La crisi è una normale fase del ciclo economico. Ad un periodo di prosperità segue un periodo di crisi dovuto a fattori bancari, monetari e creditizi o nell’accrescimento elevato della produzione alla quale non segue un aumento dei redditi delle classi popolari, o per carenze prodotte da inondazioni, guerre e i fenomeni naturali.
Per scongiurare o debellare la crisi l’individuo non deve chiudersi in se stesso per commiserarsi, adottando rimedi inutili e o dannosi, seguendo vie sbagliate che nulla risolvono. Non rinunciare alla fatica di un lavoro manuale, all’intraprendenza per mettere alla prova la sua capacità personale.
Affogare le difficoltà nell’alcool, nella droga, nella vita sregolate non risolve il problema della crisi. Se seguiamo questo metodo ben difficilmente qualcosa cambierà.
Nel libro che A. Einstein scrisse nel 1931 a seguito della famosa crisi di quegli anni c’è il suo pensiero e il suo consiglio sulle crisi ricorrenti. La sua vita lavorativa era nata occupando il semplice posto di esaminatore di brevetti a Berna, continuando a studiare sui suoi lavori scientifici, che poi lo portarono alla libera docenza all’Università di Zurigo.
L’anno dopo insegnò fisica teorica all’Università tedesca di Praga, poi membro dell’Accademia prussiano di scienze.
Nonostante la sua personalità stratta che sembrava staccata dai problemi umani, raggiunse con le sue parole formulazioni generali utili all’umanità.
Ecco cosa scrisse nel suo “Il mondo come lo vedo io”. «Non possiamo pretendere che le cose cambino se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che sorgono le inventive, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere “superato”.
Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni.
La vera crisi è la crisi dell’incompetenza. L’inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie d’uscita. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine. Senza crisi non c’è merito.
E’ nella crisi che emerge il meglio di ognuno di noi, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze.
Parlare di crisi significa incrementarla e tacere della crisi è esaltare il conformismo. Invece lavoriamo duro.
Finiamole una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la sola tragedia di non voler lottare per superarla».
Parole semplici ma profonde che non cambiano il loro significato anche se i tempi sono cambiati.
Dobbiamo rivalutare il lavoro attraverso la libera iniziativa, dandogli un significato etico e sociale fondamentale, anche se sussistono difficoltà sociali e politiche, perché venga riconosciuto il diritto al lavoro cioè quel diritto di ognuno a poter utilmente lavorare e provvedere dignitosamente ai propri bisogni.
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