I percorsi storici ci portano a considerare i momenti di crisi che periodicamente interessano l’Italia.
Dopo la proclamazione del Regno d’Italia la nazione si trovò a dover affrontare problemi di enorme gravità. Un disastroso disavanzo finanziario, il bisogno urgente di opere pubbliche, l’analfabetismo e la necessità di avere forze armate in grado di difendere un grande paese dal brigantaggio.
Un brigantaggio con bande composte da elementi eterogenei. C’erano avventurieri sacerdoti spretati, soldati rimasti disoccupati e masse di contadini che guardavano con simpatia e briganti che consideravano eroi vendicatori, che avevano la forza di ottenere ciò che la giustizia era incapace di dare. Per molti erano i difensori della Chiesa. I briganti erano certi di trovare collaborazione nella gente dei villaggi che mai li avrebbero denunciati.
In questo clima che Massimo d’Azeglio disse: “l’Italia è fatta, occorre fare gli italiani”. Poiché il brigantaggio era la protesta selvaggia e brutale contro le ingiustizie, la superstizione e la mancanza assoluta di fede nelle leggi.
In un famoso discorso rivolto al Parlamento Vittorio Emanuele II promise il risorgimento economico e politico della nazione.
Abolite le barriere doganali interne che paralizzavano i commerci e le industrie, le iniziative di lavoro potevano allargare i loro orizzonti. Bisognava superare difficoltà economiche molto gravi appoggiandosi alla posizione geografica e alle supposte ricchezze naturali.
Si parlò della necessità di avviare il paese all’industrializzazione, di sviluppare risorse locali.
Lo stato incoraggiò l’ascesa dell’industria incrementando la creazione di infrastrutture prendendo iniziative dirette come la fondazione delle acciaini di Terni, che fu punto di partenza della moderna siderurgia in Italia.
Le iniziative private, trovarono incoraggiamento nelle nuove condizioni del mercato finanziario e potendo compiere i progressi più rapidi che la nazione avesse mai conosciuto.
Alla fine del XIX secolo l’economia italiana era alla vigilia di una vera rivoluzione all’alba del nuovo secolo si ebbe una fase di rapido sviluppo definita “decollo industriale”.
Quando si vuole si può ma non è il singolo che può risolvere le situazioni senza le leggi che lo sostengano, leggi condivise dal popolo che a volte è convinto di non riuscire a sopravvivere in un mondo che non riesce a riconoscere.
Abbiamo superato crisi dopo la prima e la seconda guerra mondiale che hanno interessato la nostra nazione.
Il fine a cui si tende deve essere molto chiaramente precisato fin dall’inizio di ogni impresa, anche se tale fine si deve raggiungere per gradi avendo programmi chiari e coerenti, senza termini inafferrabili e contraddizioni.
Risolvere gli attuali problemi italiani, presentati dai nostri mezzi di comunicazione con termini acquistati da altre nazioni, è quasi impossibile per quell’abitudine alla protesta e alla critica, alla sfiducia di ogni organizzazione, alla diffidenza di fronte a governi, ai partiti e a ogni potere istituzionale.
Oggi l’uomo, difficilmente lo aiuta, l’autorità è lontana, più che indifferente, ostile. Cerchiamo almeno di non perdere la speranza.
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