Parlare dell’Afghanistan, di questo meraviglioso Paese, oltre l’urgenza della cronaca e del commento quotidiano: è questo l’obiettivo della mostra "Obiettivo Afghanistan: la terra oltre la guerra", ideata da Nicola Minasi e Donata Pacces dell’Associazione “Dialogando”, che si terrà a Roma, nella sala “fontana” del Palazzo delle Esposizioni (Via Milano, 13), dal 27 settembre al 28 ottobre (ingresso libero).
Per farlo sono state riunite 60 fotografie di quattro artisti internazionali, l'iraniano Reza, l'afghano Zalmai, l'italiano Riccardo Venturi (curatore della mostra) e l'italo-polacca Monika Bulaj per raccontare l'Afghanistan dagli anni '80 ad oggi. Un'apposita sezione è altresì dedicata ai viaggi che molti giovani afghani, sfidando la morte, intraprendono per fuggire dall'Afghanistan e arrivare in Europa, passando anche per Roma: una terra apparentemente lontana, in realtà molto presente nelle strade della Capitale, spesso nell’indifferenza nostra e delle Istituzioni.
La mostra, ospitata nel cartellone delle iniziative del Festival della letteratura di viaggio (/www.festivaletteraturadiviaggio.it/), è sostenuta dal Consiglio Regionale dal Lazio, dal Consiglio Provinciale di Roma e da Enel.
Foto:
Massoud, Afghanistan, 1985. Al mattino, dalla piazza del villaggio dove sostammo per la notte con i miei compagni di viaggio, ci accorgemmo che un gruppo di uomini, scendeva lungo i fianchi della montagna. Lo vedo. Ha l’aspetto di un profeta e il calore di un uomo semplice. "So quello che hai passato per arrivare fin qui. Mi dispiace di avervi fatto aspettare, disse abbracciandomi. Questo fu l'inizio di un rapporto di fiducia durato 16 anni. Nel corso del tempo, ho potuto osservare un uomo di rara intelligenza, dal sentimento profondo, dal senso di giustizia estremo. Il senso dell'onore lo costrinse ad abbracciare la carriera militare per difendere il suo paese. Massoud amava il suo popolo e il suo popolo amava lui. Ascoltava costantemente, ricordando ogni dettaglio, ogni nome, ogni richiesta. Presente nei minimi dettagli dell'organizzazione della vita quotidiana del popolo in resistenza, si rifiutò tuttavia di detenere tutti i poteri. Ad un uomo venuto a intercedere per conto di suo figlio, condannato per tradimento, rispose: “La libertà si ottiene solo attraverso la giustizia. Secondo quale diritto un capo può decidere il destino del colpevole? Davanti ad un giudice, il capo perde la sua forza.” Poco dopo, Massoud, stanco di queste guerre che conduceva sin dal 1980, disse: “Quando tutto questo sarà finito, voglio realizzare il mio sogno: diventare insegnante in una scuola nella valle del Panjshir”. Reza - © Reza / Webistan - www.rezaphotography.org
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