Gam Wunderkammer, Torino
dal 16 marzo al 20 maggio 2012
Una mostra di disegni di Giuseppe Mazzola (Invozio di Valduggia 1748–Milano 1838), è visitabile fino al 20 maggio nella Wunderkammer della GAM, lo spazio del museo dedicato all’esposizione del suo patrimonio grafico. I fogli in mostra sono una selezione dei disegni più rappresentativi dei filoni a cui l’artista si è dedicato: temi sacri, soggetti mitologici e letterari. La mostra è frutto di un’indagine realizzata da Piera Giovanna Tordella, docente di Storia del disegno e dell’incisione grafica presso l’Università di Torino che pone l’attenzione sulla relazione tra stile e tecnica, su come la cifra linguistica determini in Mazzola, anche attraverso la selezione degli strumenti esecutivi, la dimensione espressiva. Vengono messi in evidenza cosa abbia significato l’adozione di un certo medium grafico o ancora l’uso di una particolare preparazione della carta. Un’attenta analisi è dedicata all’andamento del tratto e a come si sia modificato dopo che l’artista perse il braccio destro e inizio a utilizzare la mano sinistra.
Dai quindici fogli esposti è possibile vedere come l’ideale di bellezza del disegnatore trae la propria ispirazione dalla tradizione classica, cercando di coniugare grazie e armonia. Questi riferimenti emergono nel profilo dello Studio per il volto della Vergine o il Cupido, Studio per un Cupido in riposo. Ad introdurlo alla cultura neoclassica fu Anton Raphael Mengs, di cui l’artista fu allievo oltre che erede e custode dei suoi scritti teorici. Mengs insieme con Winckelmann volevano far nascere un nuovo classicismo ispirandosi ai vertici della grande tradizione italiana: l’ideale bellezza delle opere di Raffaello e l’eleganza dei maestri del classicismo del seicento. Mazzolla assistette Mengs a Roma, periodo in cui passo circa un decennio. A seguito della morte del suo maestro si trasferì a Torino dove divenne pittore di corte nel 1779, presso Vittorio Amedeo III. Dopo oltre dieci anni l’avvio dell’occupazione francese pose termine al suo servizio presso la corte. Trovò dopo poco fortuna nella Milano napoleonica, di quel periodo infatti uno dei più noti tra i suoi fogli, presente anche in mostra, l’elegante doppio profilo femminile Studio di teste per Sant’Elena ed un’ancella, che tratta il soggetto cristiano attraverso una colta idealizzazione neo-greca. Nel 1804 nonostante l’amputazione dell’avambraccio destro dovuta ad un’errata terapia l’artista riuscì a riprendere la pratica artistica. Sotto l’ala di Napoleone, che apprezza il suo lavoro, divenne professore all’Accademia di Brera e vicedirettore della Reale Galleria. Morì novantenne, non discostandosi mai, durante la sua lunga carriera, dai valori della cultura neoclassica, in cui il disegno assolveva funzioni essenziali. I disegni esposti sono stati acquistati nel 1990 grazie alla Fondazione De Fornaris. Questo nucleo di opere, accanto a quello conservato nella Pinacoteca di Varallo, permette di restituire buona parte dell’attività grafica dell’artista valsesiano.
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