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Agosto-Settembre/2012 - Articoli e Inchieste
Omicidio stradale
Quando la legge rischia di non portare vantaggi
di Vincenzo Musacchio*

Riflessioni tra diritto penale e politica criminale
a proposito della tanto invocata normativa
per chi guida intossicato da alcool o sostanze
psicotrope che però pone seri problemi
nei suoi effetti. L’attuale formulazione infatti
colpirebbe anche persone che non si sono macchiate
di quello specifico reato

In merito alla proposta avanzata dal Governo di introdurre la nuova fattispecie incriminatrice di omicidio stradale per chi guida intossicato da alcool o sostanze psicotrope, personalmente inviterei alla massima cautela. L’utilizzo inflazionistico dello strumento penale finisce per renderla molto spesso inefficace, specialmente contro chi ha i mezzi per difendersi e magari far scattare la prescrizione (oggi buona parte dei processi non va a giudizio).
Purtroppo oggi siamo di fronte sempre di più ad una giustizia classista che finisce per portare in carcere piccoli delinquenti, spesso tossicodipendenti e stranieri, non sempre in grado di difendersi al meglio.
Per prima cosa, quindi, da un Governo tecnicamente preparato ci si aspetta innanzitutto una vasta opera di depenalizzazione, mentre, ad oggi, si parla solo di introdurre nuovi reati.
Soprattutto, mi lascia fortemente perplesso la formulazione proposta: “sarà omicida chi guida con un tasso alcolemico superiore a 1,5 o sotto l’influenza di droghe”. Perché questa discriminazione fra alcool e droghe? Gli esami tossicologici, infatti, possono rilevare presenza di cannabis e altre sostanze per giorni e anche settimane, contrariamente all’alcool.
Una legge così concepita, a mio avviso, rischia di mandare potenzialmente in carcere, e comunque incriminare, migliaia di persone che intossicate non erano al momento dell’incidente, ma risultano comunque positive magari perché la sera prima avevano fumato uno spinello con gli amici. Colui che invece si mette alla guida ubriaco, seppur con un tasso leggermente inferiore ad 1,5, la farebbe franca.
Pertanto, in sede di revisione normativa ci si permette di suggerire al Governo di fare molta attenzione all’utilizzo dello strumento penale e alla discriminazione tra alcool e droghe, affinché si interrompa un percorso che ha portato allo sfascio della giustizia e del sistema penitenziario, con l’effetto paradossale di ridurre a zero l’effettività della legge, soprattutto per chi ha i mezzi per difendersi.
Piuttosto, si possono inasprire le pene attuali e soprattutto investire in controlli preventivi sulle strade.
E’ bene ricordare che siamo il fanalino di coda in Europa in materia di controlli stradali, e non per l’assenza di norme severe.
Ma si sa, questo comporta spese e personale, e in periodi di crisi del nostro debito pubblico, costa meno annunciare l’invenzione di nuovi reati. Contrariamente ad altri Paesi (Svizzera, Francia e soprattutto Inghilterra), nei quali ormai da decenni si fa molta prevenzione, da noi sembra che si preferisca una linea più orientata sulla repressione.
Puntare sull’informazione e sulla prevenzione ha contribuito a rendere i conducenti più consapevoli e maggiormente responsabili.
Occorre, inoltre, soffermarsi sulla configurazione dell’omicidio colposo o doloso: capire se il guidatore ubriaco ha agito per colpa (negligenza, imprudenza, imperizia o inosservanza di norme) o soltanto per dolo (la consapevolezza di poter uccidere).
Tale distinzione è essenziale e necessita dell’analisi minuziosa delle circostanze in cui il fatto si è realizzato, che non potranno mai essere indicate in una sola norma.
Il rischio è che la formulazione attuale della proposta in alcuni casi potrebbe paradossalmente portare il giudice ad assolvere un guidatore colpevole, perché il fatto non costituisce reato, per mancanza di dolo!
Come si può dire che una persona che guida sotto l’effetto di stupefacenti o di alcool oltre 1,5 g/l, sia realmente in grado di intendere e di volere?
Un dubbio che solo il giudice può sciogliere, volta per volta. E per arrivare al dolo, il magistrato dovrebbe appurare che il guidatore aveva già deciso di guidare, prima ancora di assumere droghe o alcool in quantità.
Dopo queste precisazioni cosa proporrei io. Semplicissimo.
1) Agire sulla prescrizione, che spesso finisce per azzoppare molti processi.
2) Prevedere delle aggravanti specifiche.
3) Ridurre al minimo la discrezionalità del giudice nell’irrogazione della pena.
Tanto per avere una idea sulla strada da percorrere nella stesura della definitiva fattispecie incriminatrice vi fornisco alcuni dati di diritto penale comparato sull’omicidio stradale.
In Francia il codice penale è molto simile a quello italiano, in materia: si va da un minimo di tre anni di reclusione e 45mila euro di ammenda, nella sua forma semplice, ai 5 anni ed a 75mila euro nel caso in cui la condotta dell’imputato sia manifestamente irrispettosa di leggi, regolamenti o di normale prudenza.
Se le aggravanti si sommano, però, si arriva fino a 10 anni di carcere, a 150mila euro di ammenda e a 10 anni di sospensione di patente.
Nel Regno Unito, negli Usa e nei Paesi Bassi, l’omicidio commesso alla guida di un veicolo costituisce una fattispecie di reato ben distinta e disciplinata: si configura quando un conducente guida in maniera pericolosa, definendo con precisione l’aggettivo “pericolosa”. Per esempio quando la velocità è eccessivamente alta, distinguendo circostanze di luogo e di tempo, le condizioni psicofisiche del conducente o lo stato d’uso del veicolo. In 47 dei 50 Stati che compongono gli Stati Uniti (restano fuori Alaska, Montana e Arizona) l’omicidio colposo veicolare si configura quando è provata la condotta negligente di chi si trova alla guida e ogni Stato giudica in relazione al livello di negligenza accertato. Siamo nella fattispecie del colposo e se alla negligenza si aggiungono aggravanti specifiche, come nel caso dei “Dui” (Driver Under Influence), le sanzioni possono diventare severissime. In California all’omicidio colposo veicolare semplice possono aggiungersi numerose aggravanti, ma per arrivare alla condanna la pubblica accusa deve dimostrare che il conducente incriminato abbia posto in essere almeno un atto illecito, che potrebbe essere un crimine, un reato minore, un’infrazione al codice, e che tale comportamento abbia causato l’incidente e la morte della vittima. In Georgia, invece, l’omicidio veicolare è definito come l’uccisione di un’altra persona attraverso un veicolo: per essere colpevole del reato, l’autore non deve avere l’intenzione di uccidere (perché in questo caso si va all’omicidio volontario) ed è suddiviso in due gradi: in quello di primo grado sono comprese le ebbrezze, la fuga e la particolare gravità delle infrazioni. Si arriva fino a 20 anni di carcere; in quello di secondo grado la pena è lieve; fino a un anno di carcere e mille dollari di ammenda.
Se volete la forca provate a passare dalla Louisiana: qui l’omicidio veicolare è definito come l’uccisione di un essere umano mentre si guida un veicolo a motore, o altri mezzi di trasporto sotto l’influenza di alcool o sostanze proibite. Si arriva anche a 30 anni di carcere.
Il nuovo reato, con pena minima edittale fissata in otto anni di reclusione, sembra disegnato proprio per evitare il rischio che in futuro i colpevoli di omicidi colposi stradali riescano ad evitare la prigione.
La nuova fattispecie di reato dovrebbe essere accompagnata anche dalla previsione dell’arresto in flagranza e dalla pena accessoria della revoca permanente della patente (unico caso in tutta Europa).
Se dunque non mancano valide ragioni per una simile novità legislativa, non si devono tuttavia sottovalutare altre importanti obiezioni, ed in particolare la questione se una pena edittale massima di 18 anni, elevatissima per un reato essenzialmente colposo, non rischi di essere irragionevole e spropositata.
Si pensi, ad esempio, che le lesioni personali dolose gravissime, quelle che provocano una malattia insanabile nella vittima, sono punite con la reclusione da sei a dodici anni; l’omicidio preterintenzionale, cioè, la violenza commessa con lo scopo di far male senza voler uccidere, ma che provoca comunque la morte della vittima, ha la stessa pena massima dell’omicidio stradale; delitti dolosi e gravissimi come lo stupro, gli abusi sessuali sui fanciulli, il sequestro di persona sono sanzionati con pene inferiori.
C’è insomma una questione di proporzionalità della pena rispetto al disvalore dell’atteggiamento soggettivo su cui forse io rifletterei più attentamente per evitare di rendere ancora più contraddittorio il nostro sistema penale già pervaso da discrasie notevoli.

*già docente di Diritto Penale
nell'alta Scuola di Formazione presso
la Presidenza del Consiglio in Roma

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