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Marzo-Aprile/2013 - Interviste
Sicurezza Stradale
Polizia Stradale. L’attitudine dell’esperienza
di a cura di Michele Turazza

In servizio può capitare di avere a che fare con fughe,
inseguimenti ma soprattutto incidenti. La gestione dello stress,
pertanto, è cosa fondamentale.
Incontro con Angelo Giangrandi, classe 1976: «Ho scelto questo
mestiere per motivazione ed empatia»


Li chiamano “stradalini”: sono le donne e gli uomini della specialità Stradale della Polizia di Stato, che operano lungo tutta la rete stradale e autostradale del nostro Paese, garantendo la sicurezza e la mobilità di tutti i cittadini. Sono circa 12.000 e hanno una loro scuola, a Cesena, il Centro Addestramento, che cura l’aggiornamento professionale, indispensabile dal momento che leggi e regolamenti che sono chiamati a far rispettare mutano repentinamente.
Abbiamo intervistato uno “stradalino”, Angelo Giangrandi, classe 1976, assistente della Polizia di Stato, nato a Forlì, dove abita con la moglie. In polizia da marzo 1998, è responsabile Silp-Cgil per la Stradale della sua città. E’ appassionato (in ordine sparso) di libri, cucina, pittura murale, gatti, fotografia, giochi da tavolo e informazione alternativa.

Perché ha scelto di diventare poliziotto?
Avevo 21 anni quando ho interrotto gli studi di Ingegneria a Bologna. Prima di optare per un nuovo percorso universitario, decisi di assolvere il servizio militare in modo più utile per me stesso, concorrendo per un posto da Agente Ausiliario di Leva nella Polizia di Stato. Sebbene non avessi progettato di trattenermi oltre l'anno obbligatorio, fui conquistato da questo ambiente. Intuii le prospettive e le soddisfazioni sia professionali che umane che avrei potuto ottenere. E così decisi di mettermi alla prova e capire che tipo di poliziotto sarei diventato.

Ha chiesto l’assegnazione alla specialità della Stradale?
Sì, dopo due anni di servizio presso la Questura di Milano ed un secondo corso di formazione, chiesi l'assegnazione ad un reparto di Polizia Stradale. La consideravo da sempre il “fiore all'occhiello” delle Specialità della Polizia di Stato, ma nella mia decisione contò certamente una motivazione più intima. Perché temi come “sicurezza”, “prevenzione delle stragi” e “contrasto alla violenza stradale” mi riguardavano da sempre. Almeno da quando, a tre anni di età, persi mio padre in un incidente stradale nel quale non furono mai accertate chiaramente le responsabilità.
Ma non scelsi questa specialità per una rivalsa nei confronti del destino, né per diventare un cieco "Giustiziere della Strada": semplicemente ritenevo di avere un bagaglio di motivazioni e la giusta dose di empatia per svolgere al meglio il mestiere dello "stradalino".

Sono previsti corsi di formazione specifici per i poliziotti della Stradale?
Ogni agente ha frequentato un corso di specializzazione presso il Centro Addestramento Polizia Stradale di Cesena (FC), unica struttura a livello nazionale, da pochi anni convertita in scuola di addestramento di tutte le Specialità della Polizia di Stato.
Oltre ad un addestramento pratico di guida e motoconduzione, qui si apprendono le principali normative attinenti i controlli di Polizia Stradale, nonché le tecniche di rilievo degli incidenti stradali. Periodicamente, lì si tengono anche corsi di aggiornamento su specifici temi, riservati a personale selezionato, proveniente da ogni Sezione del territorio nazionale.

Quali le esperienze prima di approdare alla Stradale di Forlì?
Dopo la parentesi nella Questura di Milano, sono stato assegnato alla Sottosezione Polizia Stradale di Verona Sud. Presso questo reparto, affiancato da colleghi giovani, preparati e motivati ho ottenuto le massime soddisfazioni professionali ed umane. Posso senza dubbio definire questa lunga parentesi lavorativa l'esperienza forte e significativa che meglio ha delineato i tratti della mia professionalità.
Dopo nove anni sono rientrato nella mia provincia di nascita, col trasferimento al Distaccamento della Polizia Stradale di Rocca San Casciano (FC), dove sono rimasto in forza per circa 3 anni, prima di approdare a Forlì.

Qualche dato sulla Sezione di Forlì?
Anche la mia Sezione (come molte altre realtà nazionali) si misura quotidianamente con la carenza di personale (in tutto, meno di quaranta unità) e con la scarsità dei mezzi. Escludendo le due arterie principali (l’autostrada A14 e la statale 3 bis “Tiberina”, alla cui vigilanza sono assegnati due specifici reparti), per la vigilanza nel territorio provinciale riusciamo a garantire circa due pattuglie al giorno, alle quali si aggiungono circa altrettante unità dipendenti dal distaccamento Polstrada di Rocca San Casciano. Coi numeri a disposizione, restano purtroppo scoperti alcuni servizi notturni infrasettimanali.
Dai servizi di pattugliamento vengono redatti circa 10.000 verbali annui. Ulteriori 20.000 verbali sono invece redatti d’ufficio tramite la gestione del servizio di controllo velocità Sicve-Tutor installato sulla A14. Complessivamente sono rilevati in media circa un migliaio di incidenti stradali annui, con circa 500 feriti e una dozzina di

Com’è la giornata tipo di un uomo o di una donna della Stradale?
Se ci atteniamo a quanto indicato nel foglio di servizio, potremmo riassumerla in: allestimento mezzo di servizio - copertura dell'itinerario - effettuazione controlli specifici. In realtà il servizio di vigilanza stradale permette ancora agli operatori una certa libertà di indirizzare i controlli verso le normative in cui si è più ferrati.
Il campo di applicazione dei controlli della Polizia Stradale italiana è infatti vastissimo e copre le normative più svariate: non esistono, a livello europeo, Forze di Polizia competenti al controllo e alla repressione delle violazioni in materia sia di Codice della Strada, sia di autotrasporto nazionale ed internazionale di merci-persone, sia di normative sanitarie, sia di trasporto di merci pericolose, sia di trasporto e gestione dei rifiuti, sia di trasporto di animali (solo per citarne alcune). Si può ben comprendere la difficoltà di formare omogeneamente un operatore su un tale complesso di norme, spesso in continua evoluzione.
Altra attività purtroppo frequente nella giornata di un uomo della Stradale è il rilievo dei sinistri, oltre agli interventi volti a risolvere le turbative alla viabilità in generale. Sarebbe opportuno anche un maggiore (anzi, massiccio!) investimento di risorse umane in attività di educazione stradale nelle scuole. C’è infine il lavoro d’ufficio relativo alla gestione dei verbali e dei ricorsi dei cittadini sanzionati.

Stare in strada significa essere costantemente esposti a vari rischi. Si è mai trovato di fronte a situazioni difficili da gestire, pensando di non farcela?
Ho spesso dovuto affrontare resistenze (fughe ed inseguimenti) e minacce verbali personali, ma fortunatamente non mi sono mai confrontato con manifestazioni di ostilità intenzionalmente dirette contro la mia incolumità o mirate a togliermi la vita. E' stata certamente una fortuna, ma è doveroso precisare che – statisticamente – le principali situazioni di pericolo per un agente della Stradale non vengono da sparatorie o aggressioni, ma dagli incidenti stradali in servizio (comprendendo in questi anche i numerosi investimenti).

Come è riuscito a gestire la paura?
E’ un argomento di difficile trattazione, perché l'analisi della situazione di rischio e la gestione del panico sono attività soggettive, dipendenti da troppi fattori. Sono state molte le occasioni in cui mi sono trovato in situazioni di forte stress, ma questo non si è mai evoluto in “panico”. Se fossi un presuntuoso, queste esperienze mi infonderebbero tranquillità e sicurezza nei miei mezzi. In realtà so che per tutti – me compreso – esiste un limite di tensione emotiva superato il quale sarà difficile gestire lucidamente le reazioni.
Personalmente, per imparare a conoscere (e allontanare) questo limite, mi è stata d'aiuto la pratica di alcuni sport da combattimento (Grappling Submission e Mixed Martial Art) ove ci si sottopone regolarmente a sparring in condizioni sotto sforzo, spinte -in modo controllato- sino ai limiti. Praticando questi sport non si diventa esperti di tecniche di autodifesa (che sono sistemi ben diversi), ma si trae un importante insegnamento: il panico si può gestire solo se ci si allena ad affrontarlo.

Davanti a un incidente stradale con morti, come è possibile che lo stato emotivo di forte stress cui è soggetto l’operatore di polizia non comprometta il difficile lavoro di rilevazione del sinistro?
Credo che sia per lo stesso motivo per cui un chirurgo non si fa condizionare dalla vista del sangue, o per cui un muratore non soffre le vertigini sulle impalcature. Da esperienze ripetute si conseguono attitudini. E ogni agente della Stradale impara presto a non farsi condizionare dalle circostanze, sposando tesi prima ancora di aver raccolto le prove.
Inoltre è bene precisare che gli incidenti più gravi vengono solitamente rilevati con l'ausilio di personale dell'Ufficio Incidenti. Il lavoro di squadra è di estrema utilità in quei frangenti, perché ripartisce il carico di lavoro degli operatori e attenua la fatica e l'ansia.

Prevenzione e repressione: come trovare il giusto equilibro?
La vera prevenzione non può prescindere da una buona educazione verso il rispetto del prossimo e dal senso civico, merci rarissime di questi tempi. Del resto, quando una classe dirigente (politica, istituzionale) erge a propria regola il disprezzo per tutte le regole, inevitabilmente in molti si sentono autorizzati a dare il peggio di sé, anche sulla strada. Per questi ultimi, assuefatti all'impunità e all'egocentrismo, mai sfiorati dall'autocritica, non credo esista possibilità di ravvedimento sulle loro condotte di guida, a meno di non assaggiare sulla propria pelle le conseguenze di un evento traumatico.
Nell’ultimo decennio l'Italia ha comunque registrato una notevole riduzione di morti in incidente stradale, quasi dimezzando i dati negativi rispetto al decennio precedente. E' un successo sicuramente dovuto all'introduzione di norme più severe, all'aumento dei controlli con etilometri e ad alcune campagne (come la “Brindo con Prudenza” della Fondazione Ania con la Polizia Stradale). Sono dell'idea che la repressione potrebbe essere migliorata (con un effetto positivo anche sulla prevenzione) con l'introduzione del reato di “omicidio stradale”, in grado di assicurare l'adeguata condanna al danno arrecato, ma anche con norme più restrittive e meno soggette ad interpretazione.
Per fare un esempio, sarei favorevole ad abbassare a zero il tasso alcolemico consentito, in modo che risulti chiaro a chiunque che se deve mettersi alla guida di un veicolo non deve aver bevuto nulla, senza aver avuto modo di pensare a quantità “prudenti” di alcol ammissibili.

E’ un lavoro da consigliare ad un giovane?
Certamente sì, questo lavoro restituisce grandi soddisfazioni, a patto di essere disposti a diversi sacrifici e a non sentirsi mai “arrivati”. Serve umiltà. Il miglior poliziotto della Stradale non è quello che sa guidare a 200 km/h o che redige venti verbali al giorno, ma quello che conosce le norme, studia, si aggiorna quotidianamente e impara dai propri errori.

Insomma, tra l’operatore della Stradale e un rambo, ce ne passa…
Proprio così!

Dopo quindici anni di servizio, ricollegandoci alla prima risposta, che tipo di poliziotto pensa di essere diventato?
Dovremmo chiederlo ai miei colleghi… o a chi mi ha incrociato sulla sua strada, durante un servizio di controllo (sorride). Non so, davvero. Posso solo sperare che quei princìpi ai quali ho indirizzato la mia professionalità, come trasparenza nell’operato, correttezza nei rapporti, empatia verso i miei interlocutori, continuo esercizio di autocritica, siano sempre e comunque filtrati dall’animo alla divisa e infine al cittadino.


FOTO: Angelo Giangrandi

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