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Aprile-Maggio 2012/2012 - Articoli e Inchieste
Europa e Italia a confronto
Sintonia Monti-Europa: italiani in attesa
di Marta Gara

La Bce dette indicazioni dettagliate
su come attuare un piano
di liberalizzazioni dell'intera
struttura economica nazionale


La ritrovata fiducia dell’Europa nei confronti del Governo tecnico rischia di costare caro agli italiani. Nuove tasse, e privatizzazioni sono lo scotto da pagare ad un’Europa sempre più vicina ai poteri economici che ai suoi cittadini

‘Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee’. È questo il titolo della prima legge varata dal Governo Monti, pubblicata in Gazzetta ufficiale lo scorso 2 gennaio. Si tratta della base indispensabile, con le deleghe ai ministri competenti, per chiudere 23 procedure d'infrazione aperte dalla Commissione europea contro l'Italia nei più svariati ambiti; dalla regolamentazione bancaria e creditizia all'uso sostenibile di pesticidi e il recupero dei vapori di benzina. Non bisogna dunque arrivare al premio 'Personalità Europea del 2011' ricevuto di recente da Mario Monti, anche tra le righe di una legge delega (in stallo dal 2010) si intende il cambio di direzione della politica italiana rispetto all'era Berlusconi. "Metteremo l'Europa al centro dell'attività mia e del governo e contribuiremo allo sviluppo armonioso dell'Unione", ha detto il professor Monti al suo esordio alla presidenza del Consiglio. Forse sarebbe più corretto dire che è stata l'Europa, negli ultimi mesi, a mettere al centro del suo lavoro l'Italia; anzi il "problema" Italia. L'agenda comunitaria era già chiara prima dell'arrivo del tecnico Monti, riformista e liberista. Basti pensare alle due lettere inviate dall'Unione Europea a Berlusconi, una in agosto, firmata dall'allora direttore della Bce Jean-Claude Trichet e dal successore Mario Draghi e l'altra all'inizio di novembre, sottoscritta dal commissario europeo per gli affari economici e monetari Olli Rehn. In quella estiva, sotto il fuoco di uno spread alle stelle tra i titoli di Stato italiani e tedeschi, la Banca centrale europea dette indicazioni dettagliate su come attuare un piano di liberalizzazioni dell'intera struttura economica nazionale, su dove e quando privatizzare e in che modo modificare il mercato del lavoro per ridare fiducia ai mercati. Si aggiungevano, nella missiva seguente, più puntuali riferimenti agli interventi sul sistema previdenziale, per una maggiore tassazione del mercato dei consumi, sollecitazioni su pareggio di bilancio in Costituzione, semplificazione burocratica, misure a favore della capitalizzazione d'impresa e dell'occupazione giovanile e anche un monito sulla necessità di ridurre i costi della politica. Basta tenere a mente questa ricetta e facile sarà verificare la coincidenza con la scaletta di lavoro di Monti.

Salva Italia
Le "promesse" del premier all'Europa sono state conseguenti: «Sacrifici ed equità, rigore e crescita», per usare la sintesi di Monti nel suo primo tour europeo il novembre scorso. «Altrimenti dovremmo imparare il greco, quello moderno», è stata un'altra delle sue concise sferzate. La spada di Damocle che pende sull'operato del Governo è la sopravvivenza dell'euro: va scongiurata la possibilità che un Paese come l'Italia, la terza economia del continente (ma anche il terzo con il debito pubblico più alto al mondo), sia giudicato incapace di ripagare i creditori. Da qui la marcia a tappe forzate verso la drastica riduzione del deficit e l'attuazione di riforme strutturali che possano far ripartire la crescita. L'austerity infatti non basta a ridare fiducia ai mercati e a rimborsare i titoli di stato in scadenza nel 2012: secondo alcuni economisti l'incremento del pil italiano dovrebbe alzarsi entro l'anno almeno al di sopra dello 0,8% (dall'attuale 0,1-0,2%).
Di lavoro da fare ce n'è molto e il professor Monti, che proprio per questa mansione è stato incaricato da Napolitano, si è messo all'opera alacremente. Il primo settore profondamente modificato con il decreto "Salva-Italia", convertito in legge lo scorso 22 dicembre, è stato quello della previdenza. Dal primo gennaio 2012 è stato esteso a tutti i lavoratori il metodo contributivo per il conteggio della pensione ed è stata posticipata l'uscita a 66 anni per autonomi e dipendenti pubblici e privati (maggiore gradualità solo per le donne del privato) in vista della soglia comune dei 67 anni fra 10 anni. L'innalzamento dell'età di pensionamento e un'accelerazione nel suo raggiungimento era appunto la richiesta dall'Unione europea. Di fronte alla nuova delibera neanche i cosiddetti "40 anni di contributi" sono più intangibili: potranno andare in pensione prima dei 67 anni solo coloro che avranno accumulato contributi per 41 anni e un mese (donne) o 42 anni e un mese (uomini), con riduzioni dell'assegno se si hanno meno di 62 anni. Nello stesso pacchetto di "sacrifici" è stato inserito anche l'aumento dell'iva di 2 punti percentuali, cioè l'inasprimento della tassazione sul consumo indicato dalla Commissione europea. Mentre per le imprese sono state pensate agevolazioni Irap e un fondo di finanziamento per la capitalizzazione. I balzelli contenuti nel "Salva-Italia" hanno rappresentato le prime avvisaglie di un cambiamento di corso per le tasche degli italiani (una media di circa 400 euro di tasse in più all’anno per ogni famiglia). Le reazioni più agguerrite (scioperi e manifestazioni) si sono tuttavia avute solo alla fine di gennaio, contro il decreto "Cresci-Italia". Monti ha riservato alla seconda fase del suo programma la sfida del recupero economico sul terreno «degli interessi corporativi». Nella fattispecie il Governo è andato a colpire gli ambiti d'impresa "regolamentati", quelli in cui la libera concorrenza è stata finora frenata da tariffe e limitazioni delle licenze. Gli effetti più vistosi del decreto legge sulle liberalizzazioni pubblicato in Gazzetta ufficiale il 24 gennaio sono infatti l'ok al concorso per 500 nuovi posti da notaio in tutta Italia entro il 2014, l'incremento del numero di farmacie fino a raggiungere la proporzione europea di un rivenditore ogni 3mila abitanti e l'abrogazione delle tariffe minime e massime per le libere professioni, con obbligo di preventivo scritto se richiesto dal cliente. Riguardo alle licenze dei tassisti, altro settore "chiuso", Monti non è ancora riuscito a portare fino in fondo la sua missione: si insedierà una commissione di valutazione delle necessità del mercato.
Un regalo ai poteri
economici europei
Nel medesimo pacchetto è stato inserito anche il via libera alla separazione della rete gas Snam dal gestore Eni che ne detiene il 52%, visto che la condizione privilegiata dell'Ente nazionale idrocarburi ha finora scoraggiato investimenti e concorrenza. Quest'ultimo passo per la liberalizzazione sembra tuttavia anche il primo per tener fede a un'altra «promessa» fatta da Monti all'Europa: quella della rinuncia alla ‘golden share’ e l'avvio di fatto delle privatizzazioni. La ‘golden share’ è il meccanismo che consente allo Stato italiano di detenere poteri speciali di veto nelle società partecipate attive in settori strategici (come Eni e Snam). In passato l'Italia è già stata condannata dalla Corte di giustizia per la ‘golden share’ detenuta in Telecom Italia, Enel e Finmeccanica e lo scorso novembre la Commissione europea ha annunciato a Monti l'intenzione di pronunciare un nuovo deferimento al tribunale europeo. Ebbene l'azione sembra essere stata «congelata» dal presidente José Manuel Barroso proprio di fronte alla "piena disponibilità" dimostrata dal premier a rimediare all'anomalia.

Conclusioni
Tante dunque le azioni da mettere in campo secondo Monti per consolidare la posizione dell'Italia di fronte all'Europa e ai potenziali supporti finanziari che ne possono derivare. La più imminente è il varo del pacchetto dedicato alla semplificazione burocratica e legislativa che include anche l'agenda digitale, il piano d'innovazione tecnologica che l'Italia si appresta a redarre con due anni di ritardo dall'omologo europeo. Le più calda sul fronte politico è invece la riforma del lavoro, che punta a modificare anche la normativa sui licenziamenti. Secondo la linea più accreditata in Europa la mancanza di una flessibilità sana in Italia è dovuta a un sistema che garantisce pochi dipendenti lasciando nel precariato milioni di giovani. E' infine sul piano della regolamentazione della finanza pubblica, origine e redenzione della crisi secondo i funzionari europei, che Monti ha siglato la promessa più vincolante per il Paese. L'Italia, insieme ad altri 24 Paesi dell'Unione, ha aderito al ‘Trattato intergovernativo sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione monetaria ed economica’, impegnandosi da una parte a mantenere il pareggio di bilancio, o meglio il divieto per il deficit strutturale di superare lo 0,5% del Pil nel corso di un ciclo economico e dall’altra a far rientrare il debito pubblico verso il tetto del 60% del Pil ad un ritmo di riduzione annuale di 1/20 della parte eccedente (ora l’Italia è a quota 120%). Il mancato rispetto di entrambe gli obblighi (a parte considerati "fattori rilevanti") comporterà sanzioni mentre la mancata ratifica del Trattato esclude il Paese dai benefici del fondo permanente di stabilità monetaria (Esm) che sarà attivo da luglio ed ha già una dotazione di 500 miliardi. L'Italia ha bisogno di quei soldi e pare che Monti, forte dei commenti positivi suscitati in ambito internazionale dall'incisività dei suoi primi interventi, stia trattando con la cancelliera tedesca Angela Merkel un aumento dell’Esm di 250 miliardi. È stata infatti proprio la Germania a spingere sul rigore del patto di bilancio e Monti si è dimostrato un interlocutore significativo. Non a caso all’indomani dell’accordo lo stesso Barack Obama ha voluto incontrare Monti. Il presidente Usa ha dichiarato che «i rapporti con l’Italia non sono mai stati così buoni come ora» e che il parere di Monti su come interagire con la Germania è di grande interesse. L’influenza degli Stati Uniti sul Fondo monetario internazionale è nota e anche l’intervento dell’Fmi nel piano di difesa finanziaria dell’Unione europea. Monti punta inoltre completare in breve tempo il mercato unico dei servizi, attraverso una maggiore apertura di quello trainante della Germania. In questa prospettiva l’Italia potrebbe passare dalle «promesse» alle «proposte». Almeno secondo il punto di vista di un europeista (liberista) come Monti, che sembra glissare sui costi.

_______
L’ESEMPIO INGLESE

Mentre gli ordini forensi italiani protestano contro le liberalizzazioni richieste da Monti, è utile osservare cosa accade in Gran Bretagna. L’ordinamento forense britannico è stato riformato nel 2007 con il Legal Service Act, normativa soprannominata “Tesco law” dal nome del colosso di supermercati. Si tratta infatti di un intervento di liberalizzazione che permette l’ingresso nel mercato dei servizi legali anche di grandi catene di distribuzione, in grado di fornire servizi di base a prezzi competitivi e trasparenti. Già dal 2011 la catena di cartolibrerie WHSmith ha un legal-corner in 150 punti vendita. Dal 2009 la legge permette la creazione di società con partner non avvocati (max al 25%) ed entro l’anno sarà possibile aprire società di professionisti multidisciplinari e con proprietari esterni; così anche gli studi legali potranno essere quotati in Borsa.
Già in 60 hanno richiesto la licenza per la trasformazione societaria. La liberalizzazione è stata tuttavia anticipato da un riassetto della regolamentazione della professione. Nel 2008 si è costituito il Legal Service Board, un organo indipendente, composto da professionisti, laici e da una giuria dei consumatori, a cui debbono rispondere i singoli “ordini” di professionisti. È stato inoltre istituito l’Office of legal Complaints, per raccogliere le lamentele dei consumatori, controllando il corretto svolgimento delle professioni legali.

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