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Dicembre/2012 - Interviste
Nuovi cittadini
Dilemma afghano
di a cura di Leandro Abeille

Colloquio con Qorbanali Esmaeli, presidente
dell'Acafi, Associazione Culturale
degli Afghani in Italia, che lavora per rafforzare
il dialogo tra connazionali. Dopo anni
di guerra civile, i rapporti tra le diverse
etnie restano tesi, anche all’estero

I n Afghanistan i nostri soldati partecipano alla missione Isaf e a volte sono vittime di scontri a fuoco e imboscate. Da una situazione che sembrava tranquilla con la cacciata dei talebani, adesso tutto è diventato più complesso. Nel frattempo, l'immigrazione afghana in Italia ha avuto un incremento in questi ultimi dieci anni ed il nostro panorama multi-etnico ha inserito, al proprio interno, etnie e culture che conosciamo solo per fatti di guerra o d'intolleranza religiosa.
In Italia ed in Afghanistan le attività in campo sono molteplici e due popoli, prima sconosciuti, sentono l'esigenza di comprendersi.
Qui da noi, all'interno della comunità afghana, è nata l'Acafi - Associazione Culturale degli Afghani in Italia che ha tra i principali scopi quello di rafforzare il dialogo tra connazionali; infatti, i lunghi anni di guerra civile, le discriminazioni e la violenza hanno reso quasi impossibile la vicinanza tra le diverse etnie. L'Associazione, inoltre, si prefigge di aiutare gli afghani, ad inserirsi nella società italiana, culturalmente molto diversa, senza dimenticare però, la propria cultura di provenienza, anzi coltivandola, per non dimenticare le proprie origini e la propria storia. Al fine di mantenere e rafforzare un legame solido con il Paese di origine è nata una seconda organizzazione, chiamata Aff- Afghanistan Future Foundation-Onlus composta da italiani e afghani e riconosciuta dal governo di Kabul, con la quale promuovere attività e iniziative culturali e umanitarie in Italia ed in Afghanistan.
Il presidente di Acafi è Qorbanali Esmaeli, un afghano di etnia hazara, non ancora quarantenne, occhi svegli e parlantina sciolta, con un accento romanesco appena percettibile, all'interno di un buon italiano da straniero, con lui però parliamo della sua terra, che per noi, rimane politicamente e culturalmente un mistero.

Hai combattuto contro i Russi?
Non con le armi, ero molto giovane all'epoca, la mattina andavo a scuola e nel pomeriggio con i miei compagni e con l’aiuto di un asino grigio, giravamo per i villaggi a raccogliere da mangiare: pane, carne secca, acqua. Poi, quando faceva buio, portavamo i rifornimenti raccolti al fronte e li consegnavamo ai mujaheddin.

Cosa ti è rimasto più impresso della guerra?
Direi le cose un po’ assurde che fanno i ragazzini in situazioni simili: delle volte, sulla via della scuola, arrivavano gli elicotteri governativi o quelli sovietici, si abbassavano per identificarci e noi bambini ci stendevamo a terra e chiudevamo gli occhi stretti stretti, pensando che i militari non ci avrebbero visto, considerato che noi non li vedevamo.

La scuola com'era?
Come in altri Paesi, ad eccezione del fatto che da noi si faceva lezione di “anti-mina” un'ora ogni settimana.

Passiamo all'attualità. Cosa sta succedendo in Afghanistan? Tornano i talebani?
Il presidente Karzai dal 2006 sta agendo su un doppio fronte: si è politicamente ed economicamente avvicinato all'India, suscitando i malumori del Pakistan che storicamente, anche se solo ufficiosamente, supporta i talebani ed inoltre, sta dando troppo potere ai Pashtun a scapito delle altre etnie ma anche nei confronti degli ex signori della guerra.

E allora?
I signori della guerra, non più inclusi nel governo hanno smesso di garantire il loro supporto a Kabul, lasciano libero movimento ai talebani che così hanno la possibilità di ritornare a fare il loro personale Jihad. Ad ulteriore smacco politico, Karzai ha deciso di includere i talebani nella vita politica afghana li chiama "i fratelli scontenti" e veicolando questa nuova visione, scontenta per primi, chi ha combattuto per un Afghanistan libero, come l'Alleanza del Nord.

E l'Esercito e la Polizia afghana non riescono a contrastare il ritorno talebano?
Non hanno il controllo del territorio senza i capi tribali e regionali.

E Isaf?
Li ferma da una parte e loro entrano da un'altra.

Ma la gente che è stata sotto il giogo dei talebani non si ribella?
Attualmente in Afghanistan c'è una crisi economica senza precedenti, i prezzi aumentano e la gente è senza lavoro. Importiamo merci indispensabili e costose senza riuscire ad esportare praticamente nulla.
I talebani conoscono la povertà della gente e la sfruttano se, ad esempio, colpiscono un trasporto di rifornimenti, lasciano una parte del bottino di guerra alla popolazione, la quale, a sua volta, copre i movimenti dei guerriglieri talebani nel loro territorio.
In Afghanistan i talebani sono diventati i nuovi Robin Hood.

Cosa potrebbe fare di più la International Support Assistance Force?
Innanzi tutto la spesa stanziata dai Paesi occidentali per la missione serve per circa l'80% al mantenimento della missione e solo al 20% per opere destinate alla gente. Ovviamente questi sono dati stimati e non precisi ma neanche troppo lontani dalla realtà.
Le spese di mantenimento poi, non hanno impatto sull'economia afghana, anche i rifornimenti ai soldati provengono dall'estero, pochissime persone afghane sono impiegate dalla missione internazionale e perfino le imprese di costruzione sono straniere. Le opere sovvenzionate utilizzano personale a basso costo locale ma ingegneri e capicantiere sono stranieri.
Cambiare le percentuali tra quello speso per il mantenimento delle truppe e quanto rimane per le opere sarebbe un buon passo in avanti.

Cosa chiedono gli afghani alle forze internazionali?
Le istanze degli afghani sono molteplici. Combattere la corruzione è la principale, per ogni servizio si deve pagare una tangente, dalla visita in ospedale, sempre che il medico sia presente, ai certificati.
Gli afghani richiedono anche più sicurezza, in alcune zone del Paese non è possibile uscire di casa dopo il tramonto, neanche sotto i talebani era così.
In ultima istanza, i Prtsono giudicati inefficaci, le opere fatte non hanno avuto un impatto significativo sulla popolazione, soprattutto quella più povera. La mia casa era di fango 20 anni fà e lo è ancora oggi. La strada che porta alla mia casa era di fango 20 anni fa e lo è ancora oggi. Gli afghani usano dire che tra talebani e occidentali è "cambiata la sella ma il somaro è sempre lo stesso".

A proposito della corruzione, non è possibile ricorrere ai Tribunali?
La giustizia afghana è cosi corrotta che chi ha più soldi per pagare il giudice, vince la causa.

Ci sara pure qualcosa di buono che può essere associato ad Isaf?
Sicuramente. Due esempi su tutti: in Afghanistan erano stimate 2 mine per ogni abitante, in questi 10 anni, con l’aiuto delle forze Nato, una buona parte sono state eliminate. Inoltre, grazie al supporto internazionale la condizione femminile è migliorata, il 30% del personale negli uffici pubblici ed il 2% dell'Esercito e della Polizia sono donne, una sitazione impensabile prima del 2001.
La società afghana sta lentamente evolvendo verso la modernità, grazie a nuove idee e consuetudini, riportate dai profughi che rientrano dai diversi Paesi in cui sono stati ospitati. Ed il ritorno dei profughi è certamente merito anche della missione Isaf.

Ci sono ancora conflitti inter-etnici?
Vere e proprie faide non più, anche se spesso ogni etnia pensa a sè. Ad esempio, se un hazara ha bisogno di un certificato, entrando nell'ufficio preposto, lo chiede all'hazara che vi lavora e non ad un impiegato di altra etnia, che magari lo farebbe aspettare senza farglielo.

E' solo un caso?
La Costituzione sancisce che tutte le etnie sono uguali, evidentemente il concetto non è stato ancora compreso, ci sono ancora molte disparità etniche nella vita politica e sociale afghana.
Però sono positivo, ci vorrà del tempo, ma credo che si stia navigando verso l'uguaglianza delle etnie.

Voi hazara siete ancora trattati male dai pashtun?
La guerra con i russi ha fatto sviluppare al popolo hazara la capacità di difendersi. Sia gli hazara che combattevano con il governo, sia quelli che combattevano con i mujaheedin avevano l'indispensabile necessità di imparare concetti e nozioni per far funzionare le armi e i mezzi. Aumentando la scolarizzazione della gente, storicamente poco alfabetizzata, è aumentata anche la consapevolezza dei propri diritti.
Ora la percezione sociale degli hazara è che sanno difendersi, se necessario pure con le armi. Nessuno più prova a sottomettere gli hazara attualmente, poichè sanno che, ora, sappiamo difenderci.

E' un segno di questa ritrovata forza che un hazara sia il Presidente della comunità afghana?
Certo. All'interno della nostra comunità però, cerchiamo di veicolare il messaggio che siamo tutti uguali, tutti afghani e nessuno può essere di serie "B". Mai più.


FOTO: Qorbanali Esmaeli, presidente di Acafi

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