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Aprile-Maggio 2012/2012 - Articoli e Inchieste
Economia
Polizia sotto sfratto
di Alessandro Boni


In tutta la penisola esistono esempi negativi di gestione della cosa pubblica, dal commissariato di Cefalù a quello di Bassano, i poliziotti rischiano lo sfratto. La legge finanziaria del 2011, infatti, prevede un accentramento delle risorse al Ministero dell’economia e delle finanze, creando situazioni quantomeno surreali



L’Italia è un paese che sta vivendo una fase acuta di crisi economica e, come spesso accade nei momenti delicati come questo, non mancano paradossi e aberrazioni. Come si fanno a garantire sicurezza e controllo al cittadino se si continuano a tagliare i fondi necessari per espletare servizi di base? Solitamente l’opinione pubblica tende a mettere sotto i riflettori la sanità, i servizi sociali e altri servizi rivolti a cittadini disagiati, per dimostrare la carenza di welfare che caratterizza attualmente il nostro paese. Di contro, è molto difficile sentir parlare dei tagli e delle condizioni di indigenza in cui versano le forze di pubblica sicurezza, quelle stesse forze che dovrebbero garantire per definizione la sicurezza della cittadinanza. Ma anche la sicurezza di coloro che ne fanno parte.
La polizia è sull’orlo della bancarotta. Mancano soldi per spese ordinarie, per la ristrutturazione e per la messa in sicurezza del 50% degli uffici, in certi commissariati mancano sapone e carta igienica, divise e materiali da cancelleria. Per non parlare del parco auto: 19 mila vetture in dotazione di cui un terzo ferme in attesa di riparazione, rifornimento di carburante contingentato, fondi per l’acquisto e la manutenzione dei mezzi letteralmente dimezzati negli ultimi 4 anni. E ancora, blocco delle carriere, pensionamenti numericamente di gran lunga superiori alle nuove assunzioni e tagli significativi alle attività corsuali di aggiornamento degli agenti.
Dunque, un quadro di riferimento per niente rassicurante, estremamente simile a quello di milioni di altri lavoratori, sia nel pubblico che nel privato.
Ma c’è di più. Oltre alla questione riguardante quelli che possiamo definire i beni mobili presenti all’interno dei commissariati di polizia, dopo la manovra finanziari 2011-2012, stiamo assistendo alla questione, ben più cogente, relativa ai beni immobili che ospitano i commissariati stessi. L’Articolo 12 comma 1 infatti recita: «A decorrere dal 1° gennaio 2012 le operazioni di acquisto e vendita di immobili, effettuate sia in forma diretta sia indiretta, da parte delle amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (Istat) ai sensi del comma 3 dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, con l’esclusione degli enti territoriali, degli enti previdenziali e degli enti del servizio sanitario nazionale, nonché del Ministero degli affari esteri con riferimento ai beni immobili ubicati all’estero, sono subordinate alla verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica da attuarsi con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze». Ed eccoci al paradosso: agenti di polizia e ufficiali giudiziari che bussano alla porta dei loro colleghi per recapitare ingiunzioni di sfratto. Di solito, in extremis, interviene lo Stato a mettere una pezza; si pagano affitti onerosi e si scopre che i contratti di locazione erano stipulati in modi decisamente poco chiaro, se non addirittura sulla parola. C’è una lista molto lunga di casi analoghi, come quello, eloquente, del commissariato di Cefalù, diretto da Manfredi Borsellino, figlio del magistrato ucciso dalla mafia nel 1992, risoltosi solo grazie ad un accordo firmato in tutta fretta tra il Ministero degli Interni, la prefettura ed il proprietario dell’immobile.
Sorte simile è stata quella del commissariato di Cerignola in provincia di Foggia, o di quello di Bassano (Vicenza), sotto sfratto ormai dal 2009. Il comune di Bassano aveva avviato il pignoramento dell’immobile, che ospita il commissariato, nei confronti del privato proprietario dello stesso, reo di non aver pagato l’Ici. Tale imposta, di circa 27 mila euro, risultava relativa ad un anno e mezzo di affitti non pagati dal Ministero dell’Interno per l’affitto dello stabile, il quale risulta utilizzato da circa 16 anni in modo «abusivo» dalla ps, non essendoci nessun regolare contratto d’affitto registrato tra il proprietario e il Ministero. Siamo alle solite: lo Stato chiede continuamente sacrifici e oneri ai cittadini, ma non sembra adempiere ai suoi doveri come pretende da tutti noi.

Scenari surreali
Ancora più surreale è la situazione del commissariato di Chioggia (Venezia). L’edificio che lo ospita era stato cartolarizzato (vale a dire ceduto per la vendita successiva) nel 2004 e inserito nella Finanziaria del 2005 insieme ad altri 400 immobili dello Stato. Il proprietario è il Fip, Fondi Immobili Pubblici, e la banca romana che gestisce il fondo Fip è Investire Immobiliare Sgr Spa. Il locatario, ovvero chi paga l'affitto, è l'agenzia del Demanio, ma gli affitti non vengono pagati in base a 400 singoli contratti ma ad un solo "contrattone" della durata di nove anni, rinnovabili tacitamente. Dunque la disdetta per cessata locazione dovrebbe riguardare tutti i 400 immobili simultaneamente e questo, in pratica, non è possibile, per cui è assicurata la locazione fino al 2022. Altra possibilità, però, è che il Demanio rinunci a pagare l'affitto dell'immobile e lo restituisca al Fip che lo può vendere a qualche privato, cambiandone la destinazione d'uso, cosa questa ammessa dal bando di cartolarizzazione per rendere più appetibili gli immobili. In questo caso, però, dovrebbe essere ceduto tutto il complesso San Francesco che, oltre al commissariato, ospita l'agenzia del territorio e il garage della guardia di finanza. Se il Demanio volesse restituire l'immobile, procurerebbe, quindi, grossi problemi a tre diversi enti e anche questo sembra molto improbabile.
Quindi il commissariato di Chioggia non correrebbe rischi di sfratto soltanto grazie ad un cavillo burocratico.
Altra Regione, stessa storia. Anche a Napoli la Questura rischia lo sfratto, a causa di un debito di un milione e mezzo di euro che la questura stessa deve alla Provincia per l’affitto della storica sede di via Medina, di proprietà dell’Ente di Palazzo Matteotti. La giunta provinciale ha deciso di agire in giudizio contro il Ministero dell’Interno per promuovere lo sfratto per morosità, un atto forte deliberato dopo vari tentativi fallimentari di conciliazione.
«Diciamo che l'approdo finale dovrebbe essere lo sfratto, ma io mi auguro che non si arrivi a tanto, su quel palazzo c'è scritto Questura ed è nato proprio per quello». Questa la considerazione dell’assessore al patrimonio della Provincia Iervolino.
Se a Napoli c’è chi ancora può vedere degli spiragli minimi di risoluzione, invece a Spoleto la situazione appare di gran lunga più grave, se non avviata verso lo scenario peggiore, perché a quanto pare l'ordine di sfratto per il commissariato locale è diventato esecutivo e a breve gli agenti dovranno liberare l'edificio di viale Trento e Trieste dove ci sono gli uffici amministrativi e la sala operativa del 113.
Dunque, l'indiscrezione anticipata il 25 gennaio da ‘Il corriere dell'Umbria’ sembra prendere corpo e potrebbe creare qualche difficoltà ai poliziotti nello svolgimento delle loro funzioni. Ma dove andranno a lavorare gli agenti? Lo spazio necessario sarebbe stato individuato all'interno della Scuola per allievi e agenti di polizia, a pochi passi dal commissariato. Ma il problema principale è legato alle conseguenze dell’ordine di sfratto. Operare con un commissariato separato, seppur le due sedi sarebbero a pochi metri di distanza, potrebbe creare qualche difficoltà. E allora non si esclude, anche considerando le condizioni dell’intera struttura, che l’intero commissariato possa cambiare sede e trasferirsi nella Scuola.
Amare conclusioni
A concludere questa carrellata incresciosa e lesiva, tanto dei diritti di chi presta servizio nella pubblica sicurezza quanto di chi, come cittadino, vorrebbe che i proventi delle proprie salate tassazioni venissero utilizzati davvero per la cosa pubblica e per garantire servizi funzionanti, vi è il caso recentissimo del commissariato di Manduria, in Puglia. Solita storia, solite dinamiche, neanche fosse un canovaccio da commedia dell’arte: affitti non pagati ad un privato proprietario e ingiunzione di sfratto esecutivo. Con una differenza sostanziale. Se per una grande città spostare un commissariato può essere un disagio ammortizzabile dalla presenza sul territorio di altri uffici di ps, per un centro abitato più piccolo questo può diventare un problema reale relativo tanto alla sicurezza quanto all’espletamento di pratiche amministrative come passaporti e documentazioni varie.
Dunque, a fronte di campagne elettorali incentrate sulla sicurezza e sul rafforzamento del dispiegamento di forze sul campo, ci si ritrova in uno scenario che sembra muovere esattamente in direzione contraria. Una domanda sorge spontanea: non sarebbe tutto più semplice se gli stabili che ospitano i commissariati fossero di proprietà del Demanio? Perché non utilizzare spazi dismessi di proprietà dello Stato?



Solita storia, solite dinamiche, neanche fosse un canovaccio da commedia dell’arte: affitti non pagati ad un privato proprietario e ingiunzione di sfratto esecutivo




Anche a Napoli la Questura rischia lo sfratto,
a causa di un debito di un milione e mezzo di euro che la questura stessa deve alla Provincia per l’affitto della storica sede di via Medina

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