Con Barack Obama, primo afro-americano della storia a diventare Presidente degli Stati Uniti, il Black History Month (il mese dedicato alla celebrazione della storia e della cultura afro-americana) ha assunto una rilevanza simbolica diversa. Durante la campagna politica per le presidenziali del 2008, lo slogan “Yes we can” è stato accolto con una forte dose di concretezza soprattutto dalla popolazione nera: dopo decenni di battaglie per farsi riconoscere i diritti fondamentali e combattere la discriminazione, un proprio “figlio”, un nero, è stato capace di assurgere al ruolo istituzionale più importante della terra. Forse un momento storico non ancora completamente compreso.
L’ascesa stessa di Obama è stata quindi considerata un autentico riscatto per gli elettori afro-americani che, inorgogliti dal “loro” presidente, hanno festeggiato con rinnovato interesse in questi ultimi quattro anni il Mese dedicato alla Storia Nera. Il Black History Month è considerato quindi un momento per sottolineare e riconoscere l’ampio contributo degli afro-americani nella società degli Usa, riflettendo sulle difficoltà che questa parte della popolazione ha incontrato nella lunga marcia verso l’emancipazione sociale.
Per l’occasione si organizzano spazi di approfondimento, mostre e programmi culturali, incontri per lo studio di grandi personaggi ed icone della cultura nera, come leader dei diritti civili, artisti, scrittori, atleti che abbiano contribuito alla formazione dell’identità sociale dell’America.
Quest’anno il Presidente, in occasione della ricorrenza, ha dato mandato al suo staff di organizzare un evento musicale più unico che raro: alla Casa Bianca per la serata del 21 febbraio è stato organizzato un concerto con artisti tra i più importanti della storia della musica: dal leggendario re del blues, B.B. King, al leader dei Rolling Stones, Mick Jagger, e poi ancora Buddy Guy, Jeff Beck, Semekia Copeland, Susan Tedeschi, Gary Clark e altri. Una circostanza molto gradita al Presidente, noto amante della buona musica, il quale ha aperto la serata con un breve discorso introduttivo, sottolineando l’inscindibile rapporto tra il blues e le vicende storiche ed emotive della popolazione nera:
''Nel celebrare il Black History Month, il blues ci ricorda che siamo passati attraverso tempi più duri di quelli attuali. Oggi sono orgoglioso di avere questi artisti qui, non solo come fan, ma anche come Presidente. La loro musica ci insegna che quando ci troviamo di fronte a un bivio non scappiamo mai davanti ai problemi. Li facciamo nostri, li fronteggiamo, facciamo i conti con loro. Su di loro, cantiamo su di loro, li trasformiamo in arte. E anche se ci confrontiamo con le dure sfide di oggi, possiamo sempre immaginare un futuro migliore” (magari con Obama che guida l’America per un secondo mandato? N.d.r.).
Poi il Presidente ha aggiunto: “questa è una musica di umili origini. Affonda le sue radici nella schiavitù e nella segregazione, in una società che raramente trattava i neri d'America con la dignità e il rispetto che meritavano. Era la testimonianza di quei tempi duri. Tantissimi uomini e donne cominciarono a cantarlo. E il blues è andato oltre, ha sfondato ogni confine, andando oltre le zone in cui era nato. E' migrato al nord, dal delta del Mississippi a Memphis, sino alla mia città, Chicago (che sia la metafora delle sue stesse origini? N.d.r.). Ha provocato la nascita del Rock and Roll, del Rhythm and Blues, sino all'Hip Hop. Ha ispirato artisti e il pubblico di tutto il mondo. E gli artisti di stasera - ha concluso infine Obama - ci dimostrano che il Blues continua a raccogliere le folle. Perché' questa musica parla di qualcosa di universale. Nessuno attraversa la propria vita senza gioia e dolore, trionfi e insuccessi. Il blues parla di tutto questo, a volte con una sola nota e una sola parola''.
A conclusione del concerto, e tanto per non deludere tutti quelli che amano le manifestazioni di semplicità e leggerezza dell’inquilino della Casa Bianca, il Presidente si è accostato al palco e, dopo un iniziale declino dell’invito ad esibirsi, ha preso il microfono da Mick Jagger ed ha cantato un paio di strofe del classico Sweet Home Chicago, accompagnato dalla band d'eccezione. Una canzone perfetta se si considera che Chicago è la città in cui Obama ha iniziato la carriera politica e ha conosciuto sua moglie. Ovviamente il video ha fatto il giro del mondo in pochissime ore come già successe un mese fa, durante un concerto organizzato per la raccolta fondi allo storico Apollo Theater di Harlem, quando Barack Obama accennò un brano di Al Green: Let’s Stay Together.
Ormai quella del canto sembra una strategia elettorale. Il Presidente infatti non è certo l’unico che tenta di conquistare il pubblico cantando, il repubblicano Mitt Romney ha accennato al pezzo America The Beautiful di Katharine Lee Bates, durante un comizio, e Rick Santorum, altro candidato repubblicano, nel mezzo di un blackout durante un meeting ha sdrammatizzato cantando Strangers in the Night.
Tra tutte queste ugole d’oro, solo una canterà vittoria il 6 novembre di quest’anno. Allora scopriremo chi potrà continuare a gorgheggiare nelle sale della Casa Bianca e chi, al massimo, sarà buono per un’ospitata a San Remo.
Obama che canta Sweet Home Chicago al link:
http://www.youtube.com/watch?v=hhO1DnNKYbo
FOTO: www.cbsnews.com
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