare al numero elevato di militari già laureati e/o laureandi che in questi ultimi anni sono entrati nella nostra Amministrazione e che, pertanto, non sono meri esecutori di ordini “dall’alto” nel momento in cui espletano i compiti d’Istituto.
Voglio dire che sistematicamente si ritrovano ad operare in situazioni nelle quali entra in campo anche una certa dose di spirito d’iniziativa sulla base del proprio bagaglio culturale/professionale e umano.
Speriamo che il confronto pubblico e politico circa queste tematiche si arricchisca in tal senso e non si basi più su logori luoghi comuni.
v.vacca@ficiesse.it
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