Cgil e Silp denunciano la connivenza tra criminalità organizzata e istituzioni e le politiche sulla sicurezza, chiedono meno annunci pubblici e più fatti.
Ecco le loro proposte
Via Buonarroti 51, la sala della Cgil di Roma e del Lazio si riempie in fretta. A Roma è sempre più ‘allarme criminalità’ e i dati non lasciano molti spazzi a dubbi. Per discutere e ragionare sui numeri e sulle tematiche della sicurezza e della legalità nel nostro territorio, la Cgil di Roma e del Lazio, il Silp Cgil nazionale e del Lazio e la Cgil nazionale hanno promosso, lo scorso 23 febbraio, un incontro a cui hanno partecipato Claudio Di Berardino, segretario generale della Cgil di Roma e del Lazio, Serena Sorrentino, segretaria confederale Cgil, Claudio Giardullo, segretario del Silp Cgil nazionale, Stefano D'Alterio, responsabile Legalità per la Cgil di Roma e del Lazio e Cosmo Bianchini, segretario generale del Silp Cgil del Lazio.
Quest’ultimo apre la conferenza stampa e già le sue prime frasi pesano come macigni: «Ormai siamo passati dall’infiltrazione al radicamento delle mafie nel nostro territorio».
A riprova di queste parole ci sono anche le considerazioni dell’ultima relazione della Direzione Nazionale Antimafia. I clan che imperversavano nel Lazio sin dalla fine degli anni ‘80 sono tuttora presenti. A rincarare la dose ci sono le parole di Stefano D'Alterio, responsabile Legalità per la Cgil di Roma e del Lazio, «negli ultimi 4 mesi c'è stato un aumento dell'11% dei beni confiscati, di questi il 77% era nella provincia di Roma e il 53% proprio nel territorio della Capitale».
Ma come sono stati affrontati questi problemi dalla Regione e dalla giunta Capitolina? Secondo il rapporto del Silp, presentato durante la conferenza stampa, il tema della sicurezza e della legalità «è diventato purtroppo solo un tema da campagna elettorale e di propaganda. L’attuale sindaco di Roma impostò la sua agenda elettorale, dopo l’omicidio della signora Reggiani, sui temi della sicurezza, col fai da te, che passava per le ronde, alla caccia degli immigrati, alle prostitute, negando la presenza della criminalità organizzata tutto ciò per alcuni aspetti, ha assunto un’importanza tale da condizionare, in alcuni casi anche la convivenza civile».
Nel 2008 i problemi della sicurezza a Roma venivano identificati nell’eccessiva presenza di Rom, extracomunitari e prostitute. Oggi, dopo che nel 2011 sono stati iscritti presso la Procura della Repubblica della Capitale 60 procedimenti per omicidio volontario, si riconferma l’ordinanza anti lucciole, continuando così a dirottare le forze della Polizia Municipale e quelle della Polizia di Stato.
Assistiamo quindi alla solita sottovalutazione del rischio criminalità organizzata; sottovalutazione che a dirla tutta continua da più di un decennio. Era infatti il 23 ottobre 1991 quando, nelle conclusioni del capitolo su Roma e il Lazio della relazione della commissione parlamentare Antimafia, presieduta da Gerardo Chiaromonte, si affermava che: «i fatti, meglio sarebbe dire i cadaveri che insanguinano la Capitale, danno ragione a chi sostiene l’esistenza in Roma di una criminalità organizzata operante secondo gli stilemi delle associazioni mafiose».
Passano gli anni ma nulla
sembra cambiare
Dopo vent'anni, nei documenti, nelle indagini, nelle informative e nelle aziende troviamo gli stessi nomi e la stessa sottovalutazione. «Dai Bardellino, ai Tripodo, ai Gritti, agli Alvaro che dalla periferia dell'impero sono arrivati al centro della Capitale». Era quindi noto da tempo che Roma fosse uno dei principali «territori di riferimento delle organizzazioni criminali», meno noto è invece il livello di violenza che negli ultimi anni si è diffusa come un virus.
«Secondo l'ultimo rapporto dell'Uif della Banca d'Italia - riportato nel rapporto del Silp - negli ultimi anni sono aumentate dell'80% le segnalazioni di operazioni sospette di riciclaggio del denaro sporco. Secondo l'ultima relazione della Dia (2010) solo nel Lazio sono stati denunciati 402 fenomeni estorsivi a danno di imprese ed esercizi commerciali. I dati della Direzione centrale servizi antidroga dimostrano che il Lazio è uno degli snodi principali del traffico di stupefacenti, con il sequestro di circa il 20% della cocaina intercettata a livello nazionale».
Se fino a qualche decennio varie organizzazioni criminali erano legate alle mafie tradizionali, oggi, questi dati «ci parlano di un contesto fortemente inquinato da organizzazioni» ben radicate sul territorio e «capaci di agire in totale autonomia» per perseverare i propri interessi. L'allarme lanciato in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario è chiaro: «Le organizzazioni mafiose nel Lazio e nella Capitale sono sempre più radicate, con articolazioni logistiche per il riciclaggio di capitali accumulati illecitamente e per l'investimento in rilevanti attività commerciali e imprenditoriali (soprattutto nel campo della ristorazione, dell'abbigliamento e delle concessioni d'auto)». Il presidente della Corte di Appello specifica che «si tratta di un mix variegato e complesso di organizzazioni di vario tipo, che operano nel territorio secondo metodologie diverse da quelle tradizionali, inserendosi in settori che conoscono crisi di mercato, non essendo interessate a realizzare un controllo capillare del territorio al punto di scontrarsi per l'occupazione di zone di influenza a scapito di gruppi rivali, ma si infiltrano progressivamente e silenziosamente nel tessuto economico-sociale».
Pochi e distribuiti male
A peggiorare le cose c'è anche il fattore territoriale; Roma ha municipi con oltre duecento mila abitanti, ovvero delle vere e proprie città di piccole dimensioni. Il IV Municipio, ad esempio, ha gli stessi cittadini di Catania. Fino a qui nulla di particolarmente anomalo, il problema sorge quando si va a calcolare il rapporto Poliziotti per Chilometro quadro. Continuando con il IV Municipio, il caso più estremo, il suo rapporto è di un agente ogni 2248 abitanti. Dai dati forniti dal Silp si evidenzia pure che esiste una forte disparità di presenze nei municipi dei commissariati e delle loro «dotazioni di personale. Se è comprensibile una presenza maggiore nel Centro Storico (il I Municipio ha infatti un rapporto di un poliziotto ogni 232 abitanti ndr) poiché in esso si trovano tutte le sedi istituzionali e molte ambasciate, così come nel XVII Municipio sede del Vaticano, del Tribunale, della Direzione Rai, si nota però una forte carenza nei municipi periferici con la punta massima nel IV».
Durante la conferenza stampa non si è solo discusso di dati e della situazione attuale, si è compiuto anche un salto concettuale dal sapore amaro e in qualche modo pessimistico. Le forze in campo sono poche, i soldi per i la sicurezza sono sempre meno e i fondi per le politiche sociali nel Comune di Roma sono in picchiata dal 2009. Il timore è che nuove fasce di popolazione, concentrate proprio in quelle borgate prive di commissariati, per via della crisi e dell'assenza del Comune, si ritrovino a diventare manodopera a basso costo delle nuove e vecchie organizzazioni criminali presenti nel territorio di Roma. A rileggere le notizie di cronaca nera locale, questa paura sembra ben fondata e in alcune municipalità è decisamente una realtà.
Anche su questo tema il Dipartimento Sicurezza e Legalità della Cgil di Roma e il Silp si sono espressi con un documento. «In questi tre anni di amministrazione i fondi destinati all'insieme delle politiche sociali si è ridotto dai 2.526,7 milioni di euro del 2008 agli attuali 538,3 del 2011. In particolare il fondo per le politiche giovanili è passato da 137 milioni a 12,8 e quello per l'inclusione immigrati da 100 milioni del 2008 a zero dal 2009 a oggi».
Anche oggi, all'alba di una nuova campagna elettorale, l'amministrazione di centro destra romana continua con la linea fallimentare seguita dopo l'omicidio Reggiani. Il 14 febbraio, infatti, il sindaco Alemanno ha «riconfermato l'ordinanza anti lucciole, confermando quindi l'impiego della Polizia Municipale nei controlli e alle multe per i clienti e per le prostitute, ma i dati - riporta il documento della Cgil - ci dicono che su 14.500 sanzioni comminate, solo quattro sono state pagate». Si continua quindi a credere che la sicurezza metropolitana si possa sconfiggere con i sindaci sceriffi pronti a reprimere i "soggetti" più facilmente individuabili dall'opinione pubblica. In realtà, i sindaci dovrebbero concentrarsi su temi meno spendibili mediaticamente, sviluppando politiche sociali e «attraverso queste ridurre le sacche di disagio sociale luogo ottimo per l'arruolamento da parte della criminalità di manodopera per i traffici illeciti». Non ci si può quindi meravigliare che oggi «lo spaccio di droga gestito dalle mafie sia prevalentemente praticato da giovani e immigrati».
Un circolo vizioso
Una situazione esplosiva che la crisi permanente del nostro sistema economico non farà che peggiorare, una situazione che la Cgil e il Silp denunciano da tempo. «La crisi non farà altro che accentuare questa situazione - afferma Claudio Di Berardino - tutte le classi dirigenti del territorio devono tenere a mente che ci sono due strade su cui muoversi: una è fatta delle regole della legalità, l'altra di diritti». Per Serena Sorrentino, Segretaria Confederale Cgil, Roma sta diventando una grande piazza «dove la criminalità può affondare e attraverso la connivenza con il sistema politico, si sta costruendo una base di riciclaggio di denaro sporco, di contaminazione degli appalti e di molte altre sacche in cui le cosche costruiscono le basi del radicamento. Roma è anche la sede delle istituzioni politiche e questo deve far riflettere». Nella Capitale infatti il nodo "connivenza" è decisamente fondamentale, da secoli la presenza del potere ha attirato capitali e criminali, è un problema fondamentale, ma ancora prima le politiche sulla sicurezza, «devono essere fatte in un certo modo: non vogliamo annunci pubblici a cui poi non si dà seguito», aggiunge Claudio Giardullo, segretario Silp Cgil nazionale. «Comunque per il momento abbiamo solo assistito a tagli indiscriminati alle forze dell'ordine più o meno fatti in segreto. Crediamo che sia importante creare politiche di sostegno e di integrazione, puntare sulla riqualificazione delle periferie e sui servizi ai cittadini».
Tutta la Cgil e il Silp si aspettano da parte delle istituzioni seri provvedimenti in materia di sicurezza; «una reazione immediata per ricostruire in città una maggiore solidarietà e integrazione sociale, nonché interventi mirati a ripristinare la cultura delle regole e della legalità, a rafforzare il ruolo e il coordinamento delle forze dell'ordine così da garantire la loro presenza capillare sul territorio, a potenziare infine il numero di uomini e mezzi, rivedendo la politica dei tagli praticata dal governo Berlusconi».
Il Silp, nel documento presentato durante la conferenza stampa, chiede inoltre che il «ministro Cancellieri metta davvero mano all'eredità pesante del governo precedente che in tre anni e mezzo ha solo annunciato provvedimenti per la sicurezza e la legalità, per poi invece praticare la politica dei tagli e della messa in discussione di strumenti fondamentali per le indagini come le intercettazioni».
Il sindacato non si limita a criticare, sia nei documenti presentati sia nelle parole di Giardullo, Sorrentino e Di Berardino vengo avanzate delle proposte concrete. Serve quindi «rafforzare la sinergia tra le forze dell'ordine e il lavoro della magistratura, ridare strumenti e mezzi necessari per garantire il contrasto alla criminalità». La Cgil, inoltre, intende integrare il concetto di "sicurezza" con quello di "comunità" incentrata su una cultura della solidarietà ed orientata verso il progresso civile. «Infatti - viene riportato nei documenti presentati - ogni società deve assicurare continuità nel tempo, trasmettendo agli individui che la compongono il proprio patrimonio culturale». Per la Cgil e per il Silp il concetto di legalità non può che trovare collocazione naturale all'interno del "patrimonio culturale" di ogni società. Le estorsioni, ad esempio, determinano una «mancata crescita in termini di sviluppo sociale e di senso civico, poiché l'applicazione del 'pizzo' alle categorie produttive, prima ancora di imposizione di d'azione di denaro, rappresenta l'imposizione di una condizione di sudditanza psicologica all'imprenditore ed il commerciante». Tutto ciò incide direttamente «sulle libertà degli individui, libertà di pensiero, di espressione di autodeterminazione». La Cgil ritiene che una società moderna e democratica, se vuole proporre «un modello di società costruita sullo sviluppo e sulla solidarietà non può che proporre una manutenzione costante della legalità sociale».
Ma per avanzare istanze è necessario anche fare delle proposte pratiche, il Silp propone una serie di interventi normativi. Al primo punto leggiamo dell'idea di un «azione coordinata interassessorile per un efficace intervento di contrasto alla criminalità». Nei punti successivi troviamo la volontà di «attivare tavoli territoriali per la lotta al lavoro sommerso»; la volontà di partecipare attivamente al lavoro dell'osservatorio sulla legalità in Regione e in Provincia, con «l'obiettivo di monitorare gli appalti, la situazione del lavoro nero, la situazione degli immigrati e qualsivoglia forma di illegalità». Per il sindacato la Regione deve «prevedere nelle scuole del Lazio seminari sul tema della cultura della legalità».
Due punti (il quinto e il settimo) del documento sono dedicati all'economia. Il Silp propone che i beni confiscati alla criminalità vengano assegnati «nel più breve tempo possibile»; e, alle imprese che sottoscrivono il patto per la legalità, garantire «sgravi fiscali per gli investimenti».
L'ultimo punto è dedicato alla difesa della salute e della sicurezza dei lavoratori: «rendere costante e operativo il ruolo del Comitato di Coordinamento Regionale ex. Art. 7 del D.Lgs 81/08, assumendo gli orientamenti e realizzando conseguentemente le decisioni. Rendere esigibili le somme integrate che di anno in anno la Regione assegna ai Servizi di Prevenzione del territorio (Spresal) e che negli ultimi anni sono state loro conferite solo sulla carta».
«Dai Bardellino, ai Tripodo,
ai Gritti, agli Alvaro che dalla periferia dell'impero sono arrivati al centro della Capitale».
«Secondo l'ultimo rapporto dell'Uif della Banca d'Italia, negli ultimi anni sono aumentate dell'80% le segnalazioni di operazioni sOspette
di riciclaggio del denaro sporco.
Per il sindacato la Regione deve «prevedere nelle scuole del Lazio seminari sul tema della cultura della legalità».
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