home | noi | pubblicita | abbonamenti | rubriche | mailing list | archivio | link utili | lavora con noi | contatti

Giovedí, 22/10/2020 - 15:17

 
Menu
home
noi
video
pubblicita
abbonamenti
rubriche
mailing list
archivio
link utili
lavora con noi
contatti
Accesso Utente
Login Password
LOGIN>>

REGISTRATI!

Visualizza tutti i commenti   Scrivi il tuo commento   Invia articolo ad un amico   Stampa questo articolo
<<precedente indice successivo>>
Marzo-Aprile/2013 - Articoli e Inchieste
Armi Usa/2
L’emendamento della discordia
di Claudio Ianniello

Nel 2002 il regista e attivista politico Michael Moore, realizzò un film documentario sulle armi in America, prendendo spunto dalla tragedia avvenuta nel 1999 alla Columbine High School, nei pressi di Denver, Colorado, dove due studenti uccisero 12 ragazzi e un insegnante, poi si suicidarono.
Verso la fine del film di Moore è inserita un’intervista al presidente della Nra dell’epoca: il noto attore Charlton Eston. Durante l’intervista Eston dichiarò di avere armi in casa sempre cariche e pronte per la sua autodifesa. Sentendo questa affermazione, venne spontaneo per Moore chiedergli: “ perché le serve un’arma per autodifesa, non è mai stato vittima del crimine, non è mai stato aggredito, perché quindi non tenerle scariche le armi?” Eston rispose: “perché il Secondo Emendamento mi da il diritto di tenerle cariche, esercito uno dei diritti tramandati da quei saggi, vecchi, morti uomini bianchi che hanno inventato questo Paese. Se andava bene a loro, va bene a me”.
Il Secondo Emendamento. E’ attorno a questa norma costituzionale che in realtà ruota tutto il dibattito sulle armi.
Le parole dell’emendamento sono: “Essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una milizia ben organizzata, il diritto dei cittadini di possedere e portare armi non potrà essere violato”.
Cerco di capirci di più ed interpello il Professor Andrea Guaccero, ordinario di Anglo-American Company Law e Sistemi Giuridici Comparati, all'Università Roma Tre.
“Il Secondo Emendamento, introdotto nella Costituzione statunitense nel 1791 con il cosiddetto Bill of Rights - ci spiega il Professor Guaccero - afferma letteralmente il diritto individuale di tenere e portare armi, sulla base dell’assunto della necessità di un esercito adeguato per la sicurezza dello stato libero. In particolare, di recente la Corte è arrivata alla conclusione che il Secondo Emendamento è posto a tutela di un diritto individuale a portare armi, anche al di fuori del contesto militare e con obiettivi legittimi, quali l’autodifesa. La Corte ha però posto una serie di limiti alla considerevole ampiezza di questa lettura della norma. In primo luogo, le armi che si possono legittimamente portare sono solo quelle di uso comune, sia pure a fini militari, escludendo quindi quelle pericolose e non comuni. Poi, sono legittime le limitazioni a portare le armi per ragioni sia soggettive (ad esempio, per chi abbia commesso gravi crimini o soffra di una malattia mentale) sia oggettive (ad esempio, in scuole o edifici pubblici).
La Corte ha anche recentemente affermato che il Secondo Emendamento si applica non solo nei confronti del governo federale ma anche dei singoli stati, ribadendo espressamente che si tratta di norma fondamentale nel perseguimento dell’obiettivo della libertà.”
I primi dieci emendamenti alla Costituzione americana presentati da James Madison ed entrati in vigore il 15 dicembre del 1791, costituiscono nel loro complesso, come ricordato dal Prof. Guaccero, il Bill of Rights cioè la Carta dei Diritti Fondamentali. Il Bill of Rights tutela le libertà personali e limita il potere del governo centrale, bilanciando le previsioni della Costituzione del 1787 che attribuiva nuove prerogative alla Federazione.
Rappresenta quindi un’assicurazione di autodeterminazione per i singoli stati e garantisce la centralità dell’individuo come soggetto di diritti, intangibili da parte di un potere centrale. Bisogna considerare che la ratifica della Costituzione federale fu molto combattuta, e il Bill of Rights costituì una sorta garanzia per gli antifederalisti. Solo questo compromesso poté far ratificare la Carta costituzionale a tutti e tredici gli stati, due dei quali, Carolina del Nord e Rhode Island, la ratificarono infatti solo dopo l’approvazione, da parte del Congresso, del Bill of Rigths.
Ecco perché appare quasi impossibile oggi pensare di mettere mano al Secondo Emendamento. Della stessa opinione il Professor Gray, al quale però chiedo un’ ulteriore analisi.
Professore può spiegare perché a suo giudizio il Secondo Emendamento non è modificabile?
“Certo. Bisogna considerare innanzitutto che sono le ultime tredici parole quelle fondamentali per gli americani - il diritto dei cittadini di possedere e portare armi non potrà essere violato - perché rappresentano una libertà. L’esperienza americana è fondata su questi tipi di libertà. I padri fondatori avevano ben presente il problema dell’autorità centrale, perché la rivoluzione americana era sì una rivoluzione contro l’autorità dell’Inghilterra che amministrava le colonie, ma allo stesso tempo rappresentava anche una rivolta contro qualsiasi tipo di controllo centrale. Nel discutere su come strutturare il Paese, i padri fondatori decisero di superare la semplice confederazione di singoli stati, per arrivare ad un unico stato federale, ma tennero ben conto della diffidenza dei cittadini verso un accentramento eccessivo del potere governativo. Penso che anche in Europa, se Bruxelles si imponesse con dei poteri troppo forti, i cittadini dei vari stati sarebbero insofferenti e non lo accetterebbero. Così, per convincere i vari paesi dell’America ad entrare in un legame più forte, di tipo federale, si è dovuto, tra le altre cose, lasciare la possibilità ai singoli cittadini di tenere le armi, garantendo ad essi la facoltà di ribellarsi al potere qualora negli anni fosse divenuto oppressore o tirannico. Quello che voglio dire è che non si aveva alcuna intenzione di passare da un potere forte come quello britannico, ad un nuovo governo che riproponesse le stesse caratteristiche. Il Secondo Emendamento fa parte quindi dell’identità dell’esperimento americano. Credo che l’idea di avere la possibilità di ribellarsi al potere governativo abbia in qualche modo funzionato. Perché è anche per questo controllo, che viene dal popolo, se la libertà è salvaguardata negli Stati Uniti e se, magari, in America c’è un pochino meno corruzione che in alcuni paesi europei. E’ importante per un lettore europeo capire quanto questo concetto sia radicato in America, perché altrimenti rimarrebbe solo l’idea della folle possibilità di acquistare micidiali armi da guerra e compiere stragi. Detto questo non ritengo sia giustificato potersene andare in giro ed acquistare armi così sofisticate e pericolose, ma è lo stesso pensiero anche di molti sostenitori accaniti del Secondo Emendamento, solo che preferiscono correre questo rischio piuttosto che quello di modificare l’emendamento.”
Partendo dalle parole del professor Gray, e dalla sua spiegazione del “diritto alla ribellione”, non si può non considerare come il Secondo Emendamento sia collegato storicamente alla Dichiarazione dei Diritti Fondamentali inglese (Bill of Rights del 1689). Infatti nel Bill inglese, che le camere riunite dei Lords e dei Comuni fecero firmare ai sovrani Guglielmo III e Maria II, si legge: “ i sudditi protestanti possono avere armi per la loro difesa conformemente alle loro condizioni e come consentito dalla legge”. Questa clausola fu inserita perché precedentemente il cattolico Giacomo II, deposto durante la Gloriosa Rivoluzione, privò delle armi molti cittadini comuni, soprattutto protestanti. La necessità di preservare il popolo dal rischio di essere disarmato dalla Corona verrà quindi sentita anche dai coloni in America e tramutato in azione durante la rivoluzione contro L’impero britannico. Il diritto di ribellione si ritrova anche nei Commentari di Blackstone (autorevole trattato storico-analitico sul common law del XVIII° sec.), in cui il giurista britannico William Blackstone afferma il diritto naturale alla resistenza di un popolo ai tiranni. In alcune costituzioni statali americane, precedenti a quella federale del 1787, rifacendosi anche al pensiero di Blackstone si prevedeva già il diritto ad essere armati, prima del Secondo Emendamento. Ad esempio in quella della Pennsylvania del 1776 era scritto: “il popolo ha diritto di portare le armi per la difesa di se stessi e dello stato”.
Il Secondo Emendamento, attribuendo ai cittadini il potere di formare delle milizie per la difesa dello stato, rispondeva anche all’esigenza di non mantenere un esercito federale stabile in tempo di pace, che all’epoca era considerato una minaccia per la libertà e l’autonomia del popolo. A tal proposito molto chiare furono le parole di Elbrige Gerry, Vicepresidente di James Madison dal 1813 al 1814: “ A che serve, signore, la milizia? A prevenire la formazione di un esercito permanente, che è il flagello della libertà!”.
Durante i primi decenni dall’approvazione del Bill of Rights, la riluttanza generale ad armare corpi dello stato si manifestò anche nei confronti di coloro i quali erano preposti a far rispettare le leggi: gli sceriffi delle contee e gli agenti di polizia non sempre erano armati, ma potevano (in alcune contee americane possono ancora oggi) arruolare gruppi di cittadini come vigilantes armati in caso di bisogno. Questo in virtù dell’istituto di common law denominato posse comitatus di derivazione britannica.
Oggi i cittadini degli Stati Uniti si avvalgono dell’esercito più specializzato al mondo e di diversi corpi di polizia. Non devono difendersi da un invasore né reprimere rivolte, non hanno il compito di organizzare una milizia a difesa dello stato né la necessità di difendere le remote frontiere del west dagli assalti di banditi e di avventurieri. Non devono scontrarsi più con le tribù native. Nonostante questo, l’idea che debbano comunque sempre essere pronti alla difesa di qualcuno o di qualcosa non è cambiata.

<<precedente indice successivo>>
 
<< indietro

Ricerca articoli
search..>>
VAI>>
 
COLLABORATORI
 
 
SIULP
 
SILP
 
SILP
 
SILP
 
SILP
 
 
Cittadino Lex
 
Scrivi il tuo libro: Noi ti pubblichiamo!
 
 
 
 
 

 

 

 

Sito ottimizzato per browser Internet Explorer 4.0 o superiore

chi siamo | contatti | copyright | credits | privacy policy

PoliziaeDemocrazia.it é una pubblicazione di DDE Editrice P.IVA 01989701006 - dati societari