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Marzo-Aprile/2013 - Panorama sindacale
Le notizie dei sindacati
di

Emergenza carceri

A fronte di un sovraffollamento che ha raggiunto quasi il 50% sono sempre più pesanti le carenze di organico fra coloro che le carceri le dovrebbero sorvegliare: gli agenti di Polizia Penitenziaria. E’, questo, il dato più allarmante che emerge dal “Primo congiunto sulla situazione delle carceri del Lazio” realizzato dal Garante dei detenuti Angiolo Marroni e dalla Cgil Funzione Pubblica di Roma e Lazio.
Nelle carceri della Regione, il tasso di sovraffollamento è del 46%. Le percentuali più alte si registrano al Nuovo Complesso di Civitavecchia con l’88%, a Latina con l’85% e a Cassino con il 73%. In assoluto, il carcere con più detenuti è Rebibbia N. C., per altro privo di un direttore effettivo.
Il lavoro quotidiano compiuto dagli operatori del Garante e le testimonianze degli agenti hanno permesso di tracciare un quadro della situazione delle carceri del Lazio che il rapporto non esita a definire “allarmante”. Il 93% dei detenuti sono uomini; il 40% non è un cittadino italiano; il 44% è in attesa di giudizio definitivo. In carcere, oltre ai detenuti, ci sono anche 17 bambini di età inferiore ai 3 anni, figli di detenute madri. Fra la popolazione maschile sono ricompresi anche 23 transessuali, uomini per l’anagrafe ma donne nel fisico, rinchiusi in speciali sezioni delle carceri maschili.
«Dal rapporto - ha detto Angiolo Marroni - emerge la crisi di tutti gli ambiti che riguardano il carcere: dalla sanità all’istruzione, dalla formazione al lavoro fino al delicato tema del reinserimento sociale di chi ha scontato la pena. Una situazione destinata a peggiorare visto che il Prap ha comunicato, per il 2013, tagli di budget per le attività culturali, ricreative e sportive ed alle mercedi dei detenuti lavoranti mentre, per le politiche della tossicodipendenza, non ci sono più stanziamenti. In ultima analisi, la drammatica situazione rende inattuabile l’articolo 27 della Costituzione, che prevede che le pene non possano consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e debbano tendere alla rieducazione del condannato».
Secondo il Garante, l’ambito più delicato è il diritto alla salute. In assenza di statistiche ufficiali, l’esperienza sul campo ha accertato che il 35% dei detenuti è tossicodipendente; circa il 50% assume psicofarmaci e solo il 10% può contare su un sostegno psicologico. Fra i detenuti, anche 25 minorati psichici ed oltre 150 internati provenienti dagli ospedali psichiatrici giudiziari. Le carenze riguardano, soprattutto, l’assenza di una politica regionale per la sanità penitenziaria a 5 anni dal trasferimento delle competenze dal ministero di Giustizia alle Asl (Dpcm 1/4/08), che causa una disomogeneità dei servizi erogati.
«Molte problematiche - ha aggiunto il Garante - sono legate al deficit della sanità regionale, che causa ritardi nella redazione dei piani per la salute mentale in carcere, la contrazione dei percorsi terapeutici per i tossicodipendenti e dei programmi in comunità terapeutiche. I mancati pagamenti da parte della Regione hanno causato anche l’interruzione del servizio di Telemedicina in carcere».
Per trovare una soluzione, il Rapporto Garante/Cgil suggerisce l’avvio di una programmazione regionale della sanità in carcere che consenta, fra l’altro, di rendere omogenee le procedure delle Asl, di potenziare le strutture di accoglienza, di garantire il pieno funzionamento delle strutture sanitarie nelle carceri e di finanziare progetti di inclusione sociale.
Un capitolo a parte merita la situazione della Polizia Penitenziaria. Nel Lazio sono in servizio 3.166 agenti contro i 4.136 previsti. Una dotazione inadeguata alle necessità. «Il lavoro dell’agente di Polizia Penitenziaria è l’emblema dell’impossibilità di essere normali - ha detto Paolo Camardella, segretario regionale Cgil Fp Roma e Lazio - Per citare alcuni casi, a Regina Coeli un agente deve controllare tre piani, a Frosinone, il pomeriggio e la notte, le sezioni vengono accorpate, a Rebibbia N.C. e a Regina Coeli il lavoro è aggravato dai piantonamenti in ospedale e dalle traduzioni in altri istituti e in Tribunali. A Viterbo e Civitavecchia si è aggiunta anche l’acqua all’arsenico, che costringe le carceri a rifornirsi all’esterno».
«E’ giunto il momento che le Istituzioni facciano sentire la propria voce - ha concluso Silvia Ioli, Segretario Regionale Cgil Roma e Lazio - Non si può più continuare a pensare che, all’interno delle carceri, lo Stato sia rappresentato solo dagli agenti di Polizia Penitenziaria».
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SIULP
Felice Romano, Segretario generale del Siulp nel commentare le polemiche dopo il lancio di uova contro i colleghi del Reparto Mobile, affera: «Quanto accaduto a Bologna è la dimostrazione che la Polizia di Stato, e quindi i poliziotti, dall’agente al Capo della Polizia, ha acquisito una professionalità e un equilibrio che non ha pari in nessun altro Paese.
Il nuovo indirizzo dato dal Prefetto Manganelli, richiesto con forza dal Siulp sino all’istituzione della Scuola per l’ordine pubblico, caso quasi unico nello scenario delle Forze di polizia, basa la gestione della piazza sull’attività di intelligence e di prevenzione. Un nuovo metodo che consente di conoscere in anticipo la stragrande parte dei manifestanti e che aggiunto alla preparazione tecnico-giuridica e psicologica dei poliziotti, con forte connotazione anche sul sociale, dimostra sempre più che è questa la pratica vincente per gestire al meglio le manifestazioni anche quando sono inquinate dai soliti professionisti del disordine.
Plauso e ringraziamenti ai colleghi per come è stato organizzato e gestito il servizio in occasione della manifestazione dei giovanissimi studenti. Questa volta il gioco non è riuscito grazie all’altissima professionalità dei colleghi di Bologna. Ciò è la dimostrazione dell’efficacia del nuovo modello di gestione dell’ordine pubblico, che sicuramente può essere sempre perfezionato e dell’alta professionalità dei poliziotti.
Professionalità - aggiunge Romano - che, oltre ad essere stata riconosciuta dal sindaco e dal Comune, dalle Istituzioni e dalla stessa politica in generale fatta eccezione per qualcuno che ha le idee un po’ confuse, mi auguro sia valorizzata e incoraggiata in una proposta premiale proprio perché ha evitato che la situazione degenerasse per la vile ed inutile aggressione consumata in danno dei poliziotti
«Per questo concludo con un appello: al questore di farsi promotore di questa proposta, alla politica affinché oltre alla riconoscenza per il lavoro che prestiamo si riappropri del proprio ruolo in modo da evitare che molte questioni che nulla hanno a che fare con la polizia si scaricano su di essa per mancanza di un interlocutore che dia risposte alle esigenze reali dei cittadini e soprattutto dei giovani e, per ultimo a quelle “cassandra” che, per soli scopi di populismo miope e dannoso, giocano su un terreno delicato ed esplosivo senza nemmeno conoscere le regole di base».

SIAP
Il Segretario provinciale di Catania Tommaso Vendemmia dichiara: «La spending review non aiuta ad adeguare il controllo del territorio alle nuove esigenze di una città in costante crescita. La città si è evoluta ma l’impianto di sicurezza resta lo stesso.
Non si comprende il perché si tarda a intervenire per la rimodulazione delle competenze territoriali delle Forze dell’ordine. Solo sei pattuglie a turno, cioè 12 poliziotti e nessuna Volante a causa dei tagli alle motorizzazioni, garantiscono gli interventi al 113. Un sistema ormai superato di prevenzione, rispetto alle nuove dinamiche territoriali.
Il Siap - continua il segretario provinciale - ritiene che il modello di sicurezza deve essere riportato nei commissariati di città, presidi importanti e nevralgici che potrebbero intervenire, pattugliare il territorio di competenza con più costanza ed efficacia e con l’ausilio, ove occorra, delle Volanti. Alcuni commissariati per ridimensionamento degli organici non pattugliano il loro territorio per l’eccessiva attività burocratica per lo più derivata dal decreto svuota carceri e dai daspo.
Si aggiunga poi la scarsità dei mezzi e le indagini a seguito delle denunce territoriali notevolmente aumentate. Recentemente nella cosiddetta “city” dei furfanti hanno tranquillamente sottratto cavi di collegamento lasciando il cuore economico della città senza collegamenti tele-informatici. Intere fette di città, specialmente di notte, restano “scoperte” sia per il nuovo piano coordinato di controllo del territorio con i Carabinieri, ma soprattutto per le chiamate al 112 o 113 che sottraggono le uniche unità operative della zona siano esser Volanti o Gazzelle».

SILP PER LA CGIL
Il Segretario generale provinciale di Genova Daniele Tissone dichiara: «Di fronte ad un significativo aumento sul territorio genovese di quei reati che dovrebbero essere combattuti con la prevenzione, continuata anche in piena campagna elettorale, il tambureggiante spot mediatico della questura che incoerentemente, pur addossando la responsabilità delle carenze d’organico ai tagli alla spending review, cerca di far credere ai cittadini che grazie al rigore di una politica repressiva starebbe risolvendo i problemi della sicurezza nei quartieri con maggior insicurezza percepita.
L’aumento dei reati dimostra esattamente il contrario. Raffrontando i dati relativi ai soli mesi di gennaio 2012 e 2013 ecco cosa emerge: borseggi da 64 a 112; furti veicoli da 53 a 69; furti in abitazione da 102 a 183; furti in negozio da 73 a 91; rapine da 21 a 46; scippi da 18 a 13; risse da 2 a 1. La diminuzione delle “risse” e degli “scippi” dimostra che la politica repressiva, definita dalla questura ad “alto impatto”, incide solo in superficie e parzialmente sul territorio, migliorando esclusivamente una limitata fetta di disagio, mentre chi organizza la malavita sul territorio lavora indisturbato perché s’investe sempre meno sulla prevenzione e l’aumento dei reati lo conferma.
Occorre quindi che le poche risorse della Polizia di Stato a disposizione dei genovesi, vengano utilizzate con equilibrio e senza demagogia! Siamo esterrefatti di fronte alle dichiarazioni politiche di un questore che finalmente si accorge che esiste la spending review solo per avere la scusa di tagliare i servizi ai cittadini, mentre continua uno spreco inaccettabile di risorse umane ed economiche!
Chiusi per dei turni interi l’ufficio denunce della sesta questura italiana; chiusi o drasticamente ridotti i posti fissi di Polizia negli ospedali; progettata la chiusura serale/notturna dei Commissariati di Sestri- Prè-Nervi; ridotte al lumicino gli organici dei Commissariati e delle squadre investigative della Squadra Mobile dei Commissariati stessi e sezioni Digos che hanno un ruolo preventivo sul territorio; mancano le auto per dare il cambio ai turni montanti della Squadra Volante (le pattuglie sono costrette a rientrare un ora prima in sede per consegnare l’auto mezzo al turno successivo); il personale in servizio alla Centrale Operativa del 113 è insufficiente per gestire la valanga di identificazioni “spot” prodotte sul territorio allo scopo di riempire i brogliacci della statistica.
Di fronte a questi esempi di preoccupanti criticità, ecco alcuni esempi di imbarazzanti sprechi: 8 poliziotti al giorno utilizzati 365 giorni all’anno per fare gli autisti al questore ed al Prefetto; utilizzo esagerato di personale a supporto degli stewards durante gli incontri di calcio (sino alle 40 unità: stesso numero di tutto l’organico di un commissariato); utilizzo mediatico del personale impiegato nel Centro Storico con gli Alpini (ricordiamo che i soldati non sono agenti di polizia giudiziaria).
Ma la questura genovese brilla anche per sprechi economici che fanno a cazzotti con la spending review!: abbiamo chiesto al questore se è normale che la maggior parte dei funzionari della Polizia di Stato ogni mese incassino il pieno di ore di lavoro straordinario mentre alla truppa vengono centellinate le indennità accessorie a discapito del loro stipendio e del servizio ai cittadini; abbiamo chiesto al questore se è normale che gli alloggi di servizio che dovrebbero essere riservati ai dirigenti dei commissariati per garantire assiduamente la loro presenza nella caserma, vengano assegnati gratuitamente ad altri funzionari (esempi: il dirigente del commissariato di Prè abita nell’alloggio presso il commissariato di Sestri P.; il dirigente del commissariato di San Fruttuoso abita nell’alloggio del commissariato di Chiavari); abbiamo chiesto ma... nessuno ci ha ancora risposto.
Il Silp, anche su queste mancate risposte chiederà l’attivazione di mirate indagini ispettive ministeriali a tutela della categoria e dell’immagine dell’Amministrazione».

COISP
Franco Maccari, Segretario Generale del Coisp, così commenta la grave sommossa avvenuta all’interno del Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria a Roma, dove il rifiuto di un nigeriano di essere rimpatriato per effetto di un decreto di espulsione, ha scatenato la reazione degli altri ospiti nigeriani che hanno dato fuoco a materassi, tavolini e suppellettili del settore maschile, causando danni per 100mila euro.
Durante il caos che ne è seguito, una funzionaria di Polizia, si è rotta e lussata una mano mentre un finanziere in servizio nel Cie è rimasto lievemente ferito. «Stiamo organizzando una raccolta fondi in favore della collega che è rimasta gravemente ferita durante la sommossa nel Cie di Ponte Galeria a Roma, perché ci aspettiamo che ora venga chiamata a risarcire i 100.000 euro di danni prodotti dagli extracomunitari non essendo riuscita a sedare la rivolta di uomini inferociti a mani nude, come ci si aspetta da un poliziotto italiano.
E’ normale che avrebbe dovuto farcela da sola, in fondo è per questo che è previsto un numero così esiguo di operatori della sicurezza in questi idilliaci luoghi di vacanza, no? E lei cosa fa invece? Non solo non impedisce che tutto venga messo a ferro e fuoco dagli ospiti della struttura, ma addirittura osa uscirne con una mano fratturata e lussata! Imperdonabile!
Se i poliziotti non riescono a svolgere il loro ruolo di supereroi o di maghi con la bacchetta magica, è chiaro il perchè non si riesca a gestire il fenomeno dell’immigrazione clandestina nella maniera migliore!.
Rimane costantemente sullo sfondo delle nostre giornate l’emergenza peggio gestita in questo Paese - continua Maccari - quella di un fenomeno di proporzioni ormai incontrollabili, l’immigrazione clandestina e tutte le problematiche che vi sono connesse. Ma solo sullo sfondo delle giornate degli operatori delle Forze dell’ordine e dei cittadini che spesso ne subiscono le peggiori conseguenze.
E intanto a fronteggiare tutte le implicazioni più pericolose ed esplosive della questione, restiamo solo noi tutori della sicurezza, esposti agli effetti nefasti della dilettantesca maniera di fare quasi tutto in Italia, ed a rischi per la nostra salute e la nostra incolumità, costretti a vivere situazioni operative all’interno dei Centri per immigrati al limite della dignità e della resistenza, uscendone, tanto per cambiare, con le ossa a pezzi e naturalmente, vista la tendenza emersa di recente, con il rischio di dover anche risarcire i danni!»

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