Entro il mese di giugno 2012, il Governo ha promesso che varerà il provvedimento di armonizzazione dei requisiti di accesso al sistema pensionistico. C’è da credere che lo farà!
Anche se ci si augura il contrario, altrettanto quasi certamente, il testo consegnato alle rappresentanze sindacali nella deludente riunione del 2 aprile scorso (fortemente penalizzante sotto molti profili e che poco indulge alla nostra specificità, checché vi si faccia solenne riferimento) passerà così com’è o con piccoli variazioni, che poco toglieranno alla sua portata.
Nel consueto gioco delle parti, il Governo, ora, riunirà altri tavoli e discuterà (o farà finta di farlo); da parte loro, i nostri sindacati adotteranno le consuete iniziative di protesta, nella forma di volantinaggi, dichiarazioni pubbliche, comunicati mediatici ecc, ove sosterranno che MAI e poi MAI accetteranno una riforma del genere.
Alla fine, però, il Governo farà ciò che vuole. E la riforma passerà! Per poi scoprire tra qualche anno che non sarà stata sufficiente e ritrovarci a parlare di nuovo di “ritoccatine”!
È evidente che da qualche anno a questa parte le forze del Comparto sono sempre più bistrattate e nonostante siano caratterizzate (tutelate, si dovrebbe dire) da una legge ad hoc sulla specificità, poco o nulla si fa per farci sentire “specifici”.
Di fatto, sta accadendo che tutti i più recenti provvedimenti concernenti il pubblico impiego siano trasferiti de plano alla Polizia di Stato e al resto del Comparto. Due esempi emblematici sono le norme sul blocco dei contratti per due bienni (Tremonti) e la normativa anti-fannulloni (Brunetta), che adottata per tutto il pubblico impiego vale in buona misura anche per le forze del Comparto.
Ciò che si sta profilando da alcuni anni (a dispetto delle rimostranze sindacali che gli ultimi governi mostrano di non considerare) è una lenta ma costante omogeneizzazione del nostro rapporto di lavoro con quello del Pubblico Impiego. Omogeneizzazione, beninteso, che pare valere finora solo per i profili penalizzanti, poiché per gli aspetti che invece potrebbero alleviare la “durezza” del nostro rapporto di impiego si accampa ogni volta la particolarità del nostro lavoro, e cioè quella stessa specificità che non ci si vuole riconoscere. E così dicendo ci vengono negati diritti che sono scontati nel resto del pubblico impiego.
Si potrebbero citare:
1. Il mancato riconoscimento del diritto di sciopero, che, consentito dalla Costituzione nell’ambito delle leggi che lo regolano, a noi viene semplicemente precluso da una norma incostituzionale che nessun Sindacato ha mai provato a scalfire. Nel resto del pubblico impiego quello di sciopero è un diritto scontato, da noi, data la nostra specificità, no.
2. Il mancato riconoscimento della piena libertà di organizzazione sindacale. Nel resto del pubblico impiego il dettato costituzionale è pienamente applicato, posto che l’organizzazione sindacale sia assolutamente libera, da noi, data la nostra specificità, no.
3. Il mancato riconoscimento del diritto al part time e al secondo lavoro. Nel resto del pubblico impiego è consentito, da noi, data la nostra specificità, no.
Le questioni indicate ai punti 1 e 2, per la loro trattazione sotto il profilo della rivendicazione sindacale, richiederebbero una grande “maturità” del nostro sistema di relazioni industriali, che, purtroppo, nell’anno 2012 non ci è ancora dato di vedere.
Sull’ultima questione posta, pare il caso soffermarcisi.
Proprio con riguardo al terzo punto citato, norme inique non consentono ancora al poliziotto, sebbene sia ormai quasi ridotto all’indigenza, come, peraltro, ogni altro lavoratore di questo Paese, di organizzare la propria vita e le proprie attività al fine di produrre il reddito ulteriore di cui ha bisogno, salvo farlo – come spesso accade – in spregio delle regole.
È evidente, oggi più che mai, la necessità di norme che consentano il part time e, per chi preferisca questa soluzione e lo voglia, il secondo lavoro. È questo l’unica rivendicazione nell’immediato seriamente sostenibile da parte dei sindacati che se approdasse ad un provvedimento potrebbe infondere maggiore ottimismo nella categoria, attraverso la possibilità di fare scelte utili, per sé e per la propria famiglia.
Crediamo che l’approvazione di “norme di favore” per la Polizia di Stato a costo zero (anzi, addirittura col segno meno) siano oggi una contropartita che si può tranquillamente chiedere, a fronte delle ulteriori penalizzazioni cui andremo incontro con l’imminente approvazione della riforma delle pensioni.
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