Continua la mobilitazione del Silp contro il Governo e in particolare contro il ministro Fornero: inspiegabili logiche sembrano muovere l’esecutivo rispetto alla riforma del sistema pensionistico che prevede un innalzamento dell’età pensionabile per il personale del comparto sicurezza. Peccato che qui non si parli di burocrati o impiegati, qui si parla delle vite di agenti ed operatori che passano gran parte delle loro giornate in strada, tra sacrifici e rare soddisfazioni, in difesa della sicurezza dei cittadini
Una volta tagliate le risorse, una volta ridotte le indennità che garantiscono l’operatività, una volta bloccati i salari, una volta chiesti i soldi dei singoli operatori per espletare le emergenze e per garantire la funzionalità del servizio, cosa rimane? Semplice, le pensioni. Una pensione dignitosa è una delle basi del diritto del lavoro e come tale non può essere sacrificata sull’altare, ormai strapieno, dell’economia reale e finanziaria che sia. Oggi assistiamo allo svolgersi di un iter, di uno scontro più che altro, che vede come protagonisti i ministri del lavoro (l’attacco alle Forze dell’ordine è infatti partito dal Governo Berlusconi) e le rappresentanze sindacali e tutti gli operatori del settore. La primavera scorsa sono arrivate le prime proposte di riforma del sistema pensionistico del Governo tecnico, a maggio il Senato ha approvato una mozione bipartisan che impegna il Governo a valutare le specificità del lavoro nei settori della Difesa, della Sicurezza, dei Vigili del Fuoco e del soccorso pubblico in tema di trattamento pensionistico. Era quindi evidente a tutti i gruppi parlamentari la particolarità del servizio svolto da queste categorie; anche il ministro Fornero aveva assicurato di comprendere l’importanza dell'attività svolta da tutte le Forze dell'ordine e della specificità dei rischi derivanti dalla loro professione, nell’interesse della collettività. Il ministro tenta di baypassare il confronto e incarica le singole amministrazioni di acquisire il parere delle organizzazioni sindacali in modo da non assumere alcuna decisione in tema di requisiti di pensionamento senza un vero confronto. Peccato che il 22 giugno viene diffusa una nota redatta congiuntamente dal Silp e dalle altre OO.SS. in cui, deluse, le rappresentanze dichiarano di voler interrompere l’incontro con l’Amministrazione e chiedono al Ministro dell’Interno un confronto urgente. L’incontro tra il Vice Capo della Polizia Prefetto Basilone e le organizzazioni sindacali della Polizia di Stato non poteva e non aveva lo scopo di raggiungere alcuna soluzione ma solamente di verificare e approfondire le problematiche esistenti. «A una prima analisi della proposta governativa - viene riportato nella nota sindacale-, illustrata dall’Amministrazione, è apparso evidente che ancora una volta l’obiettivo del Governo resta quello di aggirare le norme sulla specificità delle Forze di polizia e imporre un modello che ha come obiettivo centrale quello di omologare e non armonizzare il sistema pensionistico degli operatori di polizia, anche se questo comporta un rischio per la sicurezza dei cittadini e un danno ingiusto per le donne e gli uomini in divisa. È evidente, infatti, che a fronte del ripensamento dell’esecutivo sulla scelta di introdurre una disciplina peggiorativa della pensione privilegiata e del moltiplicatore contributivo, disciplina fortemente criticata dalle scriventi organizzazioni sindacali. per il merito e perché si poneva al di fuori della delega di legge e ora eliminata dalla proposta, il Ministro del Lavoro intende comunque attuare un sistema di requisiti per l’accesso alle pensioni anticipate e di vecchiaia ingiustamente penalizzanti per gli operatori, siano essi anziani o entrati in Polizia da pochi anni». L’ipotesi avanzata dal Governo vorrebbe imporre infatti una «penalizzazione annuale e progressiva alla pensione anticipata di chi non ha compiuto i 58 anni di età oggi e 59 a regime, anche se ha ormai conseguito il massimo dell’anzianità contributiva, costringendoli di fatto a rinunciare al pensionamento anche se in condizioni fisiche non più compatibili con il servizio da svolgere. E per i giovani operatori, che oggi entrano in Polizia mediamente intorno ai 27 anni di età, disegna un sistema che a causa della condizione dei 42,7 anni di anzianità, richiesti per raggiungere il massimo di anzianità contributiva, non consentirà loro di raggiungere quell’obiettivo, se non con ulteriori incrementi dell’età anagrafica di pensione». Il sistema quindi prefigura un «futuro operatore di polizia che, se vorrà avere una pensione dignitosa, dovrà andare in pensione a 67 anni (specie in assenza di un sistema di previdenza complementare con i limiti ordinamentali) anche se questo è in netto contrasto con i limiti ordinamentali, con le esigenze di efficacia e di efficienza del servizio e della tutela degli operatori». Confronto impietoso Le scelte del Governo e l’operato del Ministro Fornero appaiono sicuramente poco chiare, nonostante una cristallina e unanime posizione del Parlamento, il quale, con una mozione approvata in forma di ordine del giorno, impegna il Governo a prevedere «norme di tutela della specificità» dei poliziotti, con «riguardo all’età per il conseguimento della pensione di vecchiaia e di anzianità». All’esecutivo viene anche chiesto di «procedere prima dell’adozione del regolamento ad un incontro con i sindacati». Il piano di revisione della previdenza del comparto, fissato per legge dapprima a giugno e poi a fine ottobre, ha visto una prima bozza presentata dal Governo contenente chiari elementi di provocazione poiché fuori dai contorni della delega legislativa. La successiva bozza, anche se ha eliminato qualche istituto non compreso nella delega, quale l’ausiliaria, il moltiplicatore del montante contributivo e le pensioni privilegiate ordinarie (quelle che vengono percepite da chi viene colpito da patologie o traumi riconducibili a cause di servizio), ha comunque mantenuto alcuni forti elementi critici quali: l’innalzamento dell’età pensionabile, la riduzione degli anni di maggiorazione del servizio da 5 a 2, e l’introduzione di penalizzazioni per le pensioni d’anzianità. L’idea del Governo è in sintesi quella di voler alzare l’età pensionabile degli operatori del comparto, con evidenti ricadute sulla operatività del servizio offerto ai cittadini, intaccando quei meccanismi pensionistici che sono alla base della specificità delle forze di polizia e delle forze armate, ripresi ampiamente nella mozione parlamentare passata unanimemente a maggio di quest’anno. In un articolo apparso a fine agosto sul Corriere della Sera, viene affermato che sul comparto sicurezza «si sta giocando un’altra partita. Per i militari il Governo ha previsto un taglio che in dieci anni farebbe scendere gli organici da 190 mila a 150 mila unità. Una sforbiciata non facile da far digerire. Forse riaprire il dossier pensioni - oltre che una delle tante attuazioni di cui parla il Governo - è anche un modo per fare (politicamente) pressione. E portare a casa la partita sugli organici». Questo dubbio, ad essere sinceri, è venuto quasi a tutti i commentatori. Anzi alcuni si sono spinti oltre nell’analisi, alcuni si sono chiesti se a giocarsi la partita non sia anche qualche “alto” dirigente. Una cosa è certa, la battaglia sulle pensioni non vede paragoni in Europa. Se prendiamo ad esempio il regime pensionistico degli appartenenti alle Forze di polizia della Francia, scopriremo come i nostri cugini d’oltralpe vanno in pensione dai 55 ai 60 anni. Autunno caldo Alla fine di settembre, precisamente il 21, si è assistito all’ultimo atto di una disquisizione che assomiglia sempre di più ad una farsa. Il 14 settembre tutti i sindacati delle Forze di Polizia e soccorso pubblico e i Cocer del Comparto Sicurezza e Difesa scrivono una lettera al presidente del Consiglio Mario Monti: «Signor Presidente, siamo stati invitati il 18 settembre p.v. ad un incontro presso il Ministero del Lavoro in ordine all’emanando regolamento di armonizzazione del trattamento pensionistico del personale che rappresentiamo. In proposito, abbiamo avuto modo di rilevare che: nnon è precisato chi sarà l’interlocutore (il Ministro, un Sottosegretario, un Dirigente); nnon sono stati in alcun modo interessati i Ministri e le Amministrazioni responsabili; nnon sono stati inviati i testi o altri documenti che possono essere valutati in vista dell’incontro. Siamo dell’opinione che solo un reale e costruttivo confronto che coinvolga tutti i Ministri e le Amministrazioni interessate possa portare a definire soluzioni effettivamente utili e volte a garantire gli interessi generali del Paese ed il personale rappresentato. Per poter meglio esercitare la responsabilità che deve caratterizzare il Governo e le parti sociali nelle decisioni da assumere, occorre una valutazione globale degli effetti dei vari provvedimenti correttivi della finanza pubblica e di quelli di revisione organizzativa attualmente in discussione in Parlamento sulla funzionalità delle strutture, sulla capacità di produrre servizi per i cittadini, sulle prospettive del personale, per comprendere quali sono gli effetti di un intervento sulle pensioni con riferimento alla funzionalità delle Amministrazioni e alla tutela dei diritti degli operatori. Un incontro dalle incerte premesse, quale quello che sembra prospettarsi, scollegato dagli elementi sopraccennati risulta essere parziale e quindi improduttivo, peraltro, appare in contrasto con gli impegni assunti in Parlamento dal suo Governo, che richiedono non una mera informazione, ma l’apertura di una fase che, considerando solo l’aspetto pensionistico, risolva nel loro complesso le situazioni sul tappeto, a cominciare dal mancato avvio della previdenza complementare da ben 16 anni. Armonizzare senza aver risolto le disfunzioni del passato è profondamente in contrasto con il principio di equità che il suo Governo ha posto alla base del proprio operato. Ciò premesso, siamo a richiedere il Suo autorevole intervento affinché si realizzino, nell’interesse del Paese, le condizioni per il confronto con il Governo e le Amministrazioni coinvolte da tali processi». Visti i precedenti, e i timori delle organizzazioni sindacali, il rischio che l’incontro andasse male era molto alto. Difatti, come tutte le agenzie hanno poi riportato, il confronto è stato quantomeno «deludente». «L’incontro odierno - viene riportato in una nota congiunta del Silp e delle altre sigle sindacali - con il ministro del Lavoro Fornero e i ministri dell’Interno Cancellieri, della Giustizia Severino, della Difesa Di Paola, delle politiche Agricole Catania, i Sottosegretari di Stato alla Presidenza del Consiglio e all’Economia, da noi fortemente richiesto sin dai primi momenti in cui si è aperto il dibattito sulle pensioni, si è rivelato inaccettabile nel metodo e assai deludente nel merito. Nel metodo perché nelle intenzioni del ministro Fornero tutto si dovrebbe esaurire con una semplice trasmissione di un documento contenente la sua idea di modello previdenziale per il Comparto Sicurezza e Difesa e del Comparto Soccorso Pubblico, a cui dovrebbero seguire le nostre mere osservazioni. Tale metodo è stato da noi fortemente disapprovato perché in contrasto con l’esigenza di un confronto approfondito su un tema, quello delle pensioni, che ha riflessi diretti sulla qualità della vita degli operatori, sulla funzionalità degli apparati e sulle diverse forme di tutela dei diritti acquisiti dagli operatori, argomenti già recepiti e contenuti nella mozione e negli ordini del giorno approvati dal Parlamento. Deludente nel merito, poiché lo schema di regolamento, pressoché identico a quello consegnatoci dalle Amministrazioni nel mese di giugno, illustrato sommariamente dal ministro Fornero nel corso dell’incontro, è assolutamente incapace di tutelare la specificità del comparto per assicurare un dignitoso sistema pensionistico agli operatori. La previsione, infatti, di innalzamento dell’età pensionabile produce l’invecchiamento medio del personale che opera quasi sempre in condizioni di elevato disagio, con inevitabili ricadute negative sulla salute degli operatori e sulla sicurezza dei cittadini. Il Governo, quindi, oggi ha scelto di aprire una stagione di duro conflitto con i sindacati degli operatori di polizia: in questo quadro è evidente che non si può più abusare del senso di responsabilità degli operatori e richiamiamo, pertanto, tutti i Ministri interessati alle loro responsabilità di fronte ai cittadini e agli appartenenti del Comparto, ai quali vengono quotidianamente richiesti sacrifici. Il quadro che si è delineato è tale che ci fa, sin da subito, dichiarare lo stato di mobilitazione generale delle donne e degli uomini del comparto sicurezza». In sostanza nulla è cambiato nell’atteggiamento del Ministro del Lavoro tra giugno e fine settembre. Ormai il «il re è nudo, i poliziotti sono ridotti agli stracci e la sicurezza del Paese va completamente a scatafascio». «Inoltre - proseguono le organizzazioni sindacali - il metodo utilizzato nell'incontro di oggi non ha tenuto conto delle prerogative sindacali, ne' tantomeno delle chiare direttive del Parlamento sancite con le mozioni approvate unanimemente da tutti i gruppi parlamentari». «Prendiamo atto - si legge sempre nella nota congiunta del SILP e delle altre OO.SS. - delle dichiarazioni del ministro Fornero con le quali lo stesso Ministro ha detto che non c’è nessun confronto e quindi il tutto si poteva chiudere. Tale confronto, imposto - come già precedentemente detto - dal Parlamento con approvazione di ordini del giorno passati all'unanimità, non si è mai aperto, la bozza di regolamento previdenziale che gira tra i tecnocrati del ministero e delle Amministrazioni non è nemmeno mai stata presentata ai sindacati». «Un'impostazione, imbarazzante e inaccettabile, che il ministro Fornero ha dichiarato essere condivisa da tutti i Ministri interessati, come affermato anche dal ministro Cancellieri nei pochi minuti in cui ha presenziato all'incontro». Resta a questo punto da chiarire «il 'giallo' connesso al ruolo che le amministrazioni interessate hanno avuto nell'ambito dei lavori preliminari». A dichiarare la loro preoccupazione non sono solo i sindacati: «Ci preoccupa l'esito dell'incontro tra un'autorevole delegazione di Ministri del Governo Monti e tutte le rappresentanze dei comparti sicurezza, difesa e soccorso pubblico». Afferma Emanuele Fiano, deputato del PD. «Il fatto che l'insieme di tutte le rappresentanze, al di là delle loro divisioni interne, sia uscito dall'incontro di oggi con un giudizio fortemente negativo sull'impostazione data dal ministro Fornero, ci convince ancora di più che questa vertenza debba essere gestita dal Governo con delicatezza e attenzione specifica alla materia». «Chiediamo nuovamente al ministro Fornero- insiste- di rispettare il principio della specificità di questi comparti ai quali, come chiede all'unanimità il Parlamento, non possono essere imposte decisioni sul loro trattamento previdenziale che determinerebbero un insostenibile, ulteriore invecchiamento delle nostre Forze dell'ordine con conseguenze gravi sull'intero sistema della sicurezza». In più, «nei prossimi mesi, come più volte preannunciato dal ministro Cancellieri, vedranno un aumento della tensione sociale dovuta alla crisi economica. E di conseguenza verrà chiesto alle Forze dell'ordine uno sforzo straordinario e socialmente molto delicato. Il Governo non può però sempre chiedere maggiore impegno e comprensione della tensione sociale e, al contempo, peggiorare le condizioni contrattuali e previdenziali dei lavoratori impegnati a garantire la sicurezza. Attenderemo la bozza ufficiale di proposta del Governo per valutare quale azione parlamentare intraprendere in merito». Il ministro Fornero, invece, dopo la riunione, definita da lei stessa «vivace» è stata di poche parole, augurandosi che entro breve potrà «portare a termine il processo di armonizzazione dei requisiti di accesso alla pensione del comparto sicurezza tenendo conto delle specificità di questo settore». La strada della protesta Il 27 settembre i sindacati, con il Silp in testa, scelgono la via del sit-in, con la paura che il «ministro Fornero preferisca scegliere la strada della decisione unilaterale, cioè senza un vero confronto con i rappresentanti del personale e con gli organi parlamentari. Una scelta contraria agli interessi dei cittadini e alle indicazioni contenute negli ordini del giorno votati dal parlamento». Durante lo svolgimento del sit-in, davanti le sedi del Ministero del lavoro, tenutosi il 3 ottobre, i «vertici del dicastero del lavoro hanno ricevuto una delegazione di rappresentanti del Silp/Cgil, guidata dal segretario generale Giardullo, del SIAP, del Coisp ed Anfp. L'incontro, si legge dalle agenzie, «è stato l'occasione per ribadire che avere poliziotti sempre più vecchi e meno sicurezza per i cittadini non è accettabile, così come non possono essere condivisibili le penalizzazioni che si vorrebbero applicare agli operatori di polizia che, sovente a causa degli acciacchi derivanti da un lavoro più che usurante, decidono di lasciare il servizio raggiunto il limite della contribuzione massima per la pensione di anzianità». Conclusioni La questione sembra quindi ancora aperta, la battaglia sulle pensioni è troppo importante per il sindacato. Non è possibile accettare un appiattimento sulle norme che riguardano il pubblico impiego senza tenere conto della peculiarità del lavoro di chi opera in difesa dei cittadini. Per usare il termine normativo: significa specificità. I rischi professionali devono pur aver qualche peso sul tavolo delle trattative; per ora però si attende un segnale dal Governo, che stando ai fatti non è ancora pervenuto e non si sa se e quando mai perverrà. L’ostinazione dell’esecutivo a non voler avere un serio confronto per poter approfondire le questioni pensionistiche degli operatori di polizia, è la vera ragione della forte protesta portata avanti dal Silp per la Cgil.
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