MARINA ABRAMOVIĆ
PAC, Milano
a cura di Diego Sileo ed Eugenio Viola
dal 21 marzo al 10 giugno 2012
Marina Abramović è nuovamente presente a Milano fino al 10 giugno con un nuovo lavoro ideato per il PAC. Il museo è la sede scelta dall’artista per il suo nuovo lavoro dopo la grande retrospettiva del 2010 al MoMA di New York. Marina Abramović è un’ icona di tutte le forme di espressività legate al corpo, dalla cui vicenda artistico - esistenziale è imprescindibile la storia stessa delle arti performative. E’ infatti dagli anni ’70 pioniera della performance. Tramite il suo lavoro l’artista ha superato i propri limiti fisici e psicologici, messo in pericolo la sua incolumità, infranto regole e convenzioni, scavato nelle proprie paure e in quelle di chi la osservava, portando l’arte a contatto con l’esperienza fisica ed emotiva, collegandola alla vita stessa. Questo suo ultimo lavoro nasce da una riflessione che Marina Abramović ha sviluppato partendo dalle sue ultime tre performance: The House With the Ocean View (2002), Seven Easy Pieces (2005) e The Artist is Present(2010). Queste esperienze hanno segnato profondamente il suo modo di percepire il proprio lavoro in rapporto al pubblico: “Nella mia esperienza, maturata in quaranta anni di carriera, sono arrivata alla conclusione che il pubblico gioca un ruolo molto importante, direi cruciale, nella performance”, dichiara Marina Abramović. “Senza il pubblico, la performance non ha alcun senso perché, come sosteneva Duchamp, è il pubblico a completare l’opera d’arte. Nel caso della performance, direi che pubblico e performer non sono solo complementari, ma quasi inseparabili”. Con The Abramović Method è proprio il pubblico, guidato e motivato dall’artista, a vivere e sperimentare le sue “installazioni interattive” rimanendo in piedi, seduto o sdraiato. La mostra diventa un percorso fisico e mentale che trasforma gli spazi del PAC in un’esperienza fatta di buio e luce, assenza e presenza, percezioni spazio-temporali alterate. Un percorso dove le persone espandono i propri sensi, osservano, imparano ad ascoltare e ad ascoltarsi. Inoltre per enfatizzare il ruolo ambivalente di osservatore e osservato, di attore e spettatore, Marina Abramović ha scelto di mettere alla prova il pubblico anche nell’atto apparentemente semplice dell’osservazione distante: una serie di telescopi permettono ai visitatori di osservare dal punto di vista macroscopico e microscopico coloro i quali sceglieranno di cimentarsi con le interactive installations. È questo il “Metodo Abramović”, che l’artista ha sperimentato su se stessa in anni di dedizione e ferreo autocontrollo. Un processo il cui acme è rappresentato dall’estenuante performance realizzata al MoMA nel assolo realizzato dall’ Abramović finora, l’artista si esibiva ogni giorno nelle ore di apertura del museo: seduta 2010, dal titolo The Artist is Present. In questa pièce, il più lungo in assoluto silenzio a un tavolo nell’atrio, invitava i visitatori a sedersi di fronte a lei per tutto il tempo desiderato nell’ambito degli orari del museo. L’artista non aveva alcuna reazione di fronte ai partecipanti, tuttavia il loro coinvolgimento costituiva il completamento dell’opera, permettendo loro di vivere un’esperienza personale con l’artista e con la performance stessa. Un’installazione monumentale, proposta per la prima volta in Italia, ricostruisce questa performance memorabile, accogliendo i visitatori e al tempo stesso introducendo lo scenario del “Metodo Abramović”. Questo metodo è nato dalla consapevolezza che l’atto performativo è in grado di operare una trasformazione profonda in chi lo produce, ma anche nel pubblico che lo osserva. In un’epoca in cui il tempo è un bene davvero prezioso, ma altrettanto raro, Marina Abramović chiede allo spettatore/attore di fermarsi e fare esperienza del “qui e ora”, di ciò che prima di tutto lo riguarda: se stesso e il modo di relazionarsi con ciò che lo circonda. Una selezione di opere del passato che ne condividono gli stessi principi, aiuta i visitatori ad approfondire il “Metodo Abramović”. Da Dozing Consciousness (1997) a Homage to Saint Therese (2009), i suoi lavori sono accomunati dalla ricerca instancabile di un’espansione “energetica” della percezione, che contamina tradizioni e saggezze arcaiche con la realtà contemporanea.
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