La giustizia è uguale per tutti. Anche quando sbaglia.
Capita quindi, e spesso, che, a finire erroneamente dietro le sbarre, siano proprio i tutori dell'ordine e della sicurezza, uomini che nella giustizia ci credono e contribuiscono quotidianamente ad amministrarla
Luigi Taglialatela è un ex funzionario di Polizia giudiziaria della Squadra anticrimine della Questura di Avellino, una vita passata a servire lo Stato, indossando orgogliosamente una divisa che, dopo la bufera giudiziaria di cui è stato suo malgrado protagonista, abbandonerà per sempre.
L'incubo inizia una notte di giugno del 2002 quando sono i suoi stessi colleghi a fare irruzione in casa sua. In mano, un'ordinanza di custodia cautelare in carcere per associazione a delinquere, corruzione e favoreggiamento. Secondo le accuse, Taglialatela, sarebbe coinvolto in un giro di corruzione interno al carcere di Avellino.
L'uomo non ha neanche il tempo di realizzare, di reagire. Allo choc improvviso si aggiunge il trauma della privazione della libertà, l'umiliazione, l'impotenza: l'arrivo nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, l'ispezione corporale, l'isolamento in cella di sicurezza. Da qui la battaglia giudiziaria portata avanti dai legali che, fin dall'inizio, denunciano una cospirazione contro l'ex agente, un regolamento di conti interno al suo ambiente dovuto ad antichi rancori.Taglialatela resterà in carcere fino al 14 luglio del 2003, ma la sua personalissima odissea durerà fino al 25 giugno 2010, quando la Corte d'Appello di Napoli, in seguito a un rinvio della Cassazione, lo proscioglierà perché il fatto non sussiste.
La formula piena però non è una formula magica, e non basterà a cancellare le macchie del dubbio che tre gradi di giudizio e otto anni di sospetti hanno gettato sul buon nome di un onesto funzionario pubblico. Non servirà nemmeno, purtroppo, a riportare la serenità in una famiglia, forse, segnata per sempre.
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