Si ostinano a chiamarle badanti, eppure sono molto di più. Un’appendice della famiglia, un punto di riferimento, sicuramente persone su cui poter contare. Non a caso le cerchiamo nel momento del bisogno, quando da soli non ci si fa. Sarebbero un milione - almeno dalle statistiche - ma in tante lavorano senza l’ombra di un contratto; quindi, presumibilmente, sono molte di più. Parlano rumeno, ucraino, spagnolo o russo: con l’italiano alcune se la cavano, altre no. Eppure sanno farsi capire, coi gesti e la dedizione e a volte stupiscono: qualcuna ha all’attivo una laurea solo che a casa il lavoro scarseggia e l’unica via è stato il biglietto per l’Italia. Solo andata. Hanno lasciato mariti, genitori e figli per garantire un futuro dignitoso in patria. E’ il caso di tante donne ucraine, tra le prime a spostarsi in massa per venire a fare assistenza domiciliare, che rimboccandosi le maniche si sono inventate una nuova vita.
Ecco perché non stupiscono dati locali come quelli dell’Agenzia regionale sanitaria della Liguria che descrivono le assistenti familiari come donne sempre più giovani che intendono questa occupazione in maniera transitoria e con sempre meno interesse al lavoro h24. Se infatti chi le ha precedute arrivava senza famiglia al seguito e con un’età che sfiorava i cinquanta, le nuove hanno trent’anni di meno, un marito o convivente e talvolta un figlio. Optano quindi, se i datori di lavoro glielo consentono, per formule più simili alla prestazione che per l’assistenza completa. Le famiglie un po’ ne soffrono ma ancora il fenomeno è molto ridotto.
E’ normale che una donna impegnata giorno e notte ambisca a turni che le permettano di conciliare lavoro e famiglia e magari di riunire i suoi cari sotto lo stesso tetto, come è ovvio che non ci sia nessuna specifica predisposizione all’assistenza domiciliare legata alla provenienza regionale. Se gli egiziani sono buoni pizzettai e i filippini validi collaboratori domestici, è solo una casualità. Un consolidamento di una comunità all’estero intorno a uno specifico mestiere. Così è immaginabile che se oggi le badanti sono rumene, moldave, sudamericane o ucraine, un giorno potrebbero provenire da altri Paesi in difficoltà. L’unica maniera per scongiurare che il loro contributo venga meno è regolarizzarle individuando delle forma di partecipazione famiglia-assistenti-servizi sociali che contribuiscano congiuntamente alla cura della persona che non ha più l’autonomia di un tempo.
Chi assume regolarmente una di queste donne spende all’incirca 1400 euro al mese ma gli stipendi delle irregolari scendono spesso molto al di sotto dei mille. In Paesi come la Francia hanno ideato una soluzione per mettere in difficoltà chi vuole gabbare il fisco garantendo ai datori di lavoro regolari una riduzione delle tasse. Un modello importabile anche nel nostro Paese, che comporterebbe oneri sul versante contributivo – ma altrimenti si è fuorilegge! – consegnando però alle famiglie un sistema di assistenza più efficace, stabile e duraturo.
La novità è che sempre più italiane si sono messe a occuparsi di anziani: la crisi economica, la scarsità di lavoro e le retribuzioni sempre più basse sarebbero le cause. Quanta concorrenza si può generare sul mercato tra italiane e immigrate? Poca. Chi può essere disponibile a rinunciare alla vita personale per il lavoro se non una donna che, per un tempo determinato, mette a disposizione tutto il proprio impegno pur di tornare presto a casa?
Sulla rete circolano video con le storie di queste persone. Uno in particolare si chiama Sideki/badanti e racconta l’arrivo di diverse assistenti familiari: “I primi due anni – dice commossa la signora Ozrokova – non riuscivo neppure a parlare coi miei figli. Anche loro stavano male per la mia assenza ma facevano finta di stare bene per farmi stare tranquilla”. Parole che richiamano quelle di Natascia Polisciuk che ricorda come “dopo il crollo dell’Unione Sovietica tutti i soldi in banca persero valore. Trovarsi a quarant’anni senza lavoro è tremendo. A quell’età non servi più a nessuno, nessuno può aiutarti” e allora il viaggio in l’Italia era l’unica soluzione, con pochi soldi in tasca e un magone grosso così.
Quel che è certo è che il fenomeno del badantato, in Italia, non è ancora governato. Alcune Regioni hanno ratificato formalmente la figura dell’assistente familiare ma sono casi isolati. E poi, è vero che il passaparola è prezioso nella ricerca di una buona assistente familiare, ma evitiamo annunci del tipo: “Cedesi badante – prezzo da concordare – telefonare ore pasti”. E’ comparso in un bar. In un Paese civile, non può accadere.
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