home | noi | pubblicita | abbonamenti | rubriche | mailing list | archivio | link utili | lavora con noi | contatti

Giovedí, 22/10/2020 - 15:16

 
Menu
home
noi
video
pubblicita
abbonamenti
rubriche
mailing list
archivio
link utili
lavora con noi
contatti
Accesso Utente
Login Password
LOGIN>>

REGISTRATI!

Visualizza tutti i commenti   Scrivi il tuo commento   Invia articolo ad un amico   Stampa questo articolo
<<precedente indice successivo>>
Gennaio-Febbraio/2013 - Contributi
Diritti e moralità, il compito del prossimo governo
di Giovanni Barrale - Segr. Sez. Ficiesse - Reggio Emilia

Nepotismo sfrenato, stipendi vergognosi ai dirigenti pubblici, lauree in svendita e la delusione del governo dei professori: ha senso parlare di lotta all’evasione fiscale nel Paese di “Scherzi a parte?” Di seguito, una libera manifestazione di pensiero di Giovanni Barrale, segretario della Sezione Ficiesse di Reggio Emilia.
Amiche ed amici, sento parlare di lotta all’evasione fiscale praticamente da quando sono nato e, purtroppo, non sono più un ragazzino. Ho accolto con favore tutti i provvedimenti restrittivi o, presunti tali, che negli anni si sono succeduti a cominciare dal celeberrimo “manette agli evasori”. Manette per chi poi, se in Italia per andare in galera devi essere un poveraccio o qualcuno non più inviso alla casta?
Credo che il punto focale, in effetti, sia proprio questo: in Italia non vi sono regole certe e quelle poche che esistono non valgono per tutti. So che la mia è una dichiarazione dura e mi scuso con i puri d’animo ed i buoni di cuore ma ritengo, e lo dico con profonda tristezza, di non esagerare.
In una nazione in cui il nepotismo non credo abbia più limiti ed ha raggiunto eccessi sconosciuti persino alla tarda età imperiale romana, almeno in Europa, che senso ha parlare di regole e di tasse?
In questi ultimi decenni in cui il ceto medio ed i ceti più poveri si sono visti depredare delle poche ricchezze che a fatica avevano accumulato o ricevuto in eredità ; abbiamo assistito inermi al proliferare di una classe dirigente autoreferenziale che ha superato ogni limite di sopportazione ed a volte persino la normale decenza.
In base a quale principio un dipendente pubblico piuttosto che un poliziotto percepisce uno stipendio di circa 1000/1200 euro al mese e gli altissimi dirigenti dello sStato, i più morigerati, tra l’altro, si posizionano ampiamente oltre la soglia dei 500.000 Eeuro annui? Le aziende pubbliche o a partecipazione pubblica sono sull’orlo della bancarotta o hanno perso consistenti quote di mercato ma i loro amministratori delegati percepiscono compensi che in alcuni casi superano il milione di euro annui? E vogliamo sottacere sui compensi dei politici? Come è possibile che siamo arrivati a questo punto? E’ davvero colpa dell’imprenditore onesto che fa una fatica immane per salvare la propria azienda dal fallimento o del commerciante “disonesto” che non batte lo scontrino, la situazione disastrosa in cui ci troviamo?
Qualche anno fa, talune università italiane, al solo scopo di fare cassa - perché non capisco quale altro scopo possa esserci stato - hanno permesso a dipendenti pubblici di conseguire una laurea senza fatica ed in alcuni casi senza nemmeno studiare. In certuni atenei ci sono stati “studenti” che hanno sostenuto soltanto l’esame di laurea con un test a crocette. Il colmo è che qualche tempo dopo una professoressa di quello stesso ateneo si è lamentata in pubblico che università italiane, al solo scopo di fare cassa, avevano praticamente “regalato le lauree” omettendo di dire che la più scandalose tra tutte era stata proprio la facoltà dove lei insegnava.
Dico questo con cognizione di causa perché sono tra coloro che hanno potuto beneficiare di tale privilegio anche se, per dovere di cronaca, io ero già laureato e non ho studiato nell’ateneo di quella professoressa di cui sopra. Sembra di essere su “Scherzi a parte” e verrebbe persino da riderci sopra se non fosse che è il nostro stesso futuro e quello dei nostri figli che questo sistema sta mettendo a rischio.
In una situazione come questa, in cui vengono chiesti ai cittadini dei sacrifici insopportabili, nel quale secondo il mio modesto parere siamo andati spesso molto vicini, persino a violare diritti garantiti dalla Costituzione, bisogna che chi mette le meni in tasca agli italiani dia l’esempio e sia al di sopra di ogni sospetto.
Non è più tollerabile che i massimi dirigenti della politica e della burocrazia continuino a percepire retribuzioni faraoniche, essere destinatari di privilegi, mentre i più, destinatari dello loro scelte, che almeno per il passato si sono rivelate sicuramente errate, sopportino da soli le sofferenze di politiche economiche e finanziarie restrittive così dure.
In tutto questo spreco, abuso, sperpero di denaro pubblico ha ancora senso, dunque, parlare semplicemente di lotta all’evasione come se fosse la panacea di tutti i mali?
Le tasse, per chi ancora non lo sapesse, servono per garantire l’erogazione di servizi nonché per le funzionalità tipiche di uno Stato moderno quali ad esempio la difesa dell’ordine pubblico interno, l’amministrazione della giustizia e la tutela dei propri interessi nazionali ed internazionali. Al solo scopo di permettere ciò e quindi garantire ai cittadini di godere di servizi e di un pace sociale interna ed esterna che vengono chiesti dei sacrifici cioè le tasse. I costi sono accettati dai cittadini che si privano di una parte della propria ricchezza nell’interesse generale che è anche il loro interesse particolare. La proprietà privata, però, secondo la dottrina liberale rimane un diritto inviolabile. In Italia viviamo ancora in uno stato liberale? Siamo ancora padroni di ciò che è nostro per definizione?
E’ corretto che sulla mia proprietà debba pagare delle tasse non più sopportabili? Un imprenditore ha il dovere morale di versare allo stato più del 50% di quello che produce? E per cosa poi? Basta leggere le statistiche di qualsiasi organizzazione internazionale o organismo sopranazionale per vedere in che condizione sono in Italia l’organizzazione della giustizia, l’efficienza ed efficacia della burocrazia, la sanità, la corruzione ecc. ecc. E per avere servizi di quart’ordine noi versiamo nelle casse dello Stato quanto se non di più di Stati quali la Gran Bretagna e la Germania il cui confronto è, ahimè, improponibile.
Uno stato di diritto come il nostro, deve porsi queste domande e cercare di trovare una soluzione invece di sperare di risolvere i propri problemi e la propria inefficienza cronica aumentando la tassazione. Questo sistema di tassazione ed i servizi che a fronte di tali prelievi vengono erogati non sono più moralmente accettabili ma soprattutto non sono più sostenibili.
Le nostre aziende chiudono anche per l’elevata tassazione a fronte, tra l’altro, di paghe miserabili pagate agli operai che ormai assomigliano sempre più a pensioni sociali piuttosto che al compenso per il lavoro prestato. In un momento così grave per la nazione è normale che gli uomini politici più amati dalla cittadinanza siano i populisti. Chi meglio di loro infatti può ad un popolo sotto choc far provare paura per il futuro e indicare di chi è la colpa. Risolvere i problemi, tuttavia, raramente è nei programmi dei populisti che spesso mirano alla soddisfazione personale a scapito di quella della collettività che li ha eletti. Io, personalmente, non credo che costoro possano essere la cura. Li considero, al contrario, la patologia di un sistema malato.
Attenzione, amici miei, questo è pericoloso, estremamente pericoloso. Il nostro Paese ha bisogno di politici di razza, di statisti veri ma il dubbio che in giro non ve ne siano comincia a pervadere anche i miei pensieri.
Ho salutato con speranza e fiducia l’ascesa del governo Monti e dei suoi tecnici. Ho commesso un errore. Questi professori, provenienti ovviamente dai nostri atenei, hanno considerato me e quelli come me i veri colpevoli della crisi ed hanno pensato solamente a spremerci fino all’osso non alzando nemmeno lo sguardo su chi vive nel privilegio e persino in alcuni casi nell’abuso. Si parla solo di tagli senza minimamente cercare di rendere più efficiente il sistema Italia.
Non sarebbe più ovvio ridurre i costi prima di pensare ad aumentare le entrate? Non ho studiato alla Bocconi né tanto meno nella costa est degli Stati Uniti ma è davvero così difficile da fare? E’ così assurdo togliere il privilegio delle auto di Stato? Giusto per citarne uno di quelli tra i meno tollerati!
Io, per concludere, ritengo che il vero problema non sia più l’evasione fiscale. In Italia si paga troppo, le tasse devono dunque diminuire non aumentare. Il problema è una burocrazia, sia statale che locale, non più accettata dal popolo. Questa classe dirigente inadeguata al ruolo ed in alcuni casi non all’altezza del compito deve essere sostituita in fretta.
Gli italiani non si possono più permettere scuole ed università dove si impara poco e male, ospedali dove non vengono curati ed un sistema di amministrazione “lato sensu” totalmente insoddisfacente.
Questa è la vera sfida nell’immediato futuro se vogliamo continuare ad essere annoverati tra le nazioni civili.
Pochi ricordano che la rivoluzione americana scoppiata perché le tasse erano troppo alte annovera tra i suoi motti più celebri “no taxation without representation” ovvero nessuna tassazione senza rappresentatività . Non si può chiedere ai cittadini continuamente tasse senza concedere diritti, altrimenti non siamo in presenza di cittadini ma di sudditi.
Non di tasse ma di diritti e moralità deve, dunque, parlare il prossimo governo. Il nostro sistema fiscale è, tuttavia, inefficiente e per certi versi inefficace ma di questo se avrete la bontà di leggermi parlerà in un prossimo futuro.

<<precedente indice successivo>>
 
<< indietro

Ricerca articoli
search..>>
VAI>>
 
COLLABORATORI
 
 
SIULP
 
SILP
 
SILP
 
SILP
 
SILP
 
 
Cittadino Lex
 
Scrivi il tuo libro: Noi ti pubblichiamo!
 
 
 
 
 

 

 

 

Sito ottimizzato per browser Internet Explorer 4.0 o superiore

chi siamo | contatti | copyright | credits | privacy policy

PoliziaeDemocrazia.it é una pubblicazione di DDE Editrice P.IVA 01989701006 - dati societari