Naia, naioni… erano termini che molti di noi pensavano di aver abbandonato per sempre ai ricordi di gioventù e mentre qualche altro, con gli occhi umidi di nostalgia, ne avvertiva addirittura la dolorosa scomparsa ecco svelato l’arcano: per noi la naia non e’ mai finita!
E’ sufficiente, infatti, recarsi in un qualunque ospedale militare sparso per la Penisola per rituffarsi nel passato; e che passato! Chi come me non è mai stato un naione e credeva di essere un professionista si ritrova per magia proiettato nella “Storia”.
Ma quale professionista? Quando sei di fronte alle mura dell’Arsenale di La Spezia, non sei più un professionista. Sei un naione, un “paraculo”, il solito furbo da smascherare. In queste strutture militari il tempo sembra si sia fermato; ospedali ed ex ospedali militari fatiscenti, almeno quelli in cui sono stato io. Quando sei lì speri sempre di non stare troppo male per non correre il rischio di essere ricoverato o di non dover fare un esame particolare con i loro macchinari che magari saranno all’avanguardia della tecnica ma tutto intorno sembra dire il contrario.
Il personale medico, non tutto ovviamente, non amo fare di tutta l’erba un fascio, sembra uscito da un film degli anni ’70! Tutti sono scostanti, quasi scocciati della tua presenza e nessuno ti considera per quello che realmente sei: un paziente.
Per loro, se sei arrivato lì da chissà dove è perché ti serve qualcosa, vuoi fare il furbo! Ma quel giorno sei stato sfortunato! Hai trovato il medico ligio al dovere, è proprio di fronte a te, preparato ed inflessibile! Pronto a dimostrarti quanto sei stato avventato! In Italia la furbizia non paga, almeno non quando ci sono loro.
Ti verrebbe voglia di fargli leggere una qualunque delle tante inchieste giornalistiche pubblicate su internet: per esempio, quella pubblicata sul sito di La Repubblica, del 28 dicembre 2012, o quella di Panorama.it del 23 febbraio 2013, per citare le più recenti. Per vedere le loro facce, per capire da dove deriva la loro tracotante superiorità rispetto a me che sono lì perché devo fruire di un servizio e non per fargli perdere tempo prezioso.
Mentre le ore passano ed aspetti, ascolti le tante leggende metropolitane che raccontano gli altri fruitori del “servizio”; si parla più per voglia di fare gruppo e per far trascorrere il tempo che per sentita convinzione.
Finalmente giunge l’impiegato, spesso scocciato, che dopo ore di attesa ti avverte che sei stato chiamato e “tu” (e non loro) sei in ritardo, ovviamente. Loro non sono lì per perdere tempo, sono efficienti e sei tu, in realtà, che stai rallentando la macchina burocratica più efficiente della storia italica: la loro!
Parlare degli ospedali militari in tempi di spending review è come sparare sulla Croce Rossa e si sa noi militari non spariamo su un Istituto nato proprio per portarci sollievo in tempo di guerra. Lascio ad altri l’ingrato compito.
Quando nell’ottobre del 1987 lasciai la mia adorata città per recarmi a Cuneo i miei istruttori si affrettarono a spiegarmi che l’essenza della militarità era l’uniformità. L’uniformità nel vestire, nel comportarsi, nelle regole, nelle punizioni, l’uniformità persino nel pensare. Io oggi, a più di 25 anni di distanza, senza entrare nel merito sul perché esistano ancora queste pachidermiche strutture del passato, mi chiedo se esiste ancora l’uniformità nel caso degli ospedali militari.
Fino a pochissimo tempo fa i finanzieri dell’Emilia Romagna, per citare il caso che conosco meglio, per recarsi all’ospedale militare dovevano andare in 5 strutture diverse e nessuna, ovviamente, era nella loro regione. Mi chiedo, ancora una volta, perché? Dov’è l’uniformità di trattamento? Perché io da Reggio Emilia per essere sottoposto ad una visita mi devo recare a La Spezia ed il mio collega di Modena deve andare a Firenze mentre quello di Rimini a Chieti? A fronte di questo disagio evidente vi è anche una possibile disparità di trattamento, infatti, potrebbe accadere che per patologie uguali si possa ricevere delle diagnosi diverse (i medici, infatti, in ossequio al giuramento di Ippocrate, possono legittimamente formulare diagnosi e prognosi diverse, e ciò è meno raro di quello che si crede).
I vertici delle Forze Armate hanno avviato da tempo una ristrutturazione che punta a chiudere molti dei 13 Dipartimenti militari che secondo quanto riportato nell’articolo di Panorama.it, da me citato: «..Servono solo per trovare un posto ad uno stuolo di colonnelli fra i 50 e 60 anni. I medici si trasformano in burocrati» sibila chi ci lavora. Secondo Di Paola (l’ex Ministro N.D.R.) quella della medicina legale «è l’area che dovrà subire un drastico ridimensionamento. Pertanto verranno mantenuti in servizio solo 7 Dmml (Roma, Milano, Padova, Messina, Cagliari, La Spezia e Bari)…» Sempre per rimanere nel caso dell’Emilia Romagna i finanzieri si recheranno verosimilmente una parte a La Spezia e l’altra A Padova. Ha senso?
Esiste da tempo proprio una commissione medica di verifica regionale che potrebbe agevolmente svolgere alcune delle mansioni ad oggi demandate alle Dmml. E questa commissione medica appartiene al Ministero dell’Economia e delle Finanze. La Spezia, nel recente passato, per la Polizia Penitenziaria, ha palesato la difficoltà di evadere in tempi brevi le pratiche relative all’esame delle loro richieste di malattia per causa di servizio e la Polizia Penitenziaria si è rivolta proprio alla Cmv del Mef di Bologna. Perché dunque non lo può fare la Guardia di Finanza che è molto più vicina al Ministero dell’Economia e delle Finanze di qualsiasi altra Forza di Polizia ad ordinamento civile o militare?
Forse, come recita una famosa barzelletta di Gigi Proietti, raccontando la conversazione tra un avvocato ed il suo assistito, quando c’è da “prenderle” siamo militari e quando invece bisogna “darle”, no?
La Gran Bretagna dal 2009 ha decretato la chiusura degli Ospedali militari in Patria ma non per questo ha sciolto le Forze Armate. Perché per essere militari ci dobbiamo sobbarcare inutili fatiche, a cinquant’anni ed oltre essere trattati da “naioni”, quando basterebbe recarsi presso la commissione medica di verifica regionale del Mef?
Vi prego non offendete l’intelligenza di chi scrive e di coloro che hanno la bontà e la pazienza di leggermi adducendo strumentali difficoltà operative o legislative. Abbiamo in ogni Comando Regionale un medico che può fare parte di questi organismi quando questi analizzano i nostri casi e sicuramente, operando tutti nella stessa città, costerebbe meno di mandare i finanzieri in giro per l’Italia. Tra l’altro, molto spesso sottoponendoli a disagi notevoli come quello di alzarsi all’alba per prendere il treno per La Spezia e tornare a casa la sera tardi.
Giusto per essere chiari, in materia di spending review è stato deciso di elaborare le buste paga secondo i criteri previsti dal Mef per tutti i dipendenti pubblici ad eccezione dei soli militari (Carabinieri compresi). Noi invece non siamo stati esclusi, eppure siamo militari come loro, o no?
Davvero vale l’adagio dell’avvocato della barzelletta di Proietti… «qui vinciamo…, qui perdi…» . La barzelletta era un po’ diversa ma credo che il concetto sia rimasto comunque chiaro.
g.barrale@ficiesse.it
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