Un narratore che ha insegnato a molte generazioni di giovani che cos’era la mafia, uno dei maggiori intellettuali del Novecento, una coscienza critica del nostro Paese. Autore di libri importanti come A ciascuno il suo, Il giorno della civetta, Il Consiglio d’Egitto, La scomparsa di Majorana, Una storia semplice e molti altri.
Questo è stato Leonardo Sciascia, un osservatore attento della società, sempre capace di cogliere, nelle sue lucide analisi, le contraddizioni e le debolezze umane. Ma è stato anche uno scrittore neofantastico, come ha spiegato Franco Zangrilli, italianista, Full Professor di italiano e di letteratura comparata alla City University of New York, nel suo bel volume Leonardo Sciascia, scrittore neofantastico, pubblicato qualche tempo fa dall’editore siciliano Sampognaro e Pupi e da poco ristampato.
Secondo Franco Zangrilli nella produzione letteraria di Leonardo Sciascia l’elemento del neofantastico occupa uno spazio molto importante: in certi racconti e in certe opere i “modi” del nuovo fantastico sono più vistosi e insistenti che in altri. E aiutano l’autore siciliano a riscrivere una grande quantità di idee e motivi del mondo occidentale, classico e moderno: per esempio negli scritti giornalistici di Sciascia, poi raccolti in volumi come La palma va a nord, Nero su nero, A futura memoria ritornano, citati o discussi, molti autori appartenenti alla sfera fantastica: Esopo, Ovidio, Cervantes, Gogol, Dostoevskij, Salgari, Kafka, Pirandello, Savinio. Che servono al maestro di Racalmuto per sviluppare un discorso metaletterario. Basti pensare a un romanzo come Il consiglio d’Egitto che parla, attraverso il gioco diretto e indiretto del citazionismo, delle Mille e una notte.
Leonardo Sciascia - spiega Franco Zangrilli - si serve della ri-scrittura per svelare i colori fantastici della realtà. Come del resto accadeva per altri grandi scrittori del Novecento: Luigi Pirandello, Tommaso Landolfi, Antonio Tabucchi. E ciò non avviene solo nei romanzi ma anche in alcuni scritti saggistici come nell’Affaire Moro: “E’ come se un moribondo si alzasse dal letto, balzasse ad attaccarsi al lampadario come Tarzan alle liane, si lanciasse alla finestra, sano e guizzante, sulla strada. Lo Stato italiano è risuscitato. Lo Stato italiano è vivo, forte, sicuro e duro. Da un secolo, da più che un secolo, convive con la mafia siciliana, con la camorra napoletana, col banditismo sardo […] Ma ora, di fronte a Moro prigioniero delle Brigate Rosse, lo Stato italiano si leva forte e solenne […] ‘Lo Stato italiano forte coi deboli e debole coi forti’ […] Dall’improvviso levarsi dello Stato ‘come torre che non crolla’ Moro è sorpreso. Come venuto fuori, da quella larva, questo mostro corazzato e armato?”
Nel raccontare la vicenda dello statista democristiano, per esempio, Leonardo Sciascia - spiega Zangrilli - si avvale della letteratura fantastica, mostrando di condividere l’idea di Borges secondo cui tutta la letteratura è fantastica, finendo poi per scavalcare Borges, ritenendo che la letteratura riesce a mutare il fantastico in vero, in situazioni e fatti profondamente veritieri.
“…nella visione sciasciana la storia e la vita formano una sterminata foresta di stranezze, di irrazionalità, di misteri, in cui l’uomo smarrito forse non troverà la dritta via, non vedrà un raggio di luce che, dissolvendo la fittissima oscurità, lo guiderà verso la salvezza e la redenzione. Tutto ciò fa di Sciascia uno degli scrittori più originali del secondo Novecento”.
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