Il prossimo 28 ottobre i siciliani saranno chiamati alle urne per designare il nuovo presidente della Regione Sicilia e contemporaneamente rinnovare l’Assemblea Regionale Siciliana -ARS-. Questo dopo che il 31 luglio scorso Raffaele Lombardo ha rassegnato anticipatamente le dimissioni da Governatore.
E subito un grande fermento si è registrato sull’isola, e non solo. I cittadini italiani, e di questa regione in particolare, sono da tempo avvezzi a subodorare la presenza ingombrante di poco chiari compromessi che sottendono molte volte l’agone politico.
La moltitudine di nomine, incarichi, poltrone, poltroncine e affari di vario genere, che seguono ad ogni nuovo mandato elettorale, di qualsivoglia entità, si sa, fanno gola a tanti. E tanti sono anche quelli che cercano di assicurarsi dei favori dai nuovi governanti, una volta eletti.
Sarà forse colpa dell’”ondata crescente di antipolitica” che ormai coinvolge sempre di più i contribuenti, ma anche per queste elezioni siciliane siamo portati a nutrire dei cauti dubbi sull’irreprensibile condotta di ogni singolo individuo.
A pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca.. Se il neo avvocato generale dello Stato (Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo) Ignazio De Francisci, insediato a inizio ottobre e precedentemente procuratore aggiunto a Palermo parla apertamente di: “due mafiosi che discutono tra di loro. Dagli ascolti telefonici sappiamo che ancor più che nel passato Cosa nostra darà i propri voti solo a chi si impegna a ricambiare con concreti favori. Il che costituisce reato. Lo sappiano i nostri amministratori”.
Ma di che parla De Francisci? L'ex p.m. si riferisce esplicitamente ad un’indagine in corso presso la Procura di Palermo a seguito dell’intercettazione di due mafiosi, i quali, parlando tra loro e riferendosi al prossimo appuntamento elettorale siciliano, affermano che “I discorsi si devono fare chiari”.
Quindi la Procura di Palermo sta indagando sulla possibile influenza di Cosa nostra nella campagna elettorale in corso, e sugli eventuali “patti” tra boss e politici.
Ricordiamo che questa notizia arriva tramite le parole di un magistrato, De Francisci, di grande esperienza. In Magistratura dal 1977, De Francisci ha dimostrato una notevole capacità investigativa come giudice istruttore nel pool antimafia dell'ufficio istruzione di Palermo (quello cioè istituito dal giudice Antonino Caponnetto e ideato da Rocco Chinnici) insieme ai colleghi Falcone e Borsellino. Successivamente è stato componente della Dda della Procura del capoluogo siciliano.
De Francisci si è occupato di inchieste sulla Mafia delicatissime e ha gestito le tematiche inerenti ai collaboratori di giustizia.
Tanto più pesanti sono queste considerazioni di De Francisci, se si considera il momento in cui le ha dette, ovvero nel corso di un dibattito dal titolo “denunciare il racket conviene”, il 3 ottobre scorso, ospite del Festival della Legalità, svoltosi a Villa Filippina, Palermo. Quest’anno, altra nota interessante, in concomitanza allo svolgimento della quinta edizione del Festival della Legalità, parallelamente e nella stessa sede, si è svolta la prima edizione del Festival della Politica.
Ecco dunque il messaggio del nuovo avvocato generale dello stato: “ogni tanto si acchiappa qualche frase tra un mafioso e l'altro, che dicono 'ma tu chi appoggi? Per chi voti?'. Al di là dei nomi, spunta sempre una frase del tipo: 'I discursi s'hanno a fare chiari'. I voti quindi non si danno più per simpatia o antipatia, e mai per ideologia, ma solo in cambio di impegni precisi”.
E ancora aggiunge, se non fosse stato chiaro: “c'è una tradizione di politica e mafia che vanno a braccetto. Siccome siamo in campagna elettorale è giusto per chi fa il mio mestiere ricordare a tutti che chiedere voti alla mafia è reato. Ogni tanto qualcuno se lo scorda...”.
Insomma, nel periodo storico di massima attenzione delle indagini sulla trattativa Stato- Mafia degli anni novanta, sciagurata pagina, tra le altre, della storia del nostro Paese, e ancora, nel ventennale delle stragi di Capaci e Via D’Amelio, nonché trentennale dell’uccisione del Generale Dalla Chiesa in via Isidoro Carini, verrebbe da pensare: “ci risiamo, sempre daccapo”
Imbarazzante e sconcertante è anche la tracotanza di questi criminali che delusi dalla “poca affidabilità” di passati accordi con la classe politica, pretenderebbero un salto di qualità. Ecco ancora le parole di De Francisci: “I mafiosi non si fidano più. Vogliono impegni precisi, vogliono che chi chiede voti a loro si impegni a fare qualcosa per loro. Ciò significa andare a braccetto anche dal punto di vista del codice penale con l'organizzazione Cosa nostra”.
Alla luce di quanto fin qui detto, appare sempre più utile ascoltare il consiglio di Paolo Borsellino quando disse: “Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene”. Siamo qui per questo, per mettere in guardia, per informare prima che i giochi siano fatti, visto che l’allarme è stato lanciato e in tempo. Siamo stanchi che le mafie e la politica vadano a braccetto.
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