Impossibile dimenticare quando Alfredo Raffuzzi
salì sul palco del Primo Maggio. Era il 1980
e di lì a poco prese corpo la Riforma
L’8 aprile del 2013 Alfredo Raffuzzi se ne è andato. Ai più questo nome non significa nulla, ma per quanti che come me hanno avuto la fortuna ed il privilegio di conoscerlo, Alfredo è stato un pezzo di storia molto importante all’interno del Corpo delle Guardie di Ps prima, e nella Polizia di Stato poi.
Conobbi Raffuzzi, se non ricordo male, nel 1974 in uno dei tanti incontri carbonari nella redazione di Franco Fedeli che allora dirigeva la rivista Ordine Pubblico e poi Nuova Polizia e Riforma dello Stato.
Parlare di Raffuzzi non è facile e non è possibile racchiudere in poche battute chi lui sia stato, e su quanto abbia fatto sia per la stessa Polizia sia per i poliziotti essendo stato uno dei promotori della stagione sindacale.
Partiamo da un documento datato 1947 che Raffuzzi assieme ad altri poliziotti democratici inviò all’Assemblea Costituente ed il cui originale si trova depositato presso la Camera del Lavoro della Cgil di Genova.
Il primo tentativo di attuazione della Riforma della Polizia fatto nell’immediato dopoguerra che fallì a causa dell’isolamento dei poliziotti dal contesto sociale e per le avverse condizioni socio-politiche dell’Italia dal 1947 al 1971.
La piattaforma in 14 punti, che segue, fu elaborata dal 1945 al 1947 ad iniziativa di italiani, ex combattenti del Corpo Volontario della Libertà, entrati in servizio di Polizia (per contribuire alla costruzione della Repubblica e della Costituzione, nonché alla democratizzazione della Ps).
Successivamente, tra il 1945 e il 1946, intervenne l’epurazione e la repressione scelbiana contro tutti gli ex partigiani presenti all’interno del Corpo delle Guardie di Ps che provocò una fuoriuscita di circa 9.000 poliziotti tra dimissioni, licenziamenti ed espulsioni.
Questa la piattaforma:
«Al Presidente dell’Assemblea Costit. Roma
Alla Conf. Gen. Italiana del Lavoro Roma
Alla Conf. Gen. Italiana del Lavoro Genova
Le forze di Pubblica Sicurezza di Roma e di tutte le Questure della Repubblica vogliono far conoscere alle Autorità competenti e alla Cgil il seguente memoriale:
L’Assemblea Costituente che dopo i risultati delle elezioni del 2 Giugno sta per dare allo Stato Italiano un nuovo ordinamento democratico che dovrà rappresentare per ogni categoria di cittadini e di lavoratori la possibilità di far sentire le proprie esigenze e portare alla soluzione i propri problemi sembra voler dimenticare una categoria di cittadini non trascurabile, che sono le Forze della Ps
Quali sono le esigenze, quali sono i problemi delle Forze di Ps che ammontano a molte decine di migliaia che costituiscono una indispensabile ed attiva categoria di lavoratori ? Visto e considerato che, sia parte dei superiori diretti che delle Autorità competenti non si è avuta mai alcuna iniziativa diretta a portare un minimo di beneficio al Corpo degli agenti, gli agenti stessi si propongono di presentare ed agitare le seguenti rivendicazioni:
1)-Dare al Corpo un completo aspetto civile togliendolo dalla situazione confusa in cui si trova.
2)-Le Forze di Ps chiedono di costituirsi in sindacato di categoria perché siano riconosciuti loro diritti morali, materiali ed economici.
3)-Promulgare un nuovo regolamento del Corpo aggiornato e veramente democratico che sia mezzo efficace per reprimere ogni malcostume e corruzione. Commissioni democraticamente elette debbono affiancare la azione del Comando tenendo al miglioramento delle condizioni di assistenza, di igiene e della cultura degli agenti.
4)-Gli agenti di Polizia debbono essere considerati a tutti gli effetti impiegati di concetto (gruppo C) categoria Xa, ad essi verrà corrisposta una indennità di servizio adeguata al loro lavoro notturno e diurno al quale sono chiamati a svolgere.
5)-Dare a tutti gli agenti al compimento del 6° anno di servizio la possibilità di accedere ai gradi superiori senza limiti di età e pregiudizi del titolo di studio, tenendo conto che al grado superiore possono aspirare il 50% per anzianità e 50% per titolo acquisito.
6)-L’agente di Polizia non deve essere mai adibito a mansioni di servilismo non onora ma disonora gli stessi superiori che lo obbligano a tali mansioni screditando tutto il Corpo davanti ai cittadini.
7)-L’agente di Polizia deve essere arruolato a venti anni di età, e compiuti i 30 anni di servizio e raggiunta l’età di 50 anni, dovrà essere collocato a riposo. Sei mesi prima del collocamento a riposo debbono essere espletate le pratiche per la pensione, al fine di evitare che l’agente si trovi per circa un anno senza alcuna possibilità di vivere come accade nell’attuale ordinamento.
8)-Migliorare il trattamento economico, indennità di presenza, trasferta e di alloggio in modo da adeguarle all’attuale costo della vita. Tenere presente in questi miglioramenti che il servizio è quantomai gravoso, spesso senza limiti d’orario e riposo settimanale.
9)-Adibire al servizio sedentario gli agenti mutilati di guerra, mutilati in servizio e per causa di servizio, sempre che gli agenti mutilati siano collocabili.
10)-Abbassare il limite di età dai ventotto ai venticinque per il matrimonio e fornire ad ognuno la possibilità di mantenere dignitosamente la propria famiglia aumentando cioè gli assegni famigliari.
11)-Estendere effettivamente agli agenti il beneficio delle case popolari dell’I.N.C.I.S.
12)-Tener conto per quanto possibile delle richieste di destinazione per stabilire il proprio avvicinamento a casa dopo tre anni di servizio.
13)-Organizzare l’assistenza sanitaria in modo efficiente sia agli agenti che alle loro famiglie, mantenere durante il periodo di degenza e di convalescenza gli assegni tutti e non solo l’indennità di presenza anche quando la malattia non dipenda da cause di servizio.
14)-All’agente di Polizia civile che durante il servizio commette mancanze disciplinari non si debbono infliggere punizioni umilianti rinchiudendolo in camera di punizione ma va punito con punti di demerito oppure con una percentuale ritenuta sulla paga .
Gli agengi democratici
Roma lì, 27 febbraio 1947»
La storia di Raffuzzi non comincia da questa data ma inizia molto prima in quanto Alfredo fu Comandante Partigiano della 28^ Brigata Garibaldi.
Questa sua esperienza attirò l’attenzione degli ufficiali inglesi in quanto la precisione dei suoi tiri di mortaio contro le batterie tedesche divenne leggendaria.
Infatti, quando gli ufficiali inglesi di collegamento chiesero ai capi della Brigata chi fosse l’esperto ufficiale che dirigeva quei tiri e fu indicato loro quel giovane ragazzo che si chiamava Alfredo Raffuzzi restarono sbalorditi.
Terminata la guerra entrò in Polizia nel ’45, come capitano, cioè portandosi dietro il grado che aveva guadagnato nella guerra contro i tedeschi.
Poi arrivò Scelba e lo fece tornare guardia semplice poiché considerava gli ex partigiani una “peste”, cercando, tra l’altro, di buttarli fuori tutti dalla Polizia.
Con molti questa operazione riuscì ma con Raffuzzi, Scelba non la spuntò.
La sua vita professionale in gran parte si svolse a Roma e fu non solo la memoria storica della Polizia romana ma anche del nascente sindacato di Polizia.
Raffuzzi, tra l’altro, è stato quello che ha inventato la macchina fotografica in grado di prendere con un solo scatto il viso e il profilo. Con un sistema di specchi. La sua invenzione negli anni ’50 fu esportata in tutto il mondo, e nel 1959 fu inviato in missione in Svezia per presentare questa innovazione all’Esposizione Internazionale di Polizia.
Lui diceva che il poliziotto doveva essere un mediatore sociale, e che con la Riforma del 1981 si andava in questa direzione.
Però nel 2002 come una moderna Cassandra già presagiva che si stava buttando tutto al vento.
Nel ’50 era a Modena quando ci fu la rivolta operaia, e il 9 gennaio di quell’anno lui guidava un drappello di 15 poliziotti davanti alla Orsi, la fonderia dove tutti erano stati licenziati.
Quando arrivò il corteo, Raffuzzi iniziò a gridare al megafono: «amici operai, vi capisco, vi conosco, non facciamoci la guerra...». Discussero per mezz’ora, non ci fu contatto fisico. Poi, mentre il corteo faceva marcia indietro, da una via laterale partì una carica, chissà perché. E un brigadiere - lui lo vide - iniziò a sparare con la rivoltella. Prima in aria poi ad altezza d’uomo. Raffuzzi vide un ragazzo cadere a terra. Aveva ventun’anni, si chiamava Arturo Malagoli. Una pallottola alla nuca, morto. Malagoli aveva una figlia piccola, Marisa, che fu adottata da Nilde Jotti e da Togliatti.
Nel 2002 ad una intervista si disse disperato, poiché si era reso conto che gli apparati volevano trasformare di nuovo la Polizia in una forza di attacco e di repressione.
E così, sempre nel 2002, lanciò un allarme «Bisogna fermarli».
La storia di Cassandra la conosciamo tutti, ma se fosse stato ascoltato avremmo evitato episodi come quelli di Napoli, di Genova, della Diaz, di Federico Aldrovandi e tanti e tanti altri casi che servirebbe un articolo a parte per citarli tutti.
Inoltre ebbe a dichiarare: «Se si rompe la fiducia tra il cittadino e la Polizia è un disastro per la convivenza civile». Raffuzzi diceva di sognare il giorno in cui una mamma dirà al bambino: «Se hai bisogno di aiuto rivolgiti a quello in divisa. Puoi fidarti». Adesso invece gli dice: «Vedi quello in divisa? Attento, perché ha picchiato tuo fratello...»
Quante riunioni con lui in Cgil e in giro per Roma. Lui mai in prima fila, sempre seduto tra la gente con quegli occhialetti calati sul naso, l’immancabile sigaro, il suo borsetto di pelle marrone sempre a spalla al cui interno non mancava mai qualche copia della Costituzione Italiana (alcune delle quali omaggiate a giovani poliziotti affinché ne conoscessero tutti i dettami) e l’immancabile block notes dove trascriveva puntualmente tutti gli interventi, i luoghi, i momenti, le sensazioni, di chi prendeva la parola.
Lui, grande inventore che ha sempre preferito la matita, la penna e il block notes ad un più semplice e moderno registratore.
Nei suoi interventi, con quel suo mai perso forte accento romagnolo, ci raccontava del suo passato insegnandoci su come affrontare e costruire il futuro.
Mi auguro che la famiglia conservi tutto quel materiale e che un giorno possa far parte del costituendo Centro Documentazione Franco Fedeli.
Ricordo ancora con un brivido che mi corre lungo la schiena quello che fu il suo intervento dal palco del 1° maggio del 1980 a Piazza San Giovanni a Roma in qualità di rappresentante nazionale del Movimento per la Riforma e la smilitarizzazione della Polizia: «La mia partecipazione a questa grande festa del lavoro, vuol significare il valore della solidarietà tra tutti i lavoratori e la conoscenza dei poliziotti di essere lavoratori tra i lavoratori nel contesto del mondo del lavoro in questa nostra Italia, Repubblica democratica fondata sul lavoro».
Poche parole, una piccola frase alla fine della quale da Piazza San Giovanni si alzò uno scrosciante applauso che, a pensarci oggi, ancora avverto una forte ed indescrivibile emozione.
La Riforma fu poi approvata a breve: il successivo 1° aprile 1981.
Forse nella data di nascita di questo grande uomo l’impronta della sua storia futura,
Alfredo Raffuzzi era nato il 1° maggio del 1925, ma suo padre, operaio e fervente antifascista, fu costretto a registrarlo il 2 maggio, in quanto i fascisti di Ravenna lo avrebbero massacrato di botte se avesse notificato all’ufficio anagrafico che gli era nato un figlio proprio nel giorno della festa dei lavoratori.
Ciao Alfredo e grazie.
Massimiliano
FOTO: Alfredo Raffuzzi
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