Gli interventi normativi più recenti hanno legittimato la rivendicazione, da parte degli Enti locali, di un ruolo sempre maggiore nelle politiche della sicurezza urbana, in ossequio al principio di sussidiarietà verticale: dall’art. 15, legge n. 121 del 1981 (letto congiuntamente all’art. 3 della legge n. 65 del 1986), che ha stabilito che “le Autorità provinciali di Pubblica sicurezza, ai fini dell’ordine e della sicurezza pubblica e della prevenzione e difesa dalla violenza eversiva, sollecitano la collaborazione delle amministrazioni locali e mantengono rapporti con i sindaci dei Comuni”; all’elezione diretta del sindaco, ex legge n. 81 del 1993, a seguito della quale il vertice politico delle amministrazioni locali si è sentito chiamato a rispondere alle istanze di sicurezza avanzate dai propri cittadini; al decentramento amministrativo, con il trasferimento di funzioni dallo Stato alle Regioni e agli Enti locali, attuato con la legge 15 marzo 1997 n. 59, e il d.lgs. 31 marzo 1998 n. 112 (ex artt. 158-164, le funzioni ed i compiti amministrativi relativi alla Polizia amministrativa locale comprendono le misure dirette ad evitare pregiudizi a persone o cose nello svolgimento di attività di competenza, anche delegata, degli Enti locali, senza pregiudizio per l’ordine e la sicurezza pubblica); al d.lgs. n. 279 del 1999, che ha esteso la partecipazione al Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica al sindaco del capoluogo, e al Presidente della Provincia, nonché ai sindaci degli altri Comuni interessati, quando devono trattarsi questioni riferibili ai rispettivi ambiti territoriali; alla riforma costituzionale del 2001, che ha modificato il Titolo V della Costituzione; al d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito nella legge 24 luglio 2008, n. 125, che con l’art. 6 ha recentemente modificato l’art. 54 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, in materia di attribuzioni del Sindaco, limitatamente alle funzioni espletate dallo stesso quale ufficiale del governo.
Il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito nella legge 24 luglio 2008, n. 125, “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica” (art. 6), ha previsto che i piani coordinati di controllo del territorio possano realizzarsi anche per specifiche esigenze dei Comuni diversi da quelli dei maggiori centri urbani, determinando i rapporti di reciproca collaborazione fra i contingenti di personale della Polizia municipale e provinciale e gli organi di Polizia dello Stato.
La stessa legge, all’art. 7, comma 2, ha demandato ad un decreto del Ministro dell’Interno l’individuazione delle procedure da osservare per assicurare, nel corso dello svolgimento dei piani coordinati di controllo del territorio, le modalità di raccordo operativo tra la Polizia municipale, la Polizia provinciale e gli organi di Polizia dello Stato.
Il ricorso allo strumento pattizio per garantire la sicurezza delle comunità locali, con l’intervento dei diversi livelli di governo del territorio, segna il punto di incontro tra la crescente dimensione delle problematiche che investono la sicurezza, e la necessità di coordinare ed integrare le azioni dei soggetti istituzionali tenuti ad intervenire per rafforzare la percezione di sicurezza dei cittadini.
L’impegno crescente degli Enti locali nella gestione della sicurezza urbana non può essere svincolato, per espressa riserva costituzionale (art. 117, lett. h), da forme di collaborazione strutturale ed operativa con le amministrazioni statali.
I Patti per la sicurezza hanno portato le autonomie locali a sviluppare un sistema di sicurezza integrato, con il concorso di soggetti diversi nella progettazione e realizzazione delle politiche per la sicurezza, ciascuno con la propria specificità: le amministrazioni locali, con azioni di prevenzione e di inclusione sociale, le Forze dell’ordine con azioni di contrasto e repressione, la cittadinanza con l’offerta di collaborazione e di informazione.
Lo sviluppo integrato delle politiche di sicurezza ha consentito di migliorare la vivibilità delle città, riducendo il senso di insicurezza del cittadino, così implementando la qualità della vita; le condizioni dei servizi sociali; la tutela dell’ambiente; i progetti di area per il lavoro e lo sviluppo; le politiche di intervento per le vittime di delitti; il risanamento del degrado urbano.
Tuttavia, nelle moderne e complesse società, la sicurezza pubblica non può essere considerata monopolio delle sole Istituzioni pubbliche: pur essendo la materia esclusiva potestà dello Stato, per il raggiungimento di standard accettabili, occorre la collaborazione anche delle componenti della società civile. La sicurezza oggi è soprattutto vivibilità dei nostri quartieri, degli ambienti di vita ordinaria, quale condizione per lo sviluppo socio-economico e per la crescita della comunità.
L’art. 1 del T.u.l.p.s. afferma la competenza statale nella gestione dell’ordine e della sicurezza pubblica, nonché nella garanzia dell’incolumità dei cittadini e della tutela dei loro beni, ma evidentemente non impedisce che altri soggetti, pubblici e privati, possano operare e collaborare.
Questa strategia ha avuto l’effetto di suscitare risposte diversificate al bisogno di sicurezza, fornite anche da soggetti diversi dalle Forze di polizia, con il sempre più ampio coinvolgimento degli Enti territoriali.
Si è progressivamente andato affermando il concetto di “sicurezza condivisa”, “partecipata”, “integrata”, sotto l’indiscusso controllo e governo degli apparati statali, centrali e periferici, e con l’indispensabile contributo di ogni componente pubblica in grado di offrire la propria esperienza e competenza.
Attraverso gli accordi tra Stato, Regioni, Province e Comuni, si è creata una forte sinergia, funzionale a sostenere progetti per la sicurezza della collettività, con la condivisione delle risorse umane e finanziarie.
Il modello coordinamentale, attuato nei Patti per la sicurezza, ha offerto la cornice condivisa non solo per l’esercizio dei poteri sindacali, e per una sinergica azione tra forze di Polizia statale e Corpi di Polizia locale, ma anche per il coinvolgimento dei cittadini, singoli e associati, secondo il principio di sussidiarietà orizzontale (art. 118 Cost.), in attività di sicurezza urbana.
Questo nuovo modo di intendere la sicurezza ha maturato l’idea che anche le “polizie private” potessero fornire un contributo complementare e sussidiario rispetto al lavoro delle Forze dell’ordine.
E’ stata evidente la necessità di pensare a modelli di sicurezza globale che distinguessero tra una “sicurezza primaria”, affidata alle Forze ed ai Corpi di Polizia, con l’esercizio di potestà autoritative e coercitive, ed una “sicurezza complementare”, delegata ai privati, in forma individuale o associata, con attività che non presupponessero l’esercizio di attività tecnica di Polizia.
La sicurezza secondaria, sussidiaria, ausiliaria ed integrativa, è stata attuata da soggetti con profili giuridici differenti: volontari cui è stata riconosciuta la qualifica di agente di Pubblica sicurezza (ad es. i barracelli, che pur non essendo pubblici dipendenti, per le funzioni svolte nell’ambito del territorio di competenza, rivestono, a seguito di decreto prefettizio, la qualifica di agenti di Pubblica sicurezza); i volontari cui è stata riconosciuta la qualifica di incaricato di pubblico servizio (in presenza di una situazione nella quale il volontario coopera nella gestione di un “servizio di Pubblica sicurezza”, esso viene a svolgere un pubblico servizio, inserito ed inquadrato nell’Amministrazione della Pubblica sicurezza. Evidentemente, non potrà essere considerato alla stregua di un incaricato di pubblico servizio quel volontario che svolge “semplici mansioni di ordine” e presta “opera meramente materiale” ex art. 358 C.p.); lavoratori dipendenti cui è stata riconosciuta la qualifica di incaricato di pubblico servizio (guardie particolari giurate; steward; personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi); lavoratori dipendenti sprovvisti di una qualifica pubblica (il personale della security aziendale, che si occupa dello studio, sviluppo ed attuazione delle strategie, delle politiche e dei piani operativi volti a prevenire, fronteggiare e superare eventi in prevalenza di natura dolosa e/o colposa che possono danneggiare le risorse materiali, immateriali, organizzative e umane di cui l’azienda dispone o di cui necessita per garantirsi una adeguata capacità di sviluppo nel breve, nel medio e nel lungo termine).
Non violando il principio di sovranità statale in materia, ma precisando a quali condizioni tali attività potessero considerarsi legittime, sono state deliberate importanti modifiche al T.u.l.p.s. sul tema della “vigilanza privata”, così giungendo ad attribuire alle guardie particolari giurate, impegnate nella vigilanza di beni mobili ed immobili, la qualifica di incaricati di pubblico servizio.
Il primo concreto riconoscimento legislativo è stato offerto dal decreto 13 settembre 2002, n. 263, “Regolamento in materia di affidamento in concessione dei servizi di sicurezza in ambito aeroportuale”, modificativo del decreto ministeriale 29 gennaio 1999, n. 85, recante norme di attuazione dell'articolo 5 del decreto-legge 18 gennaio 1992, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1992, n. 217 (G.U. del 21 novembre 2002 n. 273).
In tale disposto normativo, con riferimento ai compiti delle guardie particolari giurate, è stato fatto un generico riferimento ai “servizi di controllo” in ambito aeroportuale.
L’art. 5 ha disposto: “Ferme restando le attribuzioni e i compiti dell'Autorità di Pubblica sicurezza e dell’autorità doganale, nonché i poteri di Polizia e di coordinamento attribuiti dalle disposizioni vigenti agli organi locali dell’amministrazione della navigazione aerea, è consentito l’affidamento in concessione dei servizi di controllo esistenti nell’ambito aeroportuale, per il cui espletamento non è richiesto l’esercizio di pubbliche potestà o l’impiego di appartenenti alle Forze di polizia. […] Il Ministro dei Trasporti, di concerto con il Ministro dell’Interno, con proprio decreto stabilisce le condizioni, gli ambiti funzionali e le modalità per l’affidamento in concessione dei servizi predetti, i requisiti dei soggetti concessionari, le caratteristiche funzionali delle attrezzature tecniche di rilevazione eventualmente adoperate, nonché ogni altra prescrizione per assicurare il regolare svolgimento delle attività aeroportuali”.
L’art. 7 ha statuito: “Per quanto di rispettiva competenza il Ministero dei Trasporti e della Navigazione e l’ Amministrazione della Pubblica sicurezza esercitano il potere di vigilanza e di controllo sui servizi previsti dal presente regolamento, sugli addetti, sui macchinari e sulle misure adottate, con particolare riferimento alla funzionalità del servizio ed al rispetto degli standard richiesti a livello internazionale”.
Qualche anno dopo, sull’onda dell’emergenza terroristica, la legge n. 155 del 31 luglio 2005, “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale”, (G.U. del 27 luglio 2005 n. 173), all’art. 18 ha statuito: “Ferme restando le attribuzioni e i compiti dell’autorità di Pubblica sicurezza, degli organi di Polizia e delle altre autorità eventualmente competenti, è consentito l’affidamento a guardie giurate dipendenti o ad istituti di vigilanza privata dei servizi di sicurezza sussidiaria nell’ambito dei porti, delle stazioni ferroviarie e dei relativi mezzi di trasporto e depositi, delle stazioni delle ferrovie metropolitane e dei relativi mezzi di trasporto e depositi, nonché nell’ambito delle linee di trasporto urbano, per il cui espletamento non è richiesto l’esercizio di pubbliche potestà o l’impiego di appartenenti alle Forze di polizia.
Ai fini di cui al comma 1, il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti stabilisce, con proprio decreto da adottarsi di concerto con il Ministro dell’Interno, le condizioni, gli ambiti funzionali e le modalità per l’affidamento dei servizi predetti, i requisiti dei soggetti concessionari, le caratteristiche funzionali delle attrezzature tecniche di rilevazione eventualmente adoperate, nonché ogni altra prescrizione ritenuta necessaria per assicurare il regolare svolgimento delle attività di vigilanza.
Con decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, per i porti e le stazioni ferroviarie, ovvero con delibera degli organi competenti per i luoghi, le installazioni e i mezzi di rilievo locale, sono stabiliti gli importi posti a carico dell’utenza quale contributo alla copertura dei costi dei servizi di cui al comma 1, senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato”.
Evidente è stato il salto di qualità, non solo nominale, delle attività descritte nel nuovo disposto normativo. Si è passati da “servizi di controllo” a “servizi di sicurezza sussidiaria nell’ambito di luoghi pubblici o aperti al pubblico, per il cui espletamento non è richiesto l’esercizio di funzioni pubbliche o di poteri autoritativi”.
Si è preso atto dell’impossibilità di impiegare le Forze di polizia in tutti i contesti sociali ed economici che necessitano di un puntuale monitoraggio e controllo, limitando il loro intervento, per un chiaro principio di economicità delle risorse, alle situazioni che impongono un intervento urgente di tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico.
Sono così “spuntate” guardie particolari giurate davanti alle banche, negli aeroporti, nei porti, nelle stazioni ferroviarie, nei mercati, nei centri commerciali, al servizio delle aziende, delle società, dei gruppi industriali-commerciali-bancari-assicurativi-finanziari.
La figura del metronotte, cara alla filmografia neorealista del secondo dopoguerra, che in bicicletta vegliava sulla proprietà privata, nella nuova realtà sociale ed economica ha subito una significativa ed accelerata evoluzione.
Ciò ha consentito agli istituti di vigilanza e alle guardie particolari giurate (sempre più mature, specializzate, e consapevoli professionalmente), di svolgere servizi ed attività originariamente affidati e riservati alla forza pubblica.
Contemporaneamente è stato ampliato l’ambito tradizionale dei servizi offerti dagli istituti di vigilanza privata, funzionale alla “custodia e vigilanza di beni mobili ed immobili”: dal tradizionale servizio di piantonamento fisso, ai controlli dinamici, al servizio di videosorveglianza (strettamente connesso con il servizio di teleallarme), al trasporto di valori e/o preziosi, alla custodia di beni e preziosi, al servizio di radiolocalizzazione satellitare.
Nell’ambito della sicurezza secondaria, il criterio attraverso il quale è stato diversamente legittimato il contributo reso dai privati, (con un progressivo riconoscimento di qualifica, in senso ascendente: volontario; incaricato di pubblico servizio; pubblico ufficiale; agente di Ps), costituisce non solo la misura di considerazione sociale di cui godono certe figure (in particolare, i modelli storicamente più risalenti), oppure, il diverso grado di accettazione che l’ordinamento rivolge al contributo di sicurezza complementare reso dai soggetti privati, quanto piuttosto l’esito di un giudizio di compatibilità dei modelli di “sicurezza sussidiaria-integrativa” sviluppati socialmente, con l’attuale quadro costituzionale della Pubblica sicurezza.
Lo Stato, in un’ottica di sussidiarietà, sotto la guida e la direzione dei suoi organi periferici (prefetti e questori), per evitare i rischi di frammentazione e di duplicazione, e per precisare in modo chiaro le forme della “prossimità” e della “partecipazione”, ha promosso ed orientato lo sviluppo di un “modello di sicurezza allargato”, idoneo a compendiare l’azione di una fitta rete di soggetti (pubblici, privati, associazioni, imprese, sindacati... ) coinvolti a vario titolo nei processi decisionali e gestionali della sicurezza, al fine di potenziare l’azione preventiva di presidio, vigilanza e controllo del territorio.
Ciò al fine di ottimizzare l’esercizio della funzione pubblica, integrata dall’azione di operatori privati, formati, accreditati e indirizzati dalle competenti Autorità di Pubblica sicurezza, nelle forme previste dalla legge.
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