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Maggio-Giugno/2013 - Interviste
Attualità
Emanuele Fiano, Pd: «Basta tagli alla sicurezza»
di a cura di Giada Valdannini

In più occasioni, il parlamentare democratico
ha parlato di sicurezza come diritto di libertà.
«In una società moderna - ha detto - non c’è
libertà completa senza garanzia di sicurezza»

«Parlamento e governo trovino soluzioni adeguate per evitare il congelamento, anche per il 2014 del blocco delle progressioni di carriera, dei meccanismi retributivi e degli adeguamenti annuali per tutto il personale dei Comparti Sicurezza, Difesa e Soccorso pubblico, così come a suo tempo previsto da un ordine del giorno sottoscritto da Pd e Pdl e approvato dal governo Monti». A dirlo è Emanuele Fiano, capogruppo dei democratici in commissione Affari Costituzionali alla Camera e responsabile del Forum Sicurezza del Pd. Polizia e Democrazia lo ha raggiunto per un'intervista. Ecco quanto ci ha detto.

Gli stipendi dei poliziotti, come lei sa, sono decisamente bassi, più bassi della media europea. Come intervenire?
Prima della questione di recupero delle risorse, c'è quella di una rivoluzione culturale che dobbiamo fare in questo Paese e che mi auguro sia proprio il centrosinistra a portare avanti. Non possiamo continuare a pensare che sulle spalle delle Forze dell’ordine ricadano passivamente questioni sociali che la politica non riesce a risolvere.
Questo modo di pensare che i tutori dell’ordine siano l’ultimo baluardo delle Istituzioni - cui è comunque richiesto il servizio, nonostante l’assenza di fondi - è un’idea non partecipativa dello Stato.
È necessaria una rivoluzione culturale per recuperare il senso completo di cittadinanza dei membri delle Forze dell’ordine che, come noi politici e come tutti noi cittadini, partecipano alla costruzione, alla qualità e alla morale della vita pubblica. Questo è uno sforzo che dobbiamo fare.

Da cosa deriva questo scollamento?
Probabilmente, anticamente, prima ancora dell’Unità d’Italia, era l’idea di un regno nel quale c’erano i sudditi e poi coloro che dovevano far eseguire le volontà del re, ma erano parte di un meccanismo.
Oggi la democrazia si salva solo se c’è la partecipazione completa. Per questo, la sindacalizzazione della Polizia fu una grande rivoluzione in questo Paese, perché ha portato a una emancipazione dei diritti e una partecipazione degli stessi operatori di Ps.
La loro completa partecipazione, ma anche la collaborazione con le forze politiche per l’elaborazione di una evoluzione dei modelli di sicurezza, è la prima pietra sopra la quale mettere un investimento dello Stato. Come è fondamentale che si investa in cultura, istruzione, sociale.
La questione sicurezza è a pieno titolo uno degli elementi del welfare perché, in una società moderna, non ci può essere libertà completa se non c’è completa garanzia della sicurezza.

Torniamo ai salari.
In tutto questo la tutela dei salari, l’innalzamento delle retribuzioni, delle condizioni materiali di contratto e di pensione delle nostre Forze dell’ordine è fondamentale perché, siccome hanno un ruolo così decisivo nella tenuta della democrazia, devono essere giustamente ed equamente retribuite.

Eppure, stando alla sindacalizzazione di cui parlavamo, c'è da dire che, per certi aspetti, è incompleta. I poliziotti non possono che iscriversi a sindacati di categoria e non godono di diritti universalmente riconosciuti come, ad esempio, quello allo sciopero. È una lacuna che andrebbe colmata?
In linea di principio, sì; ma ci sono delle questioni delicate che vanno affrondate. Consideriamo che si parla di forze dello Stato, armate, che hanno un compito h24 di intervento e di tutela dell’ordine pubblico. Perciò alcuni diritti sindacali, come lo sciopero, seppur regolamentato ma improvviso, oppure l’assenza da un servizio pubblico, pongono problemi che vanno valutati.
Comunque, bisogna andare in quella direzione. E se sono cauto è perché comprendo che ci possano essere dei problemi.

Ad esempio, quali?
Se si vuole una sostanziale cancellazione della specificità di questo settore, è un conto; . Se invece, come sembrava fosse indirizzato il Ministro Fornero, vogliamo equipararli ad altri dipendenti pubblici, è altro.
In un caso vorrebbe dire che i poliziotti potrebbero chiedere il part-time, pretendere alcune prerogative che hanno i dipendenti pubblici, che oggi evidentemente non hanno. È con questa specificità che deve confrontarsi la richiesta di completa sindacalizzazione.

Quindi, come ha giudicato l'idea dell'ex ministro Fornero di equiparare i lavoratori di Polizia al resto dei dipendenti pubblici, in ambito pensionistico?
Direi che praticamente è il Partito democratico che l’ha fermata in una Commissione; in sostanza, ci siamo messi molto di traverso in audizione, per far intendere a Fornero quali fossero gli elementi penalizzanti della sua proposta.
Noi parliamo di lavoratori, di persone che servono lo Stato portando un’arma, ma dobbiamo continuamente fare i conti coi tagli di bilancio e un innalzamento dell’età media che va a scapito della sicurezza. Per esempio, nella Polizia di Stato, siamo a 45 anni di età media. Il che vuol dire che abbiamo modificato il modello di sicurezza, perché è evidente che la gestione della piazza fatta con persone di età media di 40-45 anni non è la stessa che con ragazzi di 30. Del resto, rincorrere un ventenne o un venticinquenne, avendone 45, magari anche l’attrezzatura sulle spalle, non è la stessa cosa.
Ovviamente non parlo del lavoro di intelligence, di investigazione, di recupero di dati, di confronti e di fonti, questo no, ma la parte operativa, fisica. Su ciò dicemmo al ministro Fornero che in quasi tutti i campi dell’attività umana provvedimenti di tipo economico che riguardano l’innalzamento dell’età pensionistica portano ad una modifica dei modelli.
D’altra parte, questa vicenda è già stata affrontata, e penso alle questioni riguardanti i lavori usuranti, ma non è la stessa cosa perché il lavoro usurante è terribile per la persona in sé, magari anche per la sicurezza dell’impianto nel quale lavora, qui però implichiamo la sicurezza di tutto il Paese.

Certo. Senta, il governo Letta, che sfide dovrà affrontare da questo punto di vista?
Io penso tutte quelle di cui abbiamo parlato. Va affrontata la questione di quale modello di sicurezza vogliamo. E noi abbiamo già scritto nelle nostre tesi assembleari, tra l’altro approvate, in alcuni casi consultando anche i sindacati di Polizia, i rappresentanti dei Cocer, dei Carabinieri
È necessario ribadire la centralità dello Stato, contro una certa tendenza registrata nell’ultimo governo Berlusconi, cioè quando abbiamo visto proporre le ronde dei cittadini con una “sicurezza fai da te”, come se si potesse rendere federale l’idea della sicurezza, come se si cominciassero ad aprire dei varchi per cui il modello di sicurezza può essere gestito in maniera diversa a seconda che ci si trovi a Brindisi, ad Aosta o ad Ancona; anche con l’errore, secondo me, di dire che dove non arriva lo Stato in delle materie fondamentali può arrivare il piccolo cittadino.

Che ne pensa dell'impiego dell'Esercito a presidio di nodi di scambio della mobilità urbana?
Secondo noi, a parte la cura o la salvaguardia di alcuni obiettivi sensibili fissi, l’idea che le città siano pattugliate dall’Esercito è una idea sbagliata: la rimilitarizzazione della gestione dell’ordine pubblico, che abbiamo abbandonato a partire dagli anni Ottanta con la Riforma, con Forze di polizia a carattere civile, ne è il segno.
Poi ci sono altre due questioni fondamentali. Una riguarda un avanzamento significativo nel coordinamento tra le Forze di polizia...

Fino ad arrivare a un'unificazione delle Forze di Polizia?
No, non sto parlando di unificazione delle Forze. Sto parlando di una forma di coordinamento vera.

In questi giorni si torna a parlare di abolizione delle Province, quali effetti sulla sicurezza?
La dislocazione sul territorio dei nostri presidi di sicurezza, è questione importante.
Già in conseguenza dell'annuncio del governo Monti di tagliarle, il Ministero e il Dipartimento avevano preparato un atto di riforma di alcuni presidi di sicurezza (Prefetture, questure, commissariati), laddove l’organo amministrativo civile veniva a mancare o veniva delegato ad altri, trasferito, eccetera, e c’era un’ipotesi di declassamento di alcune questure.
Ora, può essere che di nuovo il governo, nella prossima stagione, vada in una direzione analoga sulle Province, non posso giurarlo perché la politica non si può predire; comunque, a prescindere da questo, c’è un ragionamento da fare sulla dislocazione dei nostri presidi di sicurezza, in particolare sul rapporto tra presidi dei Carabinieri e presidi della Polizia di Stato. Un’antica concezione prevederebbe che i Carabinieri si occupassero più del territorio extraurbano e la Polizia di Stato più del territorio urbano.

Ma la quotidianità dimostra altro...
Il loro operato, infatti, si intreccia. Come anche la situazione economica in cui versano. E allora capita, come a Roma, di avere periferie estesissime senza commissariati o paesi con caserme dei Carabinieri dove, se citofoni, ti rispondono da un’altra stazione, in tutt’altra località.
C’è un problema di coordinamento e dislocazione sul territorio che riguarda più in generale una concezione del modello di sicurezza che va adeguato ai nostri tempi.

Al di là del coordinamento, possiamo continuare a permetterci cinque Forze di polizia in questo Paese?
No. Secondo me no; però, la soluzione non è ancora scritta. Ci sono delle sovrapposizioni che vanno risolte.
Prima parlavo del rapporto in particolare della Polizia di Stato e dei Carabinieri, ai quali la legge assegna carattere generale di gestione della sicurezza; poi ci sono altre situazioni. Secondo me, vanno di nuovo ragionati insieme i criteri di intervento.
Credo che alla Guardia di Finanza sia assegnato, mi pare, un 20% di collaborazione alla gestione dell’ordine pubblico, 40 e 40 a Polizia e Carabinieri, e poi abbiamo altre questioni. Abbiamo la Guardia Forestale, che è una guardia armata e che ha possibilità di svolgere funzioni di polizia giudiziaria.
Abbiamo una sovrapposizione. C'è poi un ragionamento da fare sul rapporto tra Protezione civile e Vigili del Fuoco…

Ossia?
Abbiamo dei problemi di modello dentro i Vigili del Fuoco tra volontari ed effettivi; per non parlare del mare dove si sovrappongono Guardia Costiera e Guardia di Finanza.
Insomma, è un Paese che ha moltiplicato Forze dello Stato legate a singoli Ministeri.

Come superarle?
Con una situazione politica stabile, un governo con capacità di gestione, un ragionamento è fattibile.
Appena insediato, il governo Monti cambiò il modello della Protezione civile perché ci si rese conto che il precedente modello era un modello fortemente dispersivo e anche addirittura pericoloso, come in genere ha dimostrato.
Penso che con lo stesso spirito si possano affrontare queste questioni che sono aperte; poi nessuno vuole avere la Bibbia in mano.

Cosa pensa delle scorte? Sono presidi che andrebbero maggiormente commisurati all'effettiva necessità?
Penso che i Prefetti debbano avere la mano molto dura e che la scorta vada assegnata a chi effettivamente nel Paese, in virtù di fatti diversi tra loro, o per cariche pubbliche o per aver subìto minacce, è considerato dalle Forze dell’ordine possibile oggetto di aggressioni.
La scorta deve essere quello di più lontano possibile che c’è dall’idea di uno status symbol o di un privilegio.

Usciamo dai confini italiani. Esiste in Europa una forza di gendarmeria che ha una composizione militare, è transnazionale. Questa Eurogendfor, al di là del ruolo che sembrerebbe di presidio e di controllo della sicurezza europea, crea non poco sospetto in chi, nel nostro Paese, ha voluto la smilitarizzazione della Polizia. Lei che opinione ha?
Me ne sono occupato e ho fatto anche un’interrogazione. Purtroppo è una cosa approvata senza che ce ne siamo accorti anni fa. Penso che non vada bene che una Forza di polizia a carattere europeo sia marcata da una natura unicamente militare.
In generale, sono favorevole a tutto ciò che può diventare integrazione europea anche in questo campo, anche perché criminalità e terrorismo hanno, come è noto ormai, fortissime caratteristiche transnazionali. Però, penso che il modello di sicurezza civile che noi abbiamo ancora, che stiamo sviluppando in Italia, sia quello giusto. Mi piacerebbe che l’Europa imparasse questo dall'Italia.


FOTO: Emanuele Fiano, Capogruppo Affari Costituzionali e Responsabile Sicurezza Pd

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