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Marzo/2012 - Contributi
Il petrolio: inizio e fine di una preziosa risorsa
di Mauro Annese

Normalmente inizio le mie conversazioni parlando del petrolio: mi sono reso conto però che, da qualche tempo, l’interesse, in particolare degli studenti ai quali mi dedico da alcuni anni, è più rivolto alle prospettive future: il petrolio è presente e passato. Evidentemente si inizia, nei giovani, ad averne consapevolezza. E questo è positivo.
Gli idrocarburi liquidi, sono stati, per un secolo e mezzo, l’asse portante del processo evolutivo dell’uomo, sostituendo altre forme di energia di tipo fossile per la facilità d’uso, la grande disponibilità ed il basso costo. Anche oggi, col greggio ad oltre 100 dollari al barile, circa 0.50 euro al litro! un terzo di una bottiglia di acqua minerale, è pur sempre una fonte di energia a basso costo tant’è che non si fa assolutamente nulla per risparmiarla o attivare un processo serio ed a lungo termine, per sostituirla in maniera sostenibile. Inutile dire che lo Stato, che affonda le sue mani rapaci su questa fonte inesauribile di risorse finanziarie (c.a. il 65% di tasse e balzelli vari, dette accise, ancora in essere oltre alle tasse, come la guerra di Etiopia, Vaiont, Belice (che insieme ammontano a oltre il 20 centesimi di euro) e altro, non ha un reale interesse a sostituirla.
Le varie soluzioni alternative, eolico, solare, biomasse ecc. sono indubbiamente valide ma solo localmente ed adempiono la funzione di un tentativo di risparmio energetico, comunque auspicabile; il loro impiego comporta alti costi di installazione e di gestione, che solo le industrie possono affrontare, per non parlare dell’impatto ambientale e la disponibilità di grandi superfici e tanto vento non sempre presenti in Italia. I carburanti biologici saranno sì interessanti, ma l’Italia non dispone di vaste coltivazioni di mais, canna da zucchero come negli USA o il Brasile per poter immettere sul mercato quantità tali di prodotto ecologico finito per soddisfare la richiesta dei mezzi di locomozione. Incidentalmente i carburanti “ecologici” non sostituiscono quelli fossili ma li integrano. Altro settore trascurato è la ricerca di materiali alternativi a quelli prodotti con il petrolio ed il gas, come quasi tutta l’oggettistica di plastica, tubazioni, fertilizzanti e mille altre cose di uso comune di cui non tutti sanno che derivano dagli idrocarburi.
Il sole: è vero, ne abbiamo tanto! Ma il costo di un pannello fotovoltaico per una casa di normali dimensioni è ancora un’enormità ed il rendimento è scarso! Scellerate decisioni prese a suo tempo ed ancor più scelleratamente sostenute da certe attuali miopi forze politiche, ci impediscono di utilizzare il nucleare UNICA vera risorsa energetica a basso costo che ci consentirebbe di fornire energia elettrica e di fabbricare gratis l’Idrogeno, l’unico carburante del futuro. Le duecento e passa centrali nucleari presenti in Europa da cui attingiamo energia a piene mani e a caro prezzo, non sono sufficienti a garantirci la sicurezza operativa degli impianti e la continua fornitura di energia alla rete.
Nei convegni si discute della fine del petrolio nei prossimi trenta-quarant’anni: ma su cosa si basano queste asserzioni? Chi come me ha vissuto per decenni nelle società petrolifere, sa perfettamente che i petrolieri ed i Paesi produttori non hanno interesse a rilasciare dati veritieri sulle loro riserve petrolifere che sono da sempre top secret; la riduzione della produzione è veramente dovuta all’assottigliamento delle riserve oppure a motivazioni politico-commerciali e sicuramente per il maggior consumo da parte dei paesi emergenti come Cina ed India? Esistono nel sottosuolo enormi giacimenti di petrolio di difficile estrazione, che verranno sicuramente sfruttati a tempo debito come pure quello che sicuramente si trova sotto i mari profondi oltre i 3-4000 metri.
Ed il gas metano? Altro problema più impellente del petrolio, dato che quasi tutte le centrali elettriche vanno a metano come quello che arriva alle nostre case; orbene, i fornitori del Metano che arriva in Italia, sono solo tre Russia, Algeria e Mare del Nord ed in subordine, la Libia e questi Paesi stanno formando un cartello tipo OPEC, per fare una politica di approvvigionamento e prezzi comuni. La risposta è: diversificare le fonti di approvvigionamento del metano. Tutti i Paesi produttori di petrolio, possono fornire anche gas metano in quanto associato al petrolio nel giacimento; quindi le fonti sono infinite. Trasportare con metaniere gas liquefatto all’origine e rigassificarlo in Italia: questa è la soluzione. Purtroppo alcune forze politiche e gli ambientalisti si oppongono: gli impianti sono pericolosi, fanno rumore eccetera e nessuno li vuole vicino casa. E’ forse auspicabile un lungo black-out per fare entrare in testa a questi pseudo competenti, che questa è la soluzione?
Entro ora brevemente nel merito della ricerca petrolifera:
La ricerca del metano e del petrolio da parte del geologo inizia con lo studiare la geologia della regione da investigare per verificare l’esistenza di quelle condizioni geologiche che, centinaia di milioni di anni fa, hanno consentito la formazione degli idrocarburi sotto il fondo degli abissi; il contenuto organico delle forme marine viventi. Le alte temperature e pressioni, hanno infatti portato, nel tempo, alla trasformazione della vita animale e vegetale presente nei mari, a morire, andare in putrefazione e sviluppare un prodotto primordiale semi gassoso detto kerogene e quindi a trasformarlo in idrocarburo che rimane intrappolato nei sedimenti marini in cui si è formato. Sottoposti al peso immenso di altri sedimenti; questi si trasformano in rocce mantenendo intatto il loro contenuto di idrocarburi. Le spinte tettoniche dal basso e laterali che hanno portato alla formazione dei rilievi montuosi, la formazione dei continenti come noi li conosciamo, hanno trascinato verso la superficie queste rocce petrolifere, che i geologi cercano di individuare.
Differentemente da quanto si pensi che il petrolio si trovi contenuto in caverne nel sottosuolo, esso è invece intrappolato nelle rocce sedimentarie, nella loro struttura porosa e permeabile.
Non serve allo scopo di questa breve relazione, entrare nel dettaglio della ricerca: basti dire che la ricerca prosegue con la campagna sismica che riflette i connotati geologici del sottosuolo e una volta interpretati, rivelano la presenza di trappole petrolifere presenti a migliaia di metri di profondità; la fase di ricerca si conclude quindi con la trivellazione del pozzo: operazioni che costano miliardi di dollari svolte nell’arco di mesi di lavoro. Chi se non con i loro immensi capitali, potrebbe imbarcarsi in una simile avventura se non le grandi società petrolifere?
Negli anni Sessanta i veri padroni del petrolio erano le società petrolifere: i paesi produttori intascavano delle royalties che a quei tempi costituivano una cifra enorme per le loro misere finanze. Da molti anni, in molti paesi petroliferi la situazione si è capovolta: i campi sono stati nazionalizzati e le compagnie petrolifere si sono trasformate in compagnie di servizio che eseguono le varie fasi della ricerca di cui sopra per conto delle Società di Stato e prendono un compenso in soldi o natura, per il loro servizio di ricerca ed estrazione del petrolio.
E l’Italia? Come quasi tutti i paesi europei ad accezione della Norvegia, Olanda e Regno Unito, possediamo, per la nostra storia geologica, scarsissime riserve petrolifere, confinate in pozzi profondi fino a 6000 metri nel Nord, in Mare Adriatico ed in Basilicata. Il giacimento in Basilicata produce quanto un medio giacimento del Medio Oriente: ma è l’unico e quindi irrilevante ai fini del bilancio energetico nazionale.
Non ci resta quindi che piangere sugli errori del passato in Italia con la cancellazione del programma nucleare e in Libia dove negli anni trenta una politica scellerata di ostruzionismo alla tecnologia anglosassone e fantasie imperiali in Africa Orientale, hanno sbarrato l’accesso alla ricerca dove, anche se in tracce, erano evidenti al caro collega Prof. Ardito Desio presenze di idrocarburi in pozzi d’acqua nella Gefara tripolina. Forse è stato meglio così: come i Francesi in Algeria e Tunisia, avremmo perso non solo la colonia ma anche il suo prezioso contenuto.
Ed a proposito di acqua, inutile dire che parliamo di una risorsa ancora più preziosa del petrolio di cui per centinaia di anni abbiamo fatto a meno: dell’acqua si parla poco nei convegni ed a sproposito. Le prossime guerre si faranno per l’acqua, in particolare nel Medio Oriente, altro che petrolio. Ma dov’è la soluzione? Come possiamo evitare gli sprechi? Non certo chiudendo il rubinetto mentre ci laviamo i denti: gli sprechi sono nelle enormi perdite dei nostri acquedotti, in particolare quello pugliese (70%) dovuti a tubazioni ridotte ad un colabrodo. Alzare il prezzo dell’acqua? L’acqua, in effetti, costa pochissimo rispetto agli altri servizi. Alzarne il costo ne consentirà un uso più oculato. Le industrie riciclano l’acqua utilizzata negli impianti attraverso la depurazione, ma, a sorpresa, il grande consumatore di acqua è l’agricoltura. Nel Nord Italia, vaste piantagioni di riso e mais sono ancora periodicamente allagate da miliardi di litri di acqua ed in estate. Il mais ha sostituito il grano che richiede sì acqua, ma in inverno. Ma il mais rende di più. Basterebbe usare impianti a pioggia o come si cerca di fare a goccia, anche se costoso. E l’acqua potabile? Si fornisce riciclando le acque reflue cittadine, debitamente depurate e sterilizzate; mancandoci l’energia a basso costo (leggi nucleare) non possiamo fare, per le mille città costiere ed in particolare le isole , la desalinizzazione del mare che richiede energia per evaporare l’acqua: il vapore, raffreddato, produce acqua distillata a cui si aggiungono sali per renderla potabile. Esistono diversi altri modi per fare acqua potabile senza dover utilizzare le poche falde disponibili (specialmente in periodi di scarse piogge come questi) ma sono decisioni politiche che contrastano con interessi di tipo mafioso che riguardano la fornitura di acqua potabile, in particolare alle isole.
____________
Mauro Annese
laureato a Firenze nel 1962 in Geologia, ha svolto per 40 anni la sua attività professionale nel mondo del petrolio, occupando in oltre venti paesi diverse mansioni di ricercatore, produttore, raffinatore e disinquinatore. Ora svolge lezioni sul petrolio ed energia, in forma volontaria, alle scuole, Università ed Associazioni private riscuotendo sempre un grande consenso per la unicità degli argomenti ed il modo, del tutto disinvolto e personale, con cui li racconta.

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