Vice Brigadiere del Corpo degli Agenti di Pubblica Sicurezza
Medaglia d’Argento al Valor Militare, alla memoria
Il 24 aprile 2012, è stato presentato presso la Scuola Superiore di Polizia di Roma, il volume di Andrea Castellano: “Pietro Lungaro. Alle Fosse Ardeatine per la democrazia e la liberta”, Coppola Editore (2011). La realizzazione del testo, fortemente desiderato dalla Famiglia Lungaro, è stata promossa dall’Ufficio Storico della Polizia di Stato ed il Museo Storico della Liberazione di Roma.
Durante la presentazione sono intervenuti Antonio Parisella, Direttore Museo Storico della Liberazione di Roma, Raffaele Camposano, Direttore dell’Ufficio e del Museo Storico della Polizia di Stato, Alessandro Portelli, autore di studi e testi sulla Resistenza romana, Mario Avagliano, Direttore Centro Studi della Resistenza dell’A.N.P.I. di Roma e Andrea Castellano, autore del libro.
Preservare la memoria storica.
Man mano che vengono a mancare i “ragazzi” che hanno combattuto e vissuto la seconda, catastrofica guerra mondiale, si rischia di perdere la memoria storica di quegli eroi, al di là delle figure più note al grande pubblico e celebrate dai mass-media, che hanno saputo demarcare nettamente il confine tra il bene ed il male con il loro vissuto, nonostante i tempi durissimi durante i quali si è svolta la loro esistenza.
Libertà! Appare infatti oggi una parola abusata e strumentalizzata, ma quanti sacrifici, privazioni, vessazioni e sofferenze hanno patito i nostri padri per conquistarla? E ancora oggi si patiscono in alcune zone del pianeta?
Vogliamo, allora, onorare la memoria di chi ci ha preceduto, raccontando brevemente la vicenda di un poliziotto, un ragazzo come tanti, ma dal coraggio inusuale: il V. Brigadiere del Corpo degli Agenti di P.S. Pietro Ermelindo Lungaro. Con lui, desideriamo esaltare il ricordo di tutti i caduti per la libertà e democrazia, appartenuti alla Polizia e non.
Lungaro nacque a Monte San Giuliano (TP) l’1 giugno del 1910, ed a soli 18 anni frequentò la Scuola Allievi Sottufficiali di Casagiove (CE), necessaria per la carriera nel Regio Esercito. In seguito entrò a far parte del Corpo degli Agenti della Pubblica Sicurezza, col grado di Vice Brigadiere. Nel 1940 venne assegnato a Roma, per un primo periodo al Palazzo “Viminale”, poi alla Caserma dei Servizi Tecnici “San Eusebio” di Via Mamiani.
Dopo l’8 settembre del 1943, il suo desiderio di emancipazione dal giogo tedesco, lo portò a stabilire contatti con le formazioni antifasciste, all’epoca ancora in una fase embrionale, facendosi conoscere ben presto per affidabilità e determinazione. In particolare fu operativo nel gruppo del Partito d’Azione (repubblicano), guidato dal Magg. dell’Aeronautica Umberto Grani (che condividerà con L. la drammatica sore alle Fosse Ardeatine). Lungaro seppe trarre ovviamente vantaggio dal suo ruolo di poliziotto, in tal modo poté muoversi con una certa libertà nella Capitale occupata.
Pur essendo un monarchico, aderì ad una formazione di resistenza repubblicana, quindi di opposto orientamento politico, questo in quanto l’adesione ad un gruppo antifascista piuttosto che ad un altro, non era avvenuta per il giovane poliziotto con un ideale politico in particolare, ma solo con l’obiettivo finale della cacciata dei Tedeschi e dei Fascisti dalla Capitale e quindi della Libertà.
Purtroppo, a seguito della delazione di un infiltrato, tale Tino Tini (alias Mario Albertini), il Magg. Grani venne arrestato. Questi, come ricordato, era il contatto principale del Vice Brigadiere Lungaro il quale, a sua volta, fu consegnato alla Gestapo con un tradimento. Il 12 febbraio 1944 infatti, le SS dapprima lo cercarono nella sua abitazione, ma non avendolo trovato, non esitarono a recarsi fino alla Caserma “Sant’Eusebio”, dove venne preso e condotto nella prigione di Via Tasso.
Oggi del Vice Brigadiere Lungaro, ricordiamo la frase di commiato che pronunciò nell’allontanarsi dai colleghi, consapevole del suo destino disse: “Compagni, non vi preoccupate, vi raccomando mia moglie e i miei figli”.
Moglie, alla quale già da tempo ripeteva facendole e facendosi forza: “i nostri figli sapranno educarsi da soli”. Ma in particolare un’altra espressione del Nostro denota quale caratura morale e sociale fosse alla base delle sue azioni: “…Voi non potete capire cosa significa la parola libertà”, parole che, tutt’altro dal risuonare arroganti, esprimono il profondo desiderio di immolarsi per un bene superiore a tutto, del quale avrebbero colto i frutti la sua e tutte le altre famiglie scampate alla ferocia di quegli anni.
Lungaro mantenne il segreto sui nomi e sui nascondigli dei suoi sodali, nonostante le atroci torture a cui fu sottoposto! Per il nostro eroe il Comando tedesco scelse inesorabilmente la morte: fu tra i primi nella lista delle persone da fucilare alle fosse Ardeatine, come rappresaglia all’attentato di Via Rasella del 23 marzo 1944.
I poveri resti dell’eroico Poliziotto trucidato a soli 34 anni, furono identificati dalla consorte, grazie ad un anello. La vedova all’epoca era in attesa del terzo figlio, chiamato poi alla nascita col nome del papà, Pietro, e vissuto in Libertà
Al V. Brig. Pietro Ermelindo Lungaro sono state intitolate una Caserma di Polizia a Palermo, un’Aula della Scuola di Polizia di Nettuno e due strade nella Città di Trapani. Gli è stata inoltre conferita la Medaglia d’Argento al Valor Militare, alla memoria, con la seguente motivazione: “Arrestato per aver svolto attività patriottica, sopportava impavido i rigori di dura prigionia e stoicamente subiva torture. Barbaramente trucidato, immolava la sua giovinezza per le maggiori glorie della Patria e della Libertà. Fulgido esempio di cosciente ardimento, di fede assoluta nei destini della Patria, di piena dedizione alla sua causa”.
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