Roma è un monumento a cielo aperto e, per chi ci vive, la storia, i monumenti, i luoghi della capitale scorrono negli occhi indifferenti come il lento fluire del fiume Tevere.
Quante volte sono passato per Via Tasso, e quante poche volte mi sono fermato a visitare il Museo Storico della Liberazione.
Quando entri, vieni avvolto quasi da un timore reverenziale di rispetto, per tutti coloro che passarono dalle celle della polizia nazista, sopportando torture inenarrabili.
In quel silenzio spettrale, sembra di percepire ancora la loro lontana presenza e sofferenza.
Questa volta, tra le tante, senza nulla togliere a chi ha avuto la sfortuna/disgrazia di essere rinchiuso in quella palazzina, la mia attenzione è stata attirata da un martire della resistenza di cui non avevo sentito mai parlare: Vittorio Mirandola.
Chi è Vittorio Mirandola?
Era un Carabiniere di 22 anni che, nel 1944, era in forza alla Stazione carabinieri di Fiesole, e l’11 agosto dello stesso anno, dopo aver collaborato con gli altri militari della sua Stazione alla lotta partigiana, era passato in clandestinità assieme ad altri suoi due colleghi, ed esattamente Alberto La Rocca di anni 20 e Fulvio Sbarretti di 22.
I nazisti minacciarono la fucilazione di 10 ostaggi qualora i tre carabinieri non si fossero consegnati.
I tre carabinieri per salvare i loro concittadini, si consegnarono ai tedeschi e il 12 agosto del 1944 furono passati per le armi.
I tre Carabinieri, vengono ricordati come i Martiri di Fiesole.
La domanda che mi sorge spontanea è,: perché alcuni martiri sono ritenuti più martiri di altri, a parità di sacrificio, e non degni della stessa attenzione e ricordo?
Probabilmente, e non ne siamo neanche certi, questi tre eroi martiri verranno ricordati soltanto laddove vennero trucidati
Questa distinzione tra martiri di serie A e martiri di serie B viene decisa da chi?
Dai vivi!
Ricordo a me stesso un pezzo conclusivo della “LIVELLA” del grande Totò “Sti ppagliacciate 'e ffanno sulo 'e vive: nuje simmo serie... appartenimmo â morte!". “
Là dove sono tutti i martiri della lotta partigiana, nessuno escluso, da Salvo D’Acquisto a Pietro Ermelindo Lungaro sicuramente non vi è la distinzione che noi esseri viventi diamo agli eventi luttuosi.
Roma è piena di targhe che ricordano il sacrificio di quanti nella lotta di liberazione sacrificarono la loro vita affinché noi e i nostri figli non si sopportasse più il giogo della guerra e della dittatura.
Il nostro compito é quello di non far cadere nell’oblio il sacrificio di questi martiri, e contestualmente tramandare i percorsi della memoria, né più né meno di come i nostri nonni e padri fecero con noi.
E’ bene ricordare che «la libertà va tenuta in continua riparazione».
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