È stato uno tra i pilastri democratici del Comparto,
impegnato com’era a costruire una Polizia
realmente al servizio di cittadini e Istituzioni
La notte dopo Pasquetta, Armando Fontana ci ha lasciato a 90 anni appena compiuti, dopo una breve malattia.
Logicamente io e il collega Famà, nell’ultimo incontro avuto con lui pur nelle sue evidenti difficoltà avevamo ancora notato la sua ironia napoletana che lo ha sempre accompagnato nel corso della sua vita. Dopo il suo congedo aveva continuato a leggere libri ma aveva soprattutto continuato a perfezionarsi nell’arte di scultore, sua vera passione.
Tornano alla mente logicamente le giornate trascorse in tanti anni di lotta assieme alle sue direttive che erano soprattutto una scuola di vita.
Era stato proprio Armando, negli anni ’70, ad avvicinare i primi pochissimi colleghi per delineare un’azione comune per unirla in tutto il Paese allo scopo di conquistare i diritti costituzionali, negati in quegli anni ai poliziotti essendo schiavi di una subdola militarizzazione.
Di nascosto, per evitare rischi di andare a finire in galera sotto la spada di Damocle del Codice Penale Militare e di essere schedato onde poter essere espulso dal Corpo delle allora Guardie di Pubblica Sicurezza o, nella migliore delle ipotesi ,di essere trasferito in Sardegna, ci si riuniva sul molo della nostra cittadina ove potevamo osservare eventuali spioni pronti ad azzannarci.
Attraverso la esplosione democratica iniziata da Franco Fedeli con i suoi mensili, “Ordine Pubblico” e poi “Nuova Polizia”, il Movimento dei Carbonari dei poliziotti oramai inarrestabile, dopo innumerevoli articoli, manifestazioni pubbliche, assemblee, sfilate, la legge 121/81 veniva conquistata sul campo democratico.
Armando è stato uno dei primi pilastri democratici che hanno lasciato un segno indelebile in questa sofferta lotta e mai ha mancato un giorno al suo impegno per avere una Polizia democratica, una Polizia giusta con i ricchi e i poveri, una Polizia realmente al servizio esclusivo delle Istituzioni strettamente legata però ai cittadini. Ricordo sempre le parole segnate dalla sua vita da autodidatta che valevano più di un qualsivoglia diploma, formatasi a partire dalla lettura del magnifico libro di Jack London “Il tallone di ferro” per poi passare al filosofo Bertrand Russell che lo aveva guidato nei solchi delle vie calpestate per avere i diritti. In questo suo percorso culturale aveva sempre sottolineato che il poliziotto doveva più usare i libri che il manganello d’ordinanza.
Per questo suo stile, la sua vita era stata raccontata da Sandro Medici nel suo libro “Vite di poliziotti” del 1979 riscuotendo notevole successo specialmente tra gli addetti ai lavori. In quegli stessi anni Armando divenne uno dei poliziotti più amati e stimati da Franco Fedeli antesignano della Riforma e della democratizzazione dei poliziotti.
La sua guida ha avuto sempre quella filosofia di vita legata ai principi del diritto e della dignità da conquistare facendo il proprio lavoro con responsabilità, ma con un alto senso del dovere da esercitarsi con specchiata onestà e trasparenza.
Miriadi di ricordi mi sovvengono e sarebbe molto difficile elencarli tutti, perché hanno sempre rappresentato episodi degni di rilievo assoluto in quanto ogni pensiero, ogni azione, ogni suggerimento si delineava non con elementi di egoismo personale riferito alle carriere facili, a conquiste settarie o ancor peggio settoriali, ma entravano nel vivo delle questioni vitali per un sindacato. La parità tra personale maschile e femminile, l’alta professionalità da raggiungere con lo studio e con corsi specifici, il dialogo costruttivo con le alte sfere senza pregiudizio ma con una fermezza etica e morale assolute, il dialogo tra le varie specialità del Corpo con le altre Forze di polizia in relazione a problemi di coordinamento e, soprattutto, il rispetto assoluto del cittadino erano il suo pane quotidiano.
Per capire la personalità di Armando Fontana basta e avanza questo episodio che la dice lunga sulla sua estrema e capillare attività di intervento sui temi basilari di confronto con il potere. Appena varata la riforma 121/81 il questore dell’epoca – 1981/1982 – aveva radunato il personale sottolineando la tematica del nuovo regolamento di disciplina, non entrando minimamente nello specifico della legge. Successivamente, nel primo incontro con la Segreteria e il Direttivo appena nato del Siulp, tenutosi nel suo ufficio, il questore aveva dichiarato la sua completa collaborazione a trattare i vari argomenti sul tappeto aprendo, nella circostanza, una possibile azione di novità rispetto al passato. Armando, immediatamente, dopo queste parole che potevano aprire porte sbarrate fino ad allora, rispose in questa maniera: “Signor questore nel ringraziarla per la sua azione di apertura le ricordiamo che questa sua nuova predisposizione per le trattative future non potrà però più tenerle nel suo ufficio ma dovrà, sin da domani, creare un ufficio per le trattative col sindacato, che diverrà un terreno neutro senza alcuna sudditanza psicologica verso di lei che rappresenta il ministero dell’Interno. Buongiorno”. Logicamente il questore, osservando quel saluto secco e inusuale da parte dei suoi dipendenti rimase molto scosso percependo l’importanza delle nuove regole rivoluzionarie appena nate. E’ inutile ricordare che dopo pochi giorni il nuovo ufficio delle trattative sindacali venne inaugurato.
Appunto per tale grinta, non disgiunta da una notevole preparazione sui temi da trattare, Armando fu sempre stimato ma anche temuto dato il suo carattere fermo e deciso, difficilmente plasmabile.
Un suo atto incredibile fu allorquando venne arrestato il Capitano del Reparto Celere di Padova Salvatore Margherito per la sua denuncia circa le violenze e l’uso di manganelli proibiti di quel Reparto, si autodenunciò per avere fatto le stesse dichiarazioni. Fortunatamente non fu perseguito in quanto allora era ancora vigente il Codice Penale Militare che lo poteva colpire duramente.
Ecco, in poche e semplici parole, ho spiegato chi mi ha guidato e chi ha guidato il sindacato ad Imperia con il suo esempio quotidiano nelle lotte sindacali, ma ha guidato molti colleghi che ancora oggi lo piangono. Rimane evidente che i suoi desideri di essere cremato e di raggiungere il mare aperto senza troppe ricorrenze, non possono sottrarre, noi primi Carbonari del Movimento, a ricordarlo a breve con una giornata cittadina a sua memoria. L’unica mia amarezza è quella che, come a tutti i grandi personaggi, spesso accade di non essere tenuto in giuste considerazioni dagli organi sindacali centrali. Ma si capisce questa strategia. Gli Armando Fontana davano e danno fastidio perché si sono sempre posizionati fuori dal solito coro dei navigatori di cabotaggio e cioè dei carrieristi ad oltranza.
Ciao Maestro di vita, sarai ricordato dai tuoi amici e compagni di lotta come un baluardo invincibile e un fulgido esempio di coerenza assoluta.
Ti saluto con un aforisma del tuo amato filosofo Bertrand Russell. “L’etica è l’arte di raccomandare agli altri i sacrifici richiesti per cooperare con noi stessi ”.
FOTO: Armando Fontana
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